Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







lunedì 1 novembre 2010

Toponimi del Veneto di possibile origine celtica



Alano di Piave
po.
BL
Alano fino al 1867.
de Lano (1383).
•• Poleon. «di origine incerta», forse dal NP germ. Alla (E. Förstemann; D. Olivieri) [gotico Alla < *al(l)a- ‘tutto’] o dal NP medievale Alanus, di origine germ. (C. Marcato) oppure riconducibile all’etn. Alani (vd. A. Rossebastiano - E. Papa, che però forse dipende da C. Marcato), attestato in documenti redatti in zona [cfr. il NP francese Alain e il poleon. Alan (H.-Gar.) < etn. Alanus]; da non escludersi una formazione da antroponimi di origine etrusca, quali Hele, Helius (W. Schulze) + il suff. -anus, come nel toponimo toscano Lano (D. Olivieri).
Si è anche ipotizzata una connessione con l’idron. gall. Alauna < ie. *HelH-e-wen-, forma participiale da *al- < *HelH-, col valore di ‘maculato’ > ‘trota’ (J. B. Trumper, M. T. Vigolo). Ma secondo X. Delamarre, gli antichi toponimi (specie idronimi) e teonimi Alauna, Alaunos probabilmente derivano dalle forme *alamna, *alamnos, con suff. d’agente o participiale *-mno- o *-mh1no-, da una radice ie. *alə- (*h2elh2-) ‘andare senza meta, errare’ — più che non dall’ie. *al- (*h2el-) ‘nutrire’.
Delamarre registra poi un alanon ‘proprietà di Alanos’ (da cui i toponimi francesi Alan e Allan), da un probabile tema celtico *alano- ‘che va, che va a spasso’, riconducubile alla medesima radice *alə-, e che «è stato reinterpretato sull’etnico Alan(i)us ‘Alano’».
D. Olivieri (1961): 28; C. Marcato (1990); N. Francovich Onesti (1999): 174-5; G. B. Pellegrini (1990b): 281; A. Rossebastiano, E. Papa (2005); A. Dauzat (1978); J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 226-7; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 37; J. Lacroix (2005): 220; A. Falileyev (2007), s. v. alauna-; X. Delamarre (2012): 43.

Ardéda
oo.
Ospitale di Cadore, BL
Redéda (nelle tavolette I.G.M.). «Nella stessa area si trova anche l’omonima Val Ardéda» (M. T. Vigolo).
per le altre montagne dell’Ardeda, e Col Sparvier (Laudo di Davestra, 1794, art.13).
•• Secondo M. T. Vigolo, potrebbe essere accostato «allo zoldano: (L)arðè, Boa de ‘l Arðè, Tabiài de (L)arðè, al Kristo de (L)arðè, se si considera che L- sia concresciuto»; può darsi sia un toponimo di origine preromana, forse derivante dal celt. *ardu- [*arduo-] ‘alto’ + «un rifacimento del suffisso –éda < –ētum, usato come collettivo», da confrontarsi con il nome di montagna e foresta Arduenna (le Ardenne) e i poleonimi lombardi Ardéna e Ardènno.
M. T. Vigolo (2007); X. Delamarre (2008): 51-2; X. Delamarre (2012): 56-7.

Arelica
po.
Peschiera del Garda, VR
Arilica (iscrizione), Arelica (Tabula Imperii Romani), In collegio naviculariorum Arelicensium (iscrizione), Ariolica (Tabula Peutingeriana, IV, 3), Ariolita (Cosmografia ravennate, IV, 30).
•• Composto costituito dal prefisso gall. are- ‘presso’, ‘davanti’ = ‘di fronte all’est’, e la voce lic(c)ā ‘pietra piatta, lastra’ e, forse, ‘falesia’ (cfr. l’a. irl. lecc, il cimr. llech, il br. lec’h ‘pietra piatta, lastra, pietra sepolcrale’ < celt. *liccā); può dunque aver il significato di ‘davanti la falesia’, ‘ad est della lastra di roccia (di Sirmione)’, o — in X. Delamarre (2012) — ‘la falesia davanti’. A. Karg pensava invece a una formazione, forse celtica, are- + *lik- ‘esser umido, scorrevole’; cfr. gli idronimi antichi Licca e Licus, attuali Lech e Gail, che secondo P. Anreiter, però, deriverebbero dall’ie. *(h1)leik- ‘curvare, serpeggiare’.
C. Marcato (1990), s. v. Peschiera del Garda; G. B. Pellegrini (1987): 106, 212; G. B. Pellegrini (1990b): 116-7; X. Delamarre (2008): 200-1; A. Falileyev (2007), s. vv. Arelica, Ariolica, Licca, Licus, lic(c)o-; X. Delamarre (2012): 58.

Artoz
Domegge, BL
Attuale Nartóz, «prato disboscato con ampio tratto pianeggiante» (M. T. Vigolo).
in Artoz (1768).
• Secondo M. T. Vigolo, potrebbe derivare dal celt. arto- ‘orso’ + il suff. *-ŭcĕus. Da non escludersi del tutto una formazione da personale in Art(o)- < arto- ‘orso’.
M. T. Vigolo (2007); X. Delamarre (2008): 55-6.

Belluno
po.
Bellunum (Plinio, N. H., III, 130), Βελοῦνον (Beloûnon) (Tolomeo III, 1, 26, 28).
•• In origine era verosimilmente un composto *Bel(o)-dūnum, costituito dal gall. belo-, bello- ‘forte, potente’ + dūnum ‘fortezza’, ‘collina’ [vd. Duno (VA)]; per G. R. Isaac *belo-, *bello- avrebbe piuttosto il valore di ‘che percuote, che ferisce; violento’, dal celt. *bel-no- < ie. *gʷelH- ‘ferire; causare dolore’ [cfr. l’a. irl. atbail ‘(egli) muore’].
A. Falileyev ritiene Bellunum «possibilmente ma non necessariamente celtico».
Secondo P. de Bernardo Stempel, dipenderebbe dalla radice *bʰel- e avrebbe il valore di ‘città splendente’. A parere di J. B. Trumper, M. T. Vigolo, potrebbe invece essere interpretato come «città del lupo divinizzato», dal nome del ‘lupo’, derivato dall’ie. *bʰel- (vd. però Beligna, UD).
X. Delamarre propone un celt. Bellūnon ‘podere di *Bellūnos’, ritenendo incerto un composto originario *Bello-dūnon (‘potente fortezza’), per il quale non si concilierebbero la data dell’attestazione pliniana e la sincope che va necessariamente ipotizzata.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 103; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 112; A. L. Prosdocimi (1988): 403; A. Falileyev (2007), s. vv. Bellunum, Belounoi, bell-; J. Vendryes (1959-), s. v. atbail; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; Delamarre (2008): 71-2, 154; X. Delamarre (2012): 74.

Belluno Veronese
po.
Brentino - Belluno, VR
• Forse corrisponde all’etnico dei Belounoi (popolo antico insediato lungo l’Adige), citati in Tolomeo, III, 1, 28: Βελούνων (Beloúnōn).
Secondo A. Falileyev, tale etnico, «se celtico», può esser ricondotto al tema gall. belo-, bello- [per X. Delamarre significante ‘forte, potente’]. Vd. Belluno.
C. Marcato (1990), s. v. Brentino - Belluno; G. B. Pellegrini (1987): 212-3; A. Falileyev (2007), s. vv. Belounoi e bell-, bello-, belo-.

Beolo
po.
Agna, PD; Conselve, PD; Anguillara Vèneta, PD; Stanghella, PD
Bedolum (Erbè, Ver., 1213).
•• Dal lat. betulla, betullĕa [probabilmente da una forma maschile *betullĕus (o *betullus, come proposto da D. Olivieri?)] ‘betulla’ < ie. *gʷet-w- [‘resina’], dal gall. betua, betulla; cfr. il padovano bióla ‘Betula pendula’ [< lat. betulla], vicentino bedólo ‘Betula sp.’.
D. Olivieri (1961): 53; G. B. Pellegrini (1990b): 332; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 229, 234; X. Delamarre (2008): 74; X. Delamarre (2012): 77.

Bèrici, Monti
oo.
VI
Berua, Beria (epigrafi latine); Feltrini, Tridentini et Beruenses, raetica oppida (Plinio, N. H., III, 130); Berica (983), loco q. vulgo Berga dicitur [...] porta Bergae (1000), Beriga (1068), Beregam (1212), in Berica (1215), versus Bericam (1262); monte Bericano (1263).
•• Berici trae origine da Monte Berico (monte Bericano nel XIII sec.), nome di colle e quartiere di Vicenza, connesso con le attestazioni medievali Berica, Berega, le quali corrispondono a «Berga, nome di un quartiere della zona urbana di Vicenza chiamata tuttora Borgo di Berga, che è documentato dal 1460 (Olivieri 1961, 29)».
Berica, attraverso una forma *Ber(u̯)ica, forse aggettivo in -ica (concordato con un sostantivo femminile: «urbs o civitas»), potrebbe derivare dal poleon. a. Berua, noto da alcune iscrizioni latine (da Feltre, Terzo presso Aquileia, Foro Traiano) e dall’etn. Beruenses citato da Plinio, ma «di localizzazione incerta».
Per A. L. Prosdocimi tuttavia, una «identità topografica» tra Berua e Berga risulta difficile «a causa della localizzazione di Plinio (con parziale conferma delle epigrafi): un oppidum retico presso Vicenza è poco credibile anche se non impossibile». Bisognerebbe supporre allora che vi fossero «almeno due *berua»: quella retica menzionata da Plinio e una seconda Berua presso Vicenza, il cui nome però, presentando una b-, parrebbe «probabilisticamente» non venetico.
Come riferisce G. B. Pellegrini, A. Zamboni [Berua, in “Aquileia nostra” XLV-XLVI (1974-1975), coll. 83-98] ipotizza in effetti che Berua sia da ricondursi alla radice ie. *bhĕr- [/*bhŏr-] ‘agitarsi violentemente, ribollire’ («con allusione a fonte o acque termali»), e vada attribuito al gallico sulla base de «l’evoluzione fonetica di bh-» [ie. bh- > gall. b-, venetico f-].
Si può dunque confrontare Berua con i NNP d’origine celt. Beruus, Beruius, dal celt. *beru-, *beruo- ‘sorgente, fontana’, da una base ie. *bher(u)- ‘sorgente’ (cfr. l’ a. irl. bir ‘acqua, sorgente’).
X. Delamarre vede perciò nella Berua delle iscrizioni un beruā significante ‘la fonte’ oppure ‘podere (o possedimenti) di Bervos’ (NP attestato nella forma Bervus).
D. Olivieri (1961): 29; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 306-7; G. B. Pellegrini (1991): 74; A. L. Prosdocimi (1988): 405; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 73; X. Delamarre (2012): 76.

Biliera
po.
Gruaro, VE
• «Voce dal significato oscuro, tramandataci unicamente dal Sommarione Napoleonico» (1810) [vd. all'indirizzo web "http://digilander.libero.it/gruppo1606/3DiTerre.pdf"].
Secondo C. Marcato deriva forse dal gall. *bilia ‘tronco d’albero’ (da una forma *bili̯a dipenderebbe il francese bille ‘tronco d’albero’), da bili-, bilio- ‘albero’; cfr. l’a. irl. bile ‘albero di grande altezza, albero sacro’ e NNP quali Bi(l)lius, Billa, Billia, Billiena.
G. B. Pellegrini (1987): 394; J. Lacroix (2005): 22, 117-8; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 75; P.-Y. Lambert (1994): 189.

Borbe, Rio
io.
Lorenzago di Cadore, BL
«Appena oltre il confine col Cadore».
• Secondo C. C. Desinan, va connesso con Borvon [?] ‘gorgoglio, ebollizione’ [gall. boruo-, bormo- ‘sorgente calda’].
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 82-3.

Bornio
po.
Villanova del Ghebbo e Lùsia, RO
•• Secondo D. Olivieri, forse dal soprannome bornio ‘cieco’. → Bórno, BS.
D. Olivieri (1961): 43.

Bragonza
po.?
Brogliano (?), VI
•• Dal NP Bragontius (G. B. Pellegrini) o Bregontius (D. Oliveri). Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, forse dal gall. brĭga ‘collina, monte’ > ‘fortezza’.
D. Olivieri (1961): 3; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 229.

Breganze
po.
VI
Burganzo (1013; corrispondenza non sicura), Brigantia [1091; in G. B. Pellegrini (1990b)], Bragantio [1091; in C. Marcato (1990)], Breganze (1175), castrum de Braganciis (1250).
•• Secondo D. Olivieri, da «un nome di persona femminile (celtico?) *Brigantia da confrontare con altri nomi antichi del tipo Brigantia, Brigantio in aree celtiche».
Corrisponde al celt. Brigantia, teonimo, poleonimo (attuale Bragança, Portogallo) e anche nome di più fiumi, da *brigant- ‘eminente, elevato’ (< ie. *bʰerĝʰ- ‘alto’); vd. il coron. Brianza (MB, CO, LC).
Secondo X. Delamarre deriva da un celt. brigantiā ‘proprietà di Brigantiā’.
D. Olivieri (1961): 3; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 110; G. B. Pellegrini (1990b): 122; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 87; X. Delamarre (2012): 23, 88.

Bregonza
po.
Brogliano, VI
•• Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, forse dal gall. brĭga ‘collina, monte’ > ‘fortezza’. → Bregonze.
J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 229.

Bregonze
oo.
VI
Colline.
•• Secondo D. Olivieri, dal NP Bregontius. → Bragonza.
Per J. B. Trumper, M. T. Vigolo, forse dal gall. brĭga ‘collina, monte’ > ‘fortezza’.
D. Olivieri (1961): 3; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 229.

Brentino
po.
Brentino Belluno, VR
Dial. brentìn. Forse vi corrisponde il toponimo a. Bretina, menzionato da Tolomeo.
Βρέτηνα, var. Βρέτινα (Brétēna, Brétina) (Tolomeo, III, 1, 28).
•• È stato associato a brenta, brento ‘vasca, truogolo’ (A. Prati, D. Olivieri),
«Se celtico», Bretina potrebbe derivare da *bret(t)o- < *brit(t)o- ‘giudizio, pensiero’ (< ie. *bʰer- ‘portare’); cfr. NNP quali Britus, Brittus, Brittiae e l’a. irl. breth, brith ‘atto di portare; giudizio’ (A. Falileyev).
X. Delamarre suppone un originario britinā ‘possedimenti di Britinos’, vale a dire un possibile denominativo di un non attestato *Briti-no-s (teonimo?), «con apertura Brit- > Bret-».
D. Olivieri (1961): 122; C. Marcato (1990); A. Falileyev (2007), s. vv. Bretina, bret(t)o-, brit(t)o-; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 88-9; X. Delamarre (2012): 89.

Broilo
po.
Tambre, BL
•• Broilo (che corrisponde all’italiano brolo ‘orto, frutteto’), deriva dal gall. *brogilos ‘piccolo territorio’ > ‘piccolo bosco recintato’, diminutivo di *brogi- ‘territorio, regione, frontiera, marca’ (< *mrogi-). Vd. Brolo (Nònio, VB).
G. B. Pellegrini (1987): 368; P.-Y. Lambert (1994): 190; X. Delamarre (2008): 91; X. Delamarre (2012): 91.

Bróndolo
po.
Chioggia, VE
portum Brundulum (Plinio, N. H., III, 121). Brundulo (1051).
Brondolo deriva dal lat. Brundulum, che è stato «collegato al nome del cervo sub specie della ramificazione» (con allusione a una struttura ramificata della foce): s’è ricondotto al tema ie. *bhren-to- ‘cervo’, da *bhren- ‘sporgere in fuori’ (J. Pokorny), o a una base «mediterranea» (G. Alessio). A. L. Prosdocimi invece suggerisce una formazione *bhrondhŏ-lo- ‘foce = che scorre in avanti’ (dalla radice *bhrendh- significante anche ‘scaturire, scorrere in avanti’), la cui celticità sarebbe provata dal passaggio ie. *bh- > b-.
D. Olivieri (1961): 147; A. L. Prosdocimi (1988): 392; J. Pokorny (2005): 167-9.

Càdola
po., io.
Ponte nelle Alpi, BL
Sede municipale di Ponte nelle Alpi.
Actum in colle pausatorio inter pontem Polpeti et plebem de Cadula (1181), Plebem de Cadula cum capellis suis. Pontem de Polpetho cum ripis et pedagiis suis (1185) (F. Pellegrini).
•• Cadola forse deriva dal NP lat. Catulus, Catula < catŭlus ‘piccolo di animale’, specialmente di cane e gatto, e catŭla ‘cagnolina’; o da un gall. *Catula, da catu- ‘combattimento, battaglia’, cfr. i NNP Catulus (con il suff. agentivo -lo-), Catus, Catulla.
Potrebbe trattarsi di un toponimo fondiario *Catulā ‘possedimenti di Catulos’.
D. Olivieri (1961): 3; C. Marcato (1990), s. v. Ponte nelle Alpi; A. Ernout, A. Meillet (1985), s. v. catulus; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 110-1; X. Delamarre (2012): 18.

Cadore
co.
BL
Localizzabile «nell’attuale Monte Ricco sopra Pieve di Cadore».
Cadubrium (923), Catubria (974); etn. a. Catubrīni ‘Cadorini’ (iscrizioni).
•• Da un composto *catu-brĭ(g)um, dal gall. catu- ‘battaglia’ + *-brigum, -briga ‘monte, roccaforte’, da un ie. *bhr̥ĝhā [dal radicale *bherĝh- ‘alto’], col significato complessivo di ‘monte di battaglia’, ‘colle della battaglia’ o ‘roccaforte’ (cfr. l’a. irl. cath ‘combattimento’ e brí ‘collina’). Nel primo elemento catu- si può anche identificare un personale Catus (documentato da tre iscrizioni), nel qual caso il toponimo originario varrebbe ‘rocca di (un) Catus’.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 104; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 114; A. L. Prosdocimi (1988): 404-5; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 86-7, 110-1; X. Delamarre (2012): 109.

Caldogno
po.
VI
Caldonius (1046), de Caldonio (1183).
• Secondo C. Marcato, «pare riflettere un elemento onomastico, probabilmente d’epoca latina o tarda, se, come pare, si può richiamare una forma analoga a quella della prima attestazione», accostabile al nome della gens Caldinia, documentato nella Venetia.
Caldonius si può ricondurre a un gall. *Caledonius: cfr. i NNP Caletonius, Caledonia, Caletia, Caledia, Caletus, Caledo, Caledu (e il coron. Calidonia ‘Paese dei Caledoni’), dalla base calet(o)- ‘duro’ (< ie. *kal- ‘duro’).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 97-8; X. Delamarre (2012): 95.

Calvene
po.
VI
Calvenum quoque plebem (1034), de Calvenna (1091), plebis S. Marie de Calvennis (1297).
•• Secondo D. Olivieri, da un NP Calvena «d’epoca latina» (C. Marcato). Potrebbe trattarsi di un Calvenus di origine celtica, dalla base gall. *calu- — forse variante di cala- ‘pietra’ < ie. *kal- ‘duro’ —, da cui derivano anche i NNP Calus, Caludus, Calventus.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 95, 97.

Campi Raudii
po.
Località della sconfitta dei Cimbri ad opera dei Romani (101 a.C.). È stata localizzata presso Vercelli o tra Ferrara e Rovigo (vd. E. Gabba, La conquista della Gallia Cisalpina, in Aa. Vv., Storia di Roma, Vol. II, Torino 1990, p. 77).
in campis quibus nomen erat Raudiis (Velleio Patercolo, II, 12, 5).
• È probabilmente un toponimo d’origine celt. significante ‘Campi Rossi’, con Raudii forma latinizzata (o presentante lo scambio au / ou rilevato in altre parole galliche, cfr. ad es. Òssimo, BS) risalente al gall. roudo- [celt. *roudo- ‘rosso’ (a. irl rúad), dall’ie. *roudho-]; cfr., innanzi tutto, i NNP Rauda, Raudo-maeus, Roudius.
G. B. Pellegrini (1987): 108-9; G. B. Pellegrini (1990b): 119-20; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 262.

Combài
po.
Miane, TV
Combalio (1031; corrispondenza probabile).
•• → Combài, Colline di.

Combài, Colline di
oo.
Arfanta, Tarzo, TV
•• Combai si riconduce al gall. cumba ‘cavità, valle’ (+ -ali?).
D. Olivieri (1961): 97; G. B. Pellegrini (1990b): 176; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 227; X. Delamarre (2008): 131.

Gavello
po.
RO; Mirandola, MO; Bondeno, FE
•• Per C. Marcato Gavello risalirebbe a una voce prelatina *gava / *gaba ‘canalone’, ‘torrente’ (e simili) (J. Hubschmid), piuttosto che al gall. *gabelo- ‘forca’. Però per il Polesine – e il corso del Po, nel caso delle due frazioni omonime – son più verosimili formazioni toponimiche attinenti a componenti geografiche dei territori fluviali di pianura, quali rami, biforcazioni, isolotti. Cfr. anche Gabellus, nome antico del fiume Secchia (Plinio, N. H., III, 118.), che secondo A. Falileyev deriverebbe da gabalo- (forse nella variante *gabelo-), forma latz. (assieme a gabulum) del gall. *gablo- ‘forca’ (cfr. l’a. irl. gabul, il cimr. gafl, l’a. br. gabl ‘forca’, tutti da *gablos), mentre per X. Delamarre potrebbe corrispondere a un teonimo celt. *Gab-elo-s < gab- ‘prendere’ + suff. d’agente -(e)lo-.
Vd. l’io. Gabellus (Emilia, Lombardia) e Trigáboloi (FE).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 161; A. Falileyev (2007), s. v. Gabellus fl.; X. Delamarre (2008): 172; X. Delamarre (2012): 153.

Glazenéi, I
po.
Livinallongo, BL
• Secondo G. B. Pellegrini Glazenei va ricondotto al celt. *glasina ‘mirtillo nero’. Cfr. il friulano glàsigne, glàsime, glàsine, il ladino glèsena, il veneto giàsena [vd. all'indirizzo web "http://books.google.it/books?id=dNUhkUFVdrgC&q=glasina#v=snippet&q=glasina&f=false"].
Il gall. *glasina risulta «di origine affine a glastum», voce lat. dal gall. *glaston, *glasson ‘guado’ (da un originario significato ‘blu-verde’; cfr. l’a. irl glas ‘blu-verde’, br. glas ‘verde, blu, grigio pallido’); oppure derivato dal prelat. *alisa ‘ontano’, attraverso una forma *al(i)sina, -inus (M. Pfister).
Il guado è una pianta erbacea (Isatis tinctoria), dalle cui foglie e radici si estrae un colorante azzurro (chiamato in lat. anche vitrum, da cui deriva il valore di ‘vetro’).
G. B. Pellegrini (1987): 120; G. B. Pellegrini (1990b): 129; G. A. Pirona (1988): 386; X. Delamarre (2008): 179-80; M. Cortelazzo, C. Marcato (2005), s.v. giàṡena.

Graonetto
po.
Annone Veneto, VE
•• Dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’. → Grave.
D. Olivieri (1961): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 183.

Gravazzo
po.
Sant’Anna d’Alfaedo, VR
• Dal prelat. grava ‘area ghiaiosa’. Vd. Gravazzo (Breonio, Fumane, VR) e Grave.

Gravazzo
po.
Breonio, Fumane, VR
•• Dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’. → Grave.
D. Olivieri (1961): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 183.

Grave
po.
Cencenighe, BL; Fadalto, Vittorio Veneto, TV.
•• Dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’ (lat. medievale grava) < gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ < *grou̯ā, forse dall’ie. *ghreu- ‘schiacciare, frantumare’; cfr. il br. gro, groa ‘cordone di ciottoli (o sabbia)’, il cimr. gro ‘ghiaia’, l’a. irl. griän ‘ghiaia’, irl. grean. Per E. Campanile però *grava sarebbe una voce preie. e per O. Bloch e W. von Wartburg non sarebbe celtica.
D. Olivieri (1961): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 183; P.-Y. Lambert (1994): 195; Delamarre (2008): 183.

Gravón
io.
Cordignano, TV
Torrente.
•• Dal prelat. grava ‘area ghiaiosa’. → Grave.
D. Olivieri (1961): 102; G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1990b): 183; C. C. Desinan (2001): 45.

Gronéa
po.
Cologna Veneta, VR
•• Secondo G. B. Pellegrini, Gronea risale al lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’. → Grave.
D. Olivieri (1961): 102; G. B. Pellegrini (1990b): 183.

Gronella
po.
Malo, VI
• Secondo G. B. Pellegrini, dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’. → Grave.
G. B. Pellegrini (1990b): 183.

Gruaro
po.
VE
Dial. gruèr.
Vuarnerius de Gruaro (1134), de Groario (1140), Groharium (1182), de Gruario (1186), de Gruwar (1191), Growario (XII sec).
•• Dal nome gru (lat. grus) + il suff. collettivo -ārius (D. Olivieri), oppure dal lat. medievale gruarius ‘guardiano del bosco’.
Molto più brobabilmente dal prelat. grava ‘ghiaia, ghiareto’ o ‘terreno alluvionale’. Gruaro può esser interpretato come un (campus, locus, o altro sostantivo maschile) gruarius < *gro(v)arius [o gr(a)uarius] < *gravarius; cfr. il friulano gruarie ‘luogo elevato del campo, ghiaioso e poco produttivo’.
Secondo P. C. Begotti, deriverebbe dal lat. tardo-antico e medievale gro(v)a ‘terra paludosa’, ‘terra sabbiosa’, da un preromano *groba (vd. "http://digilander.libero.it/gruppo1606/3DiTerre.pdf").
D. Olivieri (1961): 71; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 394; J. F. Niermayer (1993); G. A. Pirona (1988): 406.

Lea, Campo di
po.?
Melara di Sacco (?), PD
in Campo de Lea (1130).
•• Corrisponde al veneto lea, leda ‘fango, limo, melma; strato di grasso sui liquidi’ (cfr. anche il friulano lèda ‘ghiaia minutissima’), da una voce preromana *ligĭta, per G. Frau di origine gallica.
X. Delamarre, in effetti, non accoglie *ligita nel suo dizionario, mentre riporta il gall. *ligā < *legā (‘strato, fondo, deposito’ >) ‘feccia, fango, limo’, da confrontarsi con il derivato cimr. llaid ‘limus, lutum, coenum’ (*legto-), br. lec’hit ‘ogni sedimento d’acqua e altro liquido, fango, limo, feccia’ (*leg-s-), tutti da una radice ie. *legh- ‘coricare, coricarsi’. Da *ligā inoltre, attraverso una forma galloromana *lia, discende il francese lie ‘feccia’.
J. Degavre accosta ligita all’a. irl. legaim ‘(io) mi disfo’, al cimr. llaith ‘umido’, br. leiz ‘umido’ [br. leizh, a. br. leid < celt. *leg-to-, secondo A. Deshayes], al br. lec’hid ‘limo’ e la ritiene derivata dalla rad. ie. *leg- ‘cadere goccia a goccia, stillare, fondere’. Per A. Deshayes però il br. lec’hid (a. br. leh ‘deposito, limo’) e il cimr. llaid ‘fango’ deriverebbero dal britt. *latio-, affine al gall. *lăti- ‘palude’ (vd. Arlate, Calco, LC) e all’a. irl. laith ‘palude; bevanda’, irl. lathach ‘fango, melma’, tutti da una rad. ie. *lat- ‘umido; palude, pantano’ (vd. J. Pokorny).
D. Olivieri (1961): 104; G. B. Pellegrini (1990b): 187-8; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 238; M. Cortelazzo, C. Marcato (2005), s. v. léda; G. Frau (1978); G. A. Pirona (1988): 512; Delamarre (2008): 201, 196-7; J. Degavre (1998); A. Deshayes (2003); J. Pokorny (2005).

Lémene
io.
PN, VE
Leminar (888), Lemen (996, 1140).
•• Lemene deriva forse dal lat. limina, sing. limen ‘soglia, limite’ (REW 5047 limen ‘soglia’). La forma Lemenàr pare costruita sulla voce limitare (incrocio di limen con limes ‘confine’) (G. B. Pellegrini).
F. Crevatin lo accosta al top. istriano Leme (canal di), per il quale propone una possibile derivazione da *lĭmĭno- / lĭmĕno-, base “europea antica”.
Forse si può connettere con il limnon. a. lacus Lemannus (Lago di Ginevra), che A. Falileyev riconduce alla base lēmo-, limo- ‘olmo’), ma che X. Delamarre associa, sia pur con qualche dubbio, alla radice celt. *lēm- ‘limo, fango’ (< *lim-, *leim-), da cui derivano formazioni idronimiche quali lēmānā, lēmāniā, lēmannonios, lēminetā.
G. B. Pellegrini (1987): 331, 382; G. B. Pellegrini (1990b): 222; F. Crevatin (1991): 71; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008); X. Delamarre (2012): 174.

Limana
io., po.
BL
Limana è anche il nome di uno dei torrenti che scorrono nel territorio comunale.
Limana (1184); fluvii Limana [...] sicut Limana currit in Plave (794).
•• Secondo G. B. Pellegrini, forse dal lat. imago, imaginis ‘cappelletta’ ‘tabernacolo’, attraverso le forme *Imaina, (L’)imana (con agglutinazione di articolo); cfr. il friul. maine ‘cappelletta’ ‘tabernacolo’, i toponimi La Màina (Sauris, UD) e Imana (Predazzo, TN). Poiché il torrente Limana fa da confine tra la diocesi di Belluno e quella di Ceneda (Vittòrio Vèneto), G. B. Pellegrini aveva pensato precedentemente a una derivazione dal lat. limen, limĭnis ‘confine’ [‘soglia, limite’; qui limen e limes ‘confine’ si incrociano], problematica però per la differente accentazione.
Anche per A. Prati potrebbe ricondursi a limen, o in alternativa, a limus ‘fango’, mentre D. Olivieri riteneva più probabile, anche per Imana, un’origine dal lat. imus [‘il più basso’, ma nel lat. medievale ‘profondo; alto’], attraverso una forma *imanus [o meglio *imana, femminile sing. o neutro pl. > *(l’)imana, con eventuale agglutinazione dell’articolo] significante ‘luogo posto in basso’.
X. Delamarre pensa invece a un idronimo līmānā, dal celt. lim- ‘olmo’, o piuttosto *līm- ‘corrente’ (cfr. il cimr. llif) + un suff. teo-/idronimico -nā, nome che presumibilmente sarebbe stato «risemantizzato sul latino limen ‘frontiera, limite’».
D. Olivieri (1961): 81; G. B. Pellegrini (1987): 334; C. Marcato (1990); J. F. Niermayer (1993); X. Delamarre (2012): 177.

Limune
Monselice, PD
Campo de Limune (1160).
•• Dal gentilizio venetico Lemōnius, oppure dalla base gall. limo- [lemo-, limo- < l̥mo-] ‘olmo’, da cfr. con Limóne sul Garda (BS); o anche dal celt. *lēm- ‘limo, fango’, cfr. il francese limon [< lat. popolare *limo, limōnis < classico līmus ‘fango’]; vd. l’io. Lémene.
J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 231; X. Delamarre (2008): 198; X. Delamarre (2012): 174, 177-8; A. Rey (1992), s. v. limon.

Lusia
po.
Barbona, PD
• → Lùsia (RO).

Lùsia
po.
RO
•• Dal gentilizio lat. Lusius.
Lusius, Lusia (assieme a Lusella, Lusones e Lusidiena) sono anche nomi d’origine gallica, derivando da una base *lus(i)-, o piuttosto *lūs(i)- < *lous(i)-, associabile a losu-, louso- (lauso-); cfr. i NNP Lausus, Lousios, Lousucus e il toponimo Lousonna, Lausonna > Losanna (X. Delamarre). Secondo alcuni Lausonna deriverebbe però dal gall. *lausā, cfr. l’oo. Lùsia (Moena, TN).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 182, 184; P.-Y. Lambert (1994): 196.

Malamocco
po.
Venezia
Maio Meduaco (Tabula Peutingeriana, IV, 5); Mathamauci (gen.; 840); νήσου τοῦ Μεδαμαῦκου (nḗsou toũ Medamaũkou) (Costantino Porfirogenito); Methamauco (967, 978-9, 983, 979-991), Methamaucho, Mathemauco (979-991); Metamaucenses (967).
•• Per G. B. Pellegrini deriva da Meduacus, nome a. del Brenta, attraverso Ma(io)medoc- > Mademoc- (per dissimilazione) > Malamocco (con la sostituzione d > l) (D. Olivieri); da escludersi l’etimo μετὰ Μεδόακον (metà Medóakon) proposto da V. Bellemo e ripreso da W. Dorigo.
Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, Malamocco risale a un celt. Medu-ācos, da *medu- ‘idromele’ (invece che da *med- ‘mezzo’), attraverso le forme Mai(or) Meduācus [Plinio, N. H., III, 121: Meduaci duo] > *Mamadauco / *Mamedauco > Madamauco (949), Metamauco (967) > *Meamoco / *Maamoco. → io. Medoacus, Meduacus.
D. Olivieri (1961): 148; G. B. Pellegrini (1987): 144; G. B. Pellegrini (1998): 171; R. Cessi (1991); W. Dorigo (1983): 80; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 228-9.

Malón
po.
Auronzo, BL
ordinamenta suprascriptae Regulae de Malono, et Costa (1564; Laudo di Malon, 1666).
•• Per M. T. Vigolo si può forse ricondurre ad «un antico ie. *mal “monte”». Potrebbe essere d’origine celtica, dal gall. *mallos ‘lento, pigro’ o da malu-, malo-, mallo- (‘alto’?); vd. Malonno (BS), Malosco (TN), Malles Venosta (BZ), Colmalìsio (Moruzzo, UD).
M. T. Vigolo (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 213-4.

Medoacus, Meduacus
io.
Nome antico del Brenta e del Bacchiglione (Meduacus Minor e Maior delle fonti antiche).
Μεδόακος (Medóakos) (Strabone, V, 1, 7), Meduaci duo (Plinio, N. H., III, 121).
•• Secondo A. L. Prosdocimi, dal celt. *medhu- (ie. *medhu-) ‘medio’ (usato specialmente nei composti e in Meduana flumen, vd. l’io. Meduna) + -akʷ- ‘acqua’, con -kʷ- > -k- «per dissimilazione da u precedente». Viene esclusa la possibilità di una derivazione da *medhu- ‘miele’, mentre invece X. Delamarre propone il tema medu- ‘idromele’, ‘ebbrezza’? (< ie. *medʰu) sia per Meduacus che per Meduana (meduānā) > La Mayenne, forse in riferimento al «colore ambrato» di tali fiumi. A. Falileyev ritiene che Meduacus derivi dal celt. medu-, ma non ne indica il significato. → Malamocco.
A. L. Prosdocimi (1988): 392-3; X. Delamarre (2008): 221; X. Delamarre (2012): 196; A. Falileyev (2007).

Miliés
po.
Segusino, TV
•• Da *Miliasiu o *Miliaisu, dal NP lat. Aemilius [Milius] o Mellius oppure da milium ‘miglio’ (G. B. Pellegrini); per J. B. Trumper, M. T. Vigolo si tratterebbe di un *Aemili-āsius, con formante celt. -āsius.
Mellius è forse una variante di Melius (da melius comparativo di bonus?), ma potrebbe essere d’origine gallica: cfr. i NNP Melus, Melius, Mellius, Mellus, da melo-, melio-. Non si può del tutto escludere un Milius di origine celt., considerata l’esistenza di NNP gall. quali Mila, Milo, Milia, Milio (*mīlio-?), dal celt. *mīlo- ‘animale’; cfr. l’a. irl. míl, cimr. br. mil ‘animale, animale di piccola taglia’.
D. Olivieri (1961): 11; G. B. Pellegrini (1987): 42; G. B. Pellegrini (1990b): 308; M.-T. Morlet (1985); J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 227; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 226; X. Delamarre (2012): 197, 198-9.

Nanto
po.
VI
Ecclesia de Nanto (1297).
•• Dal gall. (forse anche venetico) nantu ‘valle; cavità’, e ‘canale, solco, fossa’; cfr. il savoiardo nant, savoiardo ‘ruscello’, e Cava-nantolo (1176; Sacco, PD). Per E. Gamillscheg però risalirebbe al NP germanico Nanth, cfr. il verbo gotico nanthian ‘osare’.
Si riconduce verosimilmente al gall. nantu-, nanto- ‘valle, ruscello’ (nanto ‘valle’ del Glossario di Vienna); cfr. gli idron. francesi Nan(t) (Isère, Jura, Ain, Meuse, Ardèche) e i poleon. Nant (Aveyron, Meuse), il cimr. nant ‘valle, corso d’acqua’, il br. nant ‘valle’ (dall’ie. *nem- ‘curvare, inclinare’ o piuttosto da *(s)nā- ‘nuotare’ + il suff. participiale -nto-, con il significato di ‘corso d’acqua’).
D. Olivieri (1961): 149; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 82, 209; X. Delamarre (2008): 230-1; X. Delamarre (2012): 203.

Nanto, Bosco di; Monte di; Ponte di
po.
Nanto, VI
•• → Nanto.
D. Olivieri (1961): 149; G. B. Pellegrini (1987): 209.

Pedevenda
co.
Teolo, PD
Area collinare.
«Luoghi dintorno a Venda».
in Pedevenda (1153, 1236, 1267) ("http://books.google.it/books?id=NMs3AAAAcAAJ&pg=").
•• Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, è connesso con gli oron. Venda e Vendevolo, dal celt. *windo- ‘bello, beato, fortunato’ [gall. vindo- ‘bianco, splendente, sacro’]. Pedevenda dovrebbe significare ‘ai piedi del Monte Venda’.
D. Olivieri (1961): 109; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 230; X. Delamarre (2008): 319-20.

Réa
po.
(Pove del Grappa?) VI
•• Rea va probabilmente raffrontato con il veronese Reda, Rea, da *reda ‘sentiero, viottolo’, e il canavesano rea ‘ciglione erboso di monte’ (D. Olivieri); vd. Rea, PV.
Per J. B. Trumper, M. T. Vigolo, può esser accostato al galloromano ratis [gall. rătis] ‘felce’ (ma «il veneto non conosce la palatalizzazione di /a/ se non nella formante -ārĭus»), o, piuttosto, al lat. raeda = rēda [gall. latz. rēda ‘vettura a quattro ruote’; vd. Ivrea, TO] (< ie. *reidh- ‘andare a cavallo’).
D. Olivieri (1961): 137; C. Marcato (1990), s. v. Rea; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 230; Delamarre (2008): 253, 254-5.

Réghena
io.
PN, VE
Regena (996), aqua Regane (1278).
•• Reghena deriva presumibilmente dal preromano *reca ‘torrente’ (A. Prati). Secondo G. B. Pellegrini si tratta di un toponimo affine a Recona ‘canale scavato nelle valli di iscolo delle acque’ [«voce venez., attestata dall’a. 1038, recona» (D. Olivieri)] e al basso lombardo régona ‘terreno soggetto alle piene, terra acquitrinosa’, dal preromano reca, rica ‘torrente’.
*reca potrebbe corrispondere al gall. ricā ‘solco’ (< ie. *pr̥kā), da cui discendono la glossa tarda lat. riga e l’a. provenzale rega ‘solco’; cfr. l’a. br. rec ‘solco, lacerazione’ (< *rikā), il medio cimr. rych ‘solco’ (< *rikko-). Sarebbe plausibile un’evoluzione semantica ‘solco’ > ‘canale’ > ‘corso d’acqua’ (J. B. Trumper, M. T. Vigolo).
D. Olivieri (1961): 137 (nota 5); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 382; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 225; J. Lacroix (2005): 30-1; X. Delamarre (2008): 256.

Ren
po.
Gosaldo, BL
• Forse corrisponde al cadorino ren, rin ‘rio, torrente’ < gall. *rīno- < *reino- < ie. *rei- ‘scorrere’. Cfr. l’idron. Rin.
J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 226; X. Delamarre (2008): 256.

Rin
io.
Lozzo di Cadore, BL; S. Pietro di Cadore, BL
Comunemente rio Rin.
• Idronimo che corrisponde all’appellativo cadorino rin ‘rio, ruscello’, da un tema gall. *rīno- < *reino-, formato sulla radice ie. *rei- ‘scorrere’. Cfr. anche l’a. francese rin ‘ruscello’ e l’idron. Reno (Toscana, Emilia).
G. B. Pellegrini (1987): 109; G. B. Pellegrini (1990b): 120, 369; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 226; X. Delamarre (2008): 256.

Segusino
po.
TV
in Secusino caxale unum (1168), ipsam terram ecclesie S. Lucie de Segusino (1259).
•• Dall’etn. Segusīnus del poleon. a. Segusio, Segusium, Segusia [→ Susa, TO] (G. Alessio); oppure, per D. Olivieri, dal NP *Segusius, «supposto sulla base di Sedusius», o anche da un composto con sub- ‘sotto’.
Segusia (Segusio < segusiū ‘proprietà di Segusios’; «toponimo teonimico in -on- fatto su *Segusi(o)s deus», secondo X. Delamarre) e *Segusius derivano dal gall. sego- ‘forza, vigore, vittoria’ < ie. *seĝh- ‘sottomettere, vincere’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 268-9; X. Delamarre (2012): 234.

Tagliamento
io.
Veneto, Friuli
Tiliaventum (Plinio, N. H., III, 126), Τιλαουέντου (Tilaouéntou) (Tolomeo, III, 1, 22), Fl. Tiliabinte (Tabula Peutingeriana, IV, 5), Teliamenti (Venanzio Fortunato, Vita sancti Martini, IV, 655), Taliamentum (Cosmografia ravennate, IV, 36), Tiliamenti (Paolo Diacono, II, 13); Taliamentum (802), a flumine Tilavempti (1029), super ripam Tulmenti (1210), Taiamento (1300 c.a).
•• Viene connesso da A. Karg a un prelat. telia ‘tiglio’, confrontabile con il lat. tilia (dalla comparazione deve esser escluso l’a. irl. teile ‘tiglio’, che è invece prestito tardivo dall’ingl. teyle-tree, tratto a sua volta dall’a. francese teil).
G. Frau suppone che alla base vi sia un *tilia celt. o precelt., mentre il toponimo sarebbe «di origine celtica, per via della -v- passata a -m-» nel suffisso – G. B. Pellegrini parla piuttosto de «l’alternanza b, v / m che appare chiaramente dalle fonti antiche, attribuita al celtico».
A. L. Prosdocimi attribuisce al suff. -vent- un’origine ie. e il significato ‘ricco di’: sarebbe affine al greco -εντ- (-ent-) e al sanscrito -vant-, che alterna con -mant- «a seconda del precedente fonetico». Ciò induce lo studioso a pensare che l’alternanza v / m documentata per l’idron., possa essere ben più antica dell’epoca di prima attestazione (di quando cioè appare «la variante con -m-» nel Teliamenti di Venanzio Fortunato, nel 500 d.C. c.a).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1987): 379; A. L. Prosdocimi (1988): 393; J. Vendryes (1959-); X. Delamarre (2012): 251.

Tàrtaro
io.
VR, MN, RO
•• Tartaro è formalmente uguale al nome di una delle sette bocche (ostia) del delta del Po, menzionate da Plinio: ostia plena Carbonaria, Fossiones ac Philistina, quod alii Tartarum vocant (N. H., III, 121).
D. Olivieri lo accostava ai NNP, «forse etruschi, Tartius, Tartonius».
Per X. Delamarre invece si tratta probabilmente di un celt. *tar-taros ‘che attraversa’ (dal tema gallico taro-, vd. l’io. Taro, PR) o anche *tr̥stā-ro- ‘il secco’ (cfr. il gall. tartos ‘secco’ e i NNP Tartos, Tartus, da *tr̥sto- < ie. *tr̥s- ‘secco’).
D. Olivieri (1961): 150; A. Costanzo Garancini (1975): 13; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 290; X. Delamarre (2012): 248.

Tarzo
po.
TV
Dial. tarθ.
Tarçe (1031), Tarço (1397), Tarcio (1476).
•• Si tratta di una forma asuffissale dal gentilizio lat. Tartius o Tarcius (W. Schulze; G. B. Pellegrini, A. L. Prosdocimi). In Tarçe la -e si configura come vocale d’appoggio, analogamente a *Ries > Riese (Riese Pio X, TV).
Tartius è probabilmente d’origine celt., dal gall. tarto- ‘secco, assetato (dalla gola secca)’ < *tr̥sto-, base da cui derivano anche i NNP Tartos, Tartus, Tarto, Tartonius. Tarcius è forse forma contratta di Taricius, dal NP gall. Tarius, da taro-, tario- ‘che attraversa’ o taro- (taruo-, tauro-) ‘toro’.
Il significato originario del toponimo — nella forma *Tartion (o *Taricion) — potrebbe esser stato quello di ‘podere di Tartios’ (o ‘di *Taricios’).
D. Olivieri (1961): 9; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 16, 55; G. B. Pellegrini (1990b): 326; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 290-1; M.-T. Morlet (1985); X. Delamarre (2012): 248.

Taù
io.
Portogruaro, VE
Taugo (996), in villa Tanuchi, Tanugho («errori di lettura per Tauu-»; 1255), Tawolco («falsa ricostruzione»; 1270), in fossato Tavuch (1278).
• G. B. Pellegrini pensa che alla base possa esserci il «tema dell’idronimo Tago, certamente antichissimo, il quale pare alludere a “fango”», da confrontarsi con l’a. francese tai ‘fango’, «forse da un prelatino *tagio» [ma d’origine germanica per A. J. Greimas]. Applicato a quel tema vi sarebbe un suff. celt. -ucu [-uco-] «parallelo ad -ako, -iko, -oko», riconoscibile anche in *Ausucum > Ausugo [→ Ausugum (TN)], ove l’esito -ucum > -ugo sarebbe analogo a quello attestato per Taù, vale a dire -ucum > -ugo (> -uk).
L’idronimo potrebbe però esser connesso con il tema celt. tauo- (< *tauso-) ‘silenzioso, tranquillo’.
G. B. Pellegrini (1987): 380-1; A. J. Greimas (1992); X. Delamarre (2008): 292.

Tezze sul Brenta
po.
VI
Localmente téʒʒe; dial. le téde.
•• Secondo D. Olivieri, dal veneto teʒa, teʃa ‘tettoia, fienile’, dal lat. attegia ‘capanna’ [«parola gallica passata al latino», da un gall. *ad-tegia].
Teʒa, teʃa va ricondotto piuttosto, secondo X. Delamarre, al gall. *tegia ‘capanna’, dalla radice *teg- ‘coprire’ < ie. *(s)teg- ‘id.’; cfr., tutti col significato di ‘casa’, l’a. irl. teg, l’a. cimr. e a. br. tig.
D. Olivieri (1961): 121; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 209; X. Delamarre (2008): 59-60.

Togisonus
io.
Per Plinio il Togisonus scorreva nelle campagne padovane.
Corrisponde forse al Gorzone-Fràssine-Guà (R. Chevallier).
Togisono (Togisoro) ex Patavinorum agris (Plinio, N. H., III, 121).
•• Secondo A. L. Prosdocimi, l’idronimo potrebbe ricondursi a un tema *tokso- «corrispondente a lat. taxus» [‘tasso (albero)’], con un’evoluzione -ks- > -gs- > -gis- e «l’allargamento -is-» peculiarmente venetici, e l’-on- finale che si ritrova in altri idronimi veneti (vd. ad es. Musón Vecchio, PD e VE).
X. Delamarre ritiene piuttosto Togi-sonus un composto dipendente da un tema celt. togi- («‘giuramento’?»), da cui anche NNP quali Togi-dubnus, Togi-marus, Togius, Togia. Altri nomi in *togi- invece, tra i quali Togi-rix, Togi-uepus, Togidius, sarebbero formati su un altro togi-, derivato questo da touga, tougi- ‘ascia’ o ‘arco’, attraverso «riduzione a o del dittongo (in posizione atona secondo P. de Bernardo Stempel Fs Evans 24)».
Per quanto riguarda la seconda parte -sonus, Delamarre vi riconosce un possibile tema celtico sōno- < souno- ‘sonno, sogno’. Si potrebbe anche pensare a una derivazione dal tema gall. sonno-, sunno- ‘sole’, o proporre un confronto col br. sonn ‘diritto, in piedi, rigido, fermo, solido’ («d’etimologia incerta»), associabile forse all’a. irl. sonn ‘violento’. Si tratta però di etimi che non sembrano appropriati per un corso d’acqua.
R. Chevallier (1988): 149, 177; A. L. Prosdocimi (1988): 390; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 298, 279, 277-8; X. Delamarre (2012): 252; A. Deshayes (2003): 677; J. Vendryes (1959-), s. v. sonn (2).

Treviso
po.
Tarvīsus (Venanzio Fortunato, Vita s. Martini, IV, 665), Ταρβίσιον (Tarbísion) (Procopio, De Bello Gothico, II, 29; III, 1-2), Tarbision, Tribicium seu Tarbision (Cosmografia ravennate, IV, 30 e 31), de Tarvisio, aput Tarvisium (Paolo Diacono, III, 26; IV,3), Tarvisio, Tarvisus, Tarvisium (iscrizioni latine); etn. ex montibus Tarvisanis (Plinio, N. H., 126).
•• Continua il lat. Tarvisium, Tarviso-, dal gall. (e/o venetico) taruo- ‘toro’ + il suff. -is-io- (con -is- attribuibile anche al venetico); vd. Tarvisio, UD.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 97; G. B. Pellegrini (1990b): 106; A. L. Prosdocimi (1988): 401-2; A. Falileyev (2007), s. v. Tarvisium; X. Delamarre (2008): 290-1; X. Delamarre (2012): 248.

Venda, Monte
oo.
PD
Il più alto dei Colli Euganei.
• Viene ricondotto in genere al gall. vindos ‘bianco’ (‘brillante’, ‘bello’, ‘felice’), senza escludere però la possibilità di una isolessi comune al gallico e al venetico, o anche di un prestito dal primo al secondo (M. P. Marchese, G. B. Pellegrini) – pare meno probabile un’attribuzione dell’oronimo a Galli stanziatisi stabilmente in zona.
G. B. Pellegrini (1983): 62; G. B. Pellegrini (1987): 96; G. B. Pellegrini (1990b): 105; G. B. Pellegrini (1991): 74-5; A. L. Prosdocimi (1988): 241; X. Delamarre (2008): 319-20.

Vendévolo, Monte
oo.
PD
Vendevolo si può forse ricondurre a un composto *vindupala (M. P. Marchese) o *vindu-palo- (A. L. Prosdocimi), dal celt. vindo- ‘bianco’ + un elemento *-palo- / *-pala ‘pietra, roccia’ (una base *pal- presente in ligure e leponzio); una formazione dunque simile al (celto-)ligure Vindu-pala ‘(ruscello) che ha ciottoli bianchi’ (D. Maggi), della Tavola di Polcevera (9): ex riuo Vindupale, in riuo Vendupale. Vd. l'oron. Venda, Monte.
G. B. Pellegrini (1983): 62; G. B. Pellegrini (1987): 96; G. B. Pellegrini (1990b): 105; A. L. Prosdocimi (1988): 241; G. Petracco Sicardi (1981): 75-6; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 81; D. Maggi (1983): 58; X. Delamarre (2008): 319-20.

Verona
po.
Benacus inter Brixiam et Veronam (Virgilio, georg., II, 60), Οὐήρωνος, Οὐηρώνος (Ouḗrōnos, Ouērṓnos) (Strabone, VI, 206), Οὐήρον (Ouḗron) (Strabone, V, 213), Verona, Veronam (Plinio, N. H., 130 e 132), Verona Atesi circumflua (Silio Italico, VIII, 595).
•• Continuazione del poleon. lat. Vērōna, «di origine assai incerta», formato con il suff. -ōna presente in altri toponimi prelatini. S’è ipotizzata una derivazione dall’etrusco veru, verona, probabilmente NP (W. Schulze); cfr. alcuni toponimi toscani denominati Verona, Verone, Verrone, Verolla, «già Verunula» (D. Olivieri).
X. Delamarre ritiene invece Verona nome di origine celt., da *u(p)eronā [*uper-ōn-ā] ‘la (città) alta’, etimo che dodici anni fa era stato avanzato da P. de Bernardo Stempel, che però ultimamente (nel 2009) — secondo quanto riferisce lo stesso Delamarre — ha proposto un accostamento alla voce «irl. feronn, ferann ‘terreno, territorio (occupato da un individuo o una tribù)’, glossato ‘ager’, per es. ferann claidib ‘sword-land’, vale a dire ‘vinto con le armi’». Ad ogni modo, ne ‘la (città) alta’ non va vista un’allusione all’altitudine, bensì alla rilevanza di quel centro in epoca preromana.
Per Delamarre Verona è anche NP, da *uer- < *u(p)er- ‘super-’.
D. Olivieri (1961): 151; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 211; F. Benozzo (2002): 261; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 313; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2012): 266.

Vicenza
po.
Etn. Veicetinos (iscrizione del 135 a.C.). Vicetia (Vicentia), Vicetiam (Plinio, N. H., III, 130 e 132), Vicetia (Tacito, Hist., VIII, 8), Οὐικετία (Ouiketía) (Tolomeo, Geogr., III, 1, 26); Vincentiam (Paolo Diacono, II, 14 e V, 39), Vicentinus (Paolo Diacono, III, 26 e VI, 54); Vincencia (1074).
•• Dal lat. Vīcētia (Vicentia), probabile formazione di origine venetica (analoga a Venetia), dall’ie. *weik- ‘villaggio’, ‘clan’ [«*weik- designa l’unità sociale superiore alla famiglia ed il villaggio» (C. Marcato)] + il suff. -et-, rilevabile anche nell’etn. Veneti. Secondo A. L. Prosdocimi, la forma Vicentia è dovuta probabilmente all’influsso dei poleonimi antichi in -entia (Faventia, Placentia, Pollentia...).
P. de Bernardo Stempel (assieme a A. Falileyev e X. Delamarre) ritiene invece il lat. Vīcētia di origine celt.: un *wik-et-yā [< *u̯eik- ‘combattere’, *u̯ink- ‘vincere’] significante ‘la città combattente’ — uicetia ‘la combattente’ < *ueik- ‘combattere’, secondo Delamarre.
D. Olivieri (1961): 151; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 136; A. L. Prosdocimi (1988): 401; F. Benozzo (2002): 261; A. Falileyev (2007), s. v. Vicetia; X. Delamarre (2008): 317; X. Delamarre (2012): 268.

2 commenti:

  1. Socàl più facilmente da "sotto la calle" come Sommacàl (cognome bellunese) è "in sommo alla calle".

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  2. Condivido pienamente. Anche Socal è un cognome.
    Ora bisognerebbe dirlo a J. B. Trumper e M. T. Vigolo, dai quali ho tratto l'etimo.

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