Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







mercoledì 29 settembre 2010

Toponimi del Piemonte di possibile origine celtica (G - O)


Giaglione
po.
TO
in Gallionis (abl. pl. in -is per -ibus; 739), in Gallione (1039), de Gailone (1060?), Gellone (prima forma con palatalizzazione; 1065), in villa Gallioni (1081), Gailun (1158), Iallonus (1202), Gaillonus (con metaplasmo), Iailonus (1211-1216), Iallionus (1279), Jalonus (1294); Ielionensis (agg.; 1149).
• Dal NP Gallio, Gallionis, di origine celt. (A. Holder, W. Schulze).
Gallio, con Gallionius, Gallus ecc., deriva dalla base galo-, gallo- (X. Delamarre), da cui forse dipende l’etn. Galli, interpretato come ‘furiosi’ da P.-Y. Lambert; cfr. l’a. irl. gal ‘vapore; furore’ – per A. Falileyev però la base gallo- significa ‘potere, potente’ (< *galno-, dall’ie. *gelH- ‘acquisire potere su’).
A. Rossebastiano (1990); P.-Y. Lambert (1994): 34; X. Delamarre (2007); A. Falileyev (2007), s. v. gallo-.

Gignese
po.
VB
Zinexio (XIII sec.).
• Per A. Rossebastiano riflette probabilmente il NP romano Genesius (A. Forcellini), «fissatosi con prolessi di i».
Genesius, femminile Genesia, è ritenuto di origine celt. da X. Delamarre, dal tema genes- < geno-, genno-, ginno- ‘discendenza, famiglia’. Si può forse ipotizzare una forma gall. originaria *Gin(n)esios.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 176-7.

Grana
po.
AT
Grana (dall’886).
• Dal prelat. *krana ‘fessura’ o ‘crepaccio’, da cui il piemontese kran. Connesso all’idron. omonimo che scorre vicino. Vd. perciò anche gli idron. Grana e Grana del Monferrato.
A. Rossebastiano (1990); G. Dal Pozzo (1980): s. v. cran.

Grana
io.
CN
Grana (dal 1194).
•• Da associare al termine prelat. *krana ‘fessura, crepaccio’ > piemontese cran ‘intaccatura, intacco’ (G. Gavuzzi) [‘tacca’, forse dal francese cran ‘intaglio, tacca’, secondo J. Lacroix da un antico verbo crener ‘intagliare’, attestato dall’XI sec. (francese attuale créner), da *crinare ‘intagliare, fendere’, di possibile origine gall.] e al coesistente *krena ‘fessura, crepaccio’, connesso da J. Hubschmid al gall. *krĭnna. Vd. Grana, Valgrana, l'io. Grana (CN).
J. Degavre registra nel suo dizionario le voci *crina, *crinis ‘fessura, cresta’, che raffronta con l’a. irl. crich ‘termine, limite’ e il cimr. crib ‘pettine, punta’.
X. Delamarre invece non riporta alcun *krĭnna o *crina, bensì un *crano-, cui risalirebbero i NNP gall. Crania, Craniola, Cranius, Cranus e il poleon. Cranna > Crennes (Orne) [che però A. Dauzat, Ch. Rostaing fan derivare da un NP gall. *Crennos, affine al br. kren ‘tremante’ e ‘tremolo’]; *crano- potrebbe, sia pur dubitativamente, derivare dall’ie. *kers-, *kr̥sno- ‘scuro’, ma forse non si può escludere un NP Cranus per Granus, Grannus, teonimo e NP, dal gall. grannos ‘barba?’ o ‘calore (del sole)’ (< *gʷhr̥-snó- < *gʷhr̥- ‘caldo’). Secondo J. Lacroix Grana dipenderebbe proprio dal teonimo gall. Grannos, riconducibile a una voce gall. *grannos/*grennos ‘pelo’, ‘barba’.
Cfr. inoltre il toponimo Grane (Drôme), Grana nel 1163, da *Grannā ‘possedimenti di *Grannos’.
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 96; G. Dal Pozzo (1980), s. v. cran; A. Rey (1992); J. Lacroix (2005): 124, 166; J. Lacroix (2007): 150-2; X. Delamarre (2007); A. Dauzat (1978); Delamarre (2008): 182-3; J. Degavre (1998); X. Delamarre (2012): 161.

Grana
io.
CN
Torrente confluente col Ghiandone.
Grana (886, 969, 1212), Granna (1159).
• «Certamente idronimo prelat., probabile derivazione dalla voce celtica Krinna ‘fessura’». → io. Grana.
A. Costanzo Garancini (1975): 14.

Grana del Monferrato
io.
AT, AL
Torrente affl. del Po.
• → Grana e io. Grana (CN).

Ingèure
po.
Pavone Canavese, TO
«Località indicata nelle mappe catastali di Pavone Canav. (Torino) – corrisponde a Castellatto di Pavone».
Castellana d’Ingeure (?).
•• «Secondo il Serra 1943, 49», Ingeure risalirebbe a un composto gall. *Ando-dūrum ‘fortezza di un Andius’. M. G. Tibiletti Bruno ha proposto invece un *Andio-durum con il significato ‘porta di Andius’.
In effetti, nel gallo-romano -dŭrum la vocale radicale era breve, come nella voce gall. -dŭron da cui proviene, significante ‘corte della proprietà terriera, mercato chiuso, forum’ > ‘mercato controllato’ > ‘borgo’ (un *dūro- è registrato invece da A. Holder, col significato di ‘duro’, per accostamento al lat. dūrus ‘duro’ e all’a. irl. dúr ‘duro’ – che però è prestito dal latino –, e da X. Delamarre, coi valori di ‘ferro, acciaio, duro’).
Si può quindi attribuire ad *And(i)o-dŭrum il valore di ‘mercato, borgo di Andios (o Andos, Andus)’ [per tali NNP, cfr. Andes (Virgilio, MN) e Andezeno, TO]. Ma un’ipotesi etimologica *Ando-, *Andio-durum (e anche *Indio-durum) > Ingeure in realtà non risulta molto convincente, anche perché non si hanno attestazioni antiche, o almeno medievali, del poleonimo, né – a quanto pare – forme analoghe comparabili (un confronto, sia pur parziale, pare possibile con Inzago, MI). Cfr. anche Dormelletto, Dormello e il toponimo francese Issoire (Puy-de-Dôme), Iciodurum nel VI sec., da *Īccio-duron ‘borgo di *Īccios’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 187; G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 126; A. Holder (1961-1962); J. Lacroix (2005): 243-6; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 156-7; X. Delamarre (2012): 145, 147, 163.

Invòrio
po.
NO
Evurius, Evorius, Jvorius (X sec, 1007), Yvorius (1235).
•• Secondo P. Massia, Invorio deriva dal gentilizio gallo-romano Eburius < gall. eburos ‘tasso’, con -n- epentetica (cfr. il dial. Invreia = Ivrea).
Eburius, da eburo- ‘tasso (albero sacro)’, è attestato in iscrizioni da Novara e Suno (NO). Si può ricostruire un a. *Eburion ‘proprietà di *Eburios’.
A. Rossebastiano (1990); J. Lacroix (2007): 28-9; X. Delamarre (2008): 159; X. Delamarre (2012): 148.

Isarno
po.
Novara
•• Continua un gall. *Īsarnon ‘proprietà di *Isarnos’, cfr. il NP Isarnus.
Il celt. *īsarno- risale forse a un ie. *ēsr̥-no- ‘sanguineo’ [< ie. *ē̆sr̥(gᵘ) ‘sangue’], in riferimento al «color rosso del metallo ossidato» (ipotesi etimologica formulata da W. Cowgill)]; cfr. l’a. irl. íarn, il cimr. haearn ‘ferro’, il toponimo francese Izernore (Ain), Isarnodori (glossato ‘Porta di Ferro’) nell’VIII sec., de Ysernodero nel XIV, da *Īsarno-duron ‘mercato, borgo di *Isarnos’.
G. Rohlfs (1990): 50; X. Delamarre (2008): 191-2; J. Pokorny (2005): 343; X. Delamarre (2012): 166.

Issìglio
po.
TO
Località posta «nella parte più bassa della Val di Chy».
Dial. iséi.
Yxello (1221) e Ysiglij (1387; dal derivato *Issilius).
•• Issiglio può continuare una forma gallo-lat. *Issellus, col significato di ‘(nucleo abitato collocato) in basso’ (A. Rossebastiano), da un gall. *Īssellon (‘insediamento inferiore’ secondo X. Delamarre), dal celt. *īsselo- (< ie. *pēd-su- ‘ai piedi’, ‘sotto’ < *pēd- ‘piede’), da cui anche l’a. br., a. cimr. isel, il medio corn. yssel, l’a. irl. ísel ‘basso’. Cfr. i toponimi Exilles, Usseaux, e anche Issel (Aude; apud Issellum nel 1257), che E. Nègre fa derivare però dal gall. *uxello- ‘elevato’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 126; A. Deshayes (2003), s. v. isel; A. Falileyev (2000): 97; X. Delamarre (2008): 32; E. Nègre (1990): 132; S. Gendron (2003): 90; X. Delamarre (2012): 166.

Ivrea
po.
TO
Dial. Invreia (con n epentetica).
Eporedia (Plinio, N. H., III, 123; Tacito, Hist., I, 70), Eporedia (Itinerarium Antonini, 345, 1; Tabula Peutingeriana, III, 5); Yporeia (1001), Eporedia (1036), Eporeia (1091), Eporegia (1133).
•• Come riporta A. Rossebastiano, Ivrea deriva dal lat. Eporedia, attraverso fasi quali Yporeia («scambio, frequente in area gallo-italica, di e~i in protonia») > *Iv(o)reia > *Ivreia.
Eporedia è poleonimo di origine celt., formato da epo- ‘cavallo’ [< ie. *ék̂u̯os] + -redia, «collettivo in -ia», da reda ‘veicolo gallico a quattro ruote’ [gallo-lat. rēda ‘vettura a quattro ruote’], da cui un significato complessivo di ‘insieme di carri’ > ‘luogo fortificato da un vallo di carri equestri’ (G. D. Serra, G. B. Pellegrini). Per P. de Bernardo Stempel il poleonimo andrebbe analizzato come *epo-rēd(o)-yā e significherebbe ‘la città dei carri equestri’.
Secondo X. Delamarre invece, Eporedia (con -rēdiā, dalla radice *rēd- ‘andare a cavallo, viaggiare’) avrebbe il valore di ‘insediamento della cavalleria’ o ‘le corse a cavallo’, mentre per J. Lacroix sarebbe «la “Localité-des-Gens-de-Chevaux”»: «luogo di una guarnigione, ma anche tappa di mercato sugli assi di circolazione».
Cfr. anche l’a. irl. ríad ‘andare in vettura o a cavallo’, ‘viaggio, corsa’, i toponimi Rennes (Bretagna), dall’etn. gall. Redones ‘i conduttori di carro’, e Carpentras (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), dal gall. Carbanto-rate ‘fortezza dei carri’ (gall. -rate ‘forte’).
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1987): 103; G. B. Pellegrini (1990b): 113; X. Delamarre (2008): 163, 232-3, 253, 254-5; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2003): 189; J. Lacroix (2005): 228-30, 142-3; X. Delamarre (2012): 150.

Lèmina
io.
San Pietro Val Lèmina, TO
Anche Lemie.
Torrente.
•• Secondo G. D. Serra, Lemina deriverebbe dal lat. limina [sing. limen ‘soglia, limite’], quale «linea di confine fra la provincia augustea delle “Alpes Cottiae” e il tratto di paese, verso Pinerolo, compreso nella Liguria augustea».
O forse è da connettere alla radice celt. *lēm- ‘limo, fango’ (< *lim-, *leim-), piuttosto che al celt. *lim- ‘olmo’. Vd. l’idron. Lémene (PN, VE).
G. Gasca Queirazza (1990); X. Delamarre (2008): 198; X. Delamarre (2012): 174, 177-8.

Lèquio Berria
po.
CN
de Leucho (1193, 1201).
• → Lèquio Tànaro.
A. Rossebastiano (1990).

Lèquio Tànaro
po.
CN
Leuquio (872), Leucum (901), Lequi (1029), Leuqui (gen.; 1223), Lequo (abl. ; 1223), Lequio (abl.; 1276).
• Secondo D. Olivieri, Lequio deriva da un prelat. *leuko-, affine al lat. lucus, e quindi significante ‘bosco’; per altri invece da un *leuko- col valore di ‘bianco’ (vd. Locana). G. D. Serra lo collega però al NP di origine celt. Leucus (A. Holder), con -kw- esito di «trascrizione ipercorrettiva di un precedente Le(u)kji, donde Lequi, poi Lequio».
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 199.

Lèvice
po.
CN
Dial. lèis.
Levesj (991), Leves (1201); «noto ai romani con il nome di Livicium o Levicium; lo ritroviamo poi designato come Levix o Levesj in alcune carte del 991» ["http://www.borghiautenticiditalia.it/ita/web/img_item.asp?nav=55"].
•• Di origine gall., Levice può discendere da *Laevicis (abl. pl.) < NP Laevicus, riconducibile all’etn. dei Laevi (G. D. Serra); ne ricorda però la liguricità A. Rossebastiano, che colloca quel poleon. accanto ai toponimi Pradleves (< *prat(um)-d(i)-Leves, Prato de Levesio nel 1282) e Levanna (oron. piemontese). Laevi deriverebbe secondo G. Petracco Sicardi da una base *lēuo- < ie. *lēu- ‘pietra’.
Non si esclude una connessione con il gall. *lēuo- ‘che scivola, lento’, usato però come base idronimica (forse ne deriva un NP *Lēvios individuato da X. Delamarre in alcuni «toponimi personali»), o con *leuo-, del teon. Su-leviae (connesso al cimr. llywydd ‘conduttore’) e probabilmente del NP Levus, oppure con l’antroponimo lat. Levius, originariamente soprannome col possibile valore di ‘maldestro, sciocco’, dall’agg. laevus ‘sinistro’ (E. Papa).
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 56; X. Delamarre (2008): 200, 286; X. Delamarre (2012): 176; A. Rossebastiano, E. Papa (2005).

Limone Piemonte
po.
CN
Limonus (1290).
•• Viene in genere ricondotto al gall. limo- ‘olmo’, da cui il significato di ‘(luogo) caratterizzato dall’Olmo’, «che richiama [secondo G. D. Serra] il culto ed il valore simbolico di quest’albero nella cultura medievale piemontese, dove era riconosciuto quale arbor sacra finalis» (A. Rossebastiano).
Come per Limone sul Garda (BS), si può ipotizzare un a. *Limonon ‘proprietà di Limo(nos)’, piuttosto che ‘l’olmeto’, comunque sempre dal gall. lemo-, limo- < l̥mo- ‘olmo’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2012): 178.

Linduno
po.
Momo, NO
•• Secondo G. B. Pellegrini, risale «assai verosimilmente al noto dūnum gallico» [dūnum ‘fortezza’, ‘collina’, dal gall. (e celtico comune) *dūnon ‘fortezza, cittadella’ > ‘monte, collina’].
Potrebbe trattarsi di un composto *Lindo-dūnon ‘Forte dello Stagno’, con primo elemento *lindon ‘liquido’ > ‘bevanda’ e ‘stagno’; cfr. le voci a. irl. lind ‘liquamen’ (*lindu-), lind ‘stagno’ (*lindo-), e il cimr. llyn ‘bevanda’, ‘lago’.
G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 127; X. Delamarre (2008): 154, 202; X. Delamarre (2012): 179.

Locana
po.
TO
Locania (1257), Lucana (1368), Locana (XV sec.).
•• Da un ie. *leuko- + il suff. pregall. -ana, -anna [forse anche gall. (vd. J. Degavre)], attraverso le forme *Leucan(n)a > *Loucan(n)a (A. Perinetti), con l’esito eu > ou proprio del gallico (G. Petracco Sicardi) [e probabilmente il dittongo ou passato a ō in epoca tarda (vd. P.-Y. Lambert)]; è toponimo confrontabile con i poleonimi Locarno, Locate, Lecco. Per G. D. Serra in questo caso *leuko- dovrebbe valere ‘bianco’, in relazione alla «colorazione biancastra della roccia» che «scoscende precipite sui prati di Letosa»; invece B. A. Terracini pensava a «un significato prossimo a quello di lucus», vale a dire ‘radura nel bosco, bosco’.
Potrebbe invece continuare un pl. neutro *Leucāna ‘possedimenti di *Leucos’.
A. Rossebastiano (1990); J. Degavre (1998); G. Petracco Sicardi (1981): 92; P.-Y. Lambert (1994): 42; Delamarre (2008): 199; X. Delamarre (2012): 176.

Lucedio
po.
Trino, VC
Leocedio, Leucegium (905); Silva de Loceio [vd. "http://www.abbaziadilucedio.it/index.php?pg=storia&code_m=fondazione"].
•• Secondo G. D. Serra, top. d’origine gall., da *Leucidio, da confrontare con il NP Leucus.
Si segnala anche il teonimo *Leucetios, Leucetius, Loucetius (< louco-, loucet-), da cui il «toponimo personale» *Leucetion, alla base dell’attuale Luzech (Lot).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; A. Costanzo Garancini (1975): 119; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 199; X. Delamarre (2012): 176.

Mathi
po.
TO
curtem de Matigo cum tota valle Mategasca (1159), Mathiarum (gen. pl.; 1342), Matiis (abl. pl.; 1356).
«Vallem cuinomento Ametegis» (? cfr. Màttie); «Matingo, Mateis dei secoli XI e XII, latinizzati in Maty e Mati e stabilizzati definitivamente nell’attuale Mathi, in cui l’h ricorda l’origine greca del nome» ["http://www.comune.mathi.to.it/storia.htm"].
•• Forse dall’aggettivo *Matticus, dal NP lat. Mattius. Il gen. e l’abl. pl. attestati nel Medioevo rinviano a quei toponimi tardo-romani in cui a forme in -i (gen. sing.) subentrarono forme di in -is (abl. pl.), sulle quali «si ricostruì poi il genitivo plurale, a segnalare la ricostruzione dell’unità della famiglia romana, come proprietaria di beni comuni»; il toponimo significherebbe dunque ‘(fondo) appartenente alla famiglia dei Mattii’, da cui proverrebbe la -i del nome attuale.
Antroponimi come Mat(t)ius, Maticius, Matinus, Matta, Mattus, Mattiacus, Mattios, e un ricostruito *Maticos — con relativo «toponimo personale» *Maticon che pare esser richiamato dal Matigo del 1159 — secondo X. Delamarre derivano dal gall. matu-, mati- ‘buono, favorevole’ (a. irl. maith ‘buono, eccellente, vantaggioso, fasto’, a. br. mat ‘buono’) o matu- ‘orso’ (a. irl. math); per J. Vendryes si tratterebbe della stessa voce, attribuita come epiteto adulatorio all’animale (tabù linguistico). → Màttie.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 220; X. Delamarre (2012): 193.

Màttie
po.
TO
Vallem cuinomento [cognomento] Ametegis (VII sec.; potrebbe però riferirsi anche a Mathi); Maticis (1065), Mathicis (1226), de vico Matico (1080), Matigum (1083), Mathiis (1369), Mathiarum (1374).
Mattie deriva forse dal NP *Matticus (vd. Mathi); nelle forme del XIV sec. appare il femminile conservatosi nella stessa denominazione attuale.
A. Rossebastiano (1990).

Mazzè
po.
TO
Maciadium (1007), Maçadium (1181), Mazayo (1433).
•• Probabile prediale dal NP romano Mattius, Matius (G. D. Serra), originariamente nella forma *Macciacus o *Mattiacus, di cui non è pervenuta alcuna testimonianza. La sostituzione di -adium ad -ācum pare dovuta a «ricostruzione erudita».
Mattius, Matius, e Maccius sono probabilmente NNP di origine celt., rispettivamente dal gall. matu-, mati- ‘buono, favorevole’ o matu- ‘orso’ (vd. Mathi), e, forse, da *mac(c)- ‘nutrire’. X. Delamarre infatti ipotizza un originario Mattiācon ‘proprietà di Mattios’.
A. Rossebastiano (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 220, 211-2; X. Delamarre (2012): 194.

Melle
po.
CN
Localmente lu ml (occitano).
El Meyl (1142), Melus (1203), Melo (1229), Mellis (1264), El Mel (1303); Malzelus, Mahelus (1306; grafie errate dovute a un copista di Napoli).
•• Per D. Olivieri potrebbe derivare dal lat. gemellae, riferito a «due villae contrapposte, come nel caso del bellunese Mel < zumellae». Tale ipotesi è stata formulata in base alla «presenza nel paese dei ruderi di due castelli», ma, secondo A. Rossebastiano, risulta priva di riscontri d’epoca medievale; si può invece risalire alla «voce celtica o preceltica (ligure) mello, ‘collina, altura’»; da confrontarsi con l’oron. Rocciamelone (Monpantero, TO), gli idron. Mèllea (CN) e Malone (TO), il poleon. a. Leucumellus (Tabula Alimentaria di Veleia, 3, 72; 7, 37).
Potrebbe essere la continuazione di un «toponimo personale» *Mellon ‘proprietà di *Mellos’; cfr. gli antroponimi Melus, Mellus, Melius, dai temi melo-, melio-.
A. Rossebastiano (1990); J. Vendryes (1959-), s. vv. mell, mul; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 197.

Mezzomerico
po.
NO
Mediomadrigo (980), Medium Matrigum (1196).
•• Secondo P. Massia, si ricondurrebbe all’etn. dei Mediomatrici, citati da Cesare (Mediomatricorum, in De bello Gallico, IV, 10, e Mediomatricis, in VII, 75), Plinio (Mediomatrici, in N. H., IV, 106) e altri autori antichi. Tale etn. sarebbe costituito da medium ‘mezzo’ + matericus, mataricus < matarus ‘telum vel missile, gallis proprium’ (in C. Du Cange), per cui significherebbe ‘quelli che lanciano nel mezzo’. Da ciò A. Rossebastiano deduce per il toponimo il valore di ‘luogo degli arcieri’.
Però secondo X. Delamarre, che ipotizza un *Mediomātricon ‘proprietà dei Mediomatrici’ (di un loro gruppo là insediato) o ‘di *Mediomātricos’, Mediomatrici va interpretato diversamente: non tanto ‘quelli che abitano tra le Madri’, vale a dire gli a. fiumi Matrona e Matra, quanto ‘quelli delle Madri Mediane’, da *medio-māteres ‘Madri del Mondo di mezzo, tra cielo e inferi’ (< gall. *māter- ‘madre’; cfr. l’oron. Matrona). P. Anreiter invece suggerisce il significato ipotetico di ‘quelli che abitano in mezzo alla foresta’, ritenendo -matrici possibile derivato da una base celt. *māt(V)r- ‘legno’ (> ‘foresta’) associabile al lat. māteria/māteriēs ‘legno da costruzione, legname’.
A. Rossebastiano (1990); J. Lacroix (2007): 175; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 219, 221; A. Falileyev (2007), s. v. Mediomatrici; X. Delamarre (2012): 195.

Monviso
oo.
CN
Occitano Vìsol, piemontese Viso.
e gremio Vesuli montis (Plinio, N. H., III, 117), Vesulus mons (Servio, ad Aen., 10, 709), Vesaeuus mons (Servio, ad georg., 2, 224), Vesulus mons (Schol. Vallicell. ad Isid. etym., 14, 8, 13).
•• A parere di A. Rossebastiano, Vesulus deriverebbe dalla radice preie. *ves-, con valore di ‘monte’ secondo A. Dauzat, Ch. Rostaing – che pare distinta dalla radice idronimica, *ves-, *vis-, forse preie., cui A. Dauzat, G. Deslandes, Ch. Rostaing riconducono parecchi nomi di fiumi francesi, compresa la Vésubie.
N. Lamboglia confrontava Vesulus con l’idron. Vesubia (Nizzardo) [forse con secondo elemento -bia ‘che taglia’], i poleonimi Vesubium [anche Ussubium, forse da un “prototipo” *Uχsobion ‘proprietà di *Uχsobios’ = ‘(che possiede una) Alta Ascia’, da uχso- ‘alto’ + biyo- ‘tagliente, ascia’; vd. X. Delamarre (2007): 207 e (2012): 281] (Aquitania) e Vesunna (città iberica [in realtà, si tratta della francese Périgueux; Vesunnā dovrebbe significare ‘i possedimenti della dea Vesunā’]), e lo riteneva appartenere allo strato mediterraneo del ligure. G. Petracco Sicardi lo collega invece ai diversi toponimi con rad. *u̯es- riscontrabili in area celtica.
Vi si può riconoscere la base gall. uesu-, ues- (talvolta uisu-) ‘valido, buono, degno di’, da cui dipenderebbero nomi come Vesunna, Uesus, Uesuccius, Uisurio, Bello-uesus, Sego-uesus, Vesu-biani (Vesubianiorum, in iscrizione); cfr. l’a. irl. fíu e il cimr. gwiw ‘valido, degno di’. Secondo Delamarre, Vesulus dipenderebbe da un teonimo *Vesu-lo-, «variante di *Vesu-no- (suff. d’agente -lo-, -no- sul tema *u̯ésu- ‘bene, buono’)»; cfr. il NP Vesulus in Silio Italico.
Per J. Lacroix [J. Lacroix (2007)] Vesonna, Vesunna potrebbe derivare o da *vesu- ‘buono’ o da «un radicale preceltico *ves-/*vis-, ‘bagnato’», o anche [J. Lacroix (2003)] da un tema gall. *ves- ‘curvare’ (e quindi ‘curva, meandro’ di fiume) < ie. *wes- ‘girare’.
A. Rossebastiano (1990); A. Dauzat (1978): 77; A. Dauzat (1982): 95-6; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 80; 77; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 75, 77, 317; A. Falileyev (2007), s. vv. Vesulus, Vesubio, Vesunna, Ussubium; J. Lacroix (2003): 92; J. Lacroix (2007): 70-1; X. Delamarre (2012): 268.

Mosezzo
po.
San Pietro Mosezzo, NO
Moxicium (941), Muxicium (959), Musicium (962), Mosetium (1013).
• P. Massia ritiene possa riflettere il gentilizio lat. Mogetius, nella variante Mocetius. Per D. Olivieri si tratterebbe invece di un derivato del preromano mosa, col significato di ‘luogo pantanoso’.
Mogetius (con Mogetia, Mogetio, Mocetes, Mogeti-marus, Moceti-marus, Erru-mocito...) deriva dal tema gall. mogeti-, mageti- ‘potenza’ (< mag- ‘grande’). Per Mosezzo, si può ipotizzare in origine una forma *Mogitium o *Mocitium (*-on).
G. Gasca Queirazza (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 212.

Novara
po.
Novaria (Plinio, N. H., III, 124; Tacito, Hist., I, 70), Novaria (Itinerarium Antonini, 344, 5), Fl. Novaria (Tabula Peutingeriana, IV, 1); Novaria (881), Novara (1114).
•• Dal lat. Novaria, toponimo di «difficile interpretazione».
A. Forcellini pensava derivasse «dal soprannome Novaria dato al torrente Agogna» nella Tabula Peutingeriana (IV, 1); vd. Agogna.
G. B. Pellegrini lo rapporta invece, in via ipotetica, al lat. novu, novāle (ager) ‘terra recentemente ridotta a culture’.
Per P. de Bernardo Stempel però Novaria potrebbe essere di origine celt., da un *new-ar-yā ‘la città nuova’, ‘la città appartenente ai nuovi territori’, o, per aplologia, da un composto *nowo-waryā o piuttosto *Novā Variā ‘nuova recinzione’.
A. Rossebastiano (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 250-1; F. Benozzo (2002): 261; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2012): 207.

Ocelum
po.
Caprie, TO
Localizzato «presso Novaretto e Caprie» (A. Falileyev).
ab Ocelo (Giulio Cesare, De bello Gallico, I, 10), Ὤκελον (Ṓkelon) (Strabone, IV, 1, 3 e V, 1, 11), Occellio (Cosmografia ravennate, IV, 30), Ocelum e Ocelo (iscrizioni latine).
•• Ocelum riflette la voce gall. ocelo- ‘punta, promontorio’, da un tema ie. *h2oḱ-elo-, riconducibile alla radice *h2eḱ-, *h2oḱ- ‘punta, sommità’, quindi gli si può attribuire il significato di ‘la punta, la sommità’. Cfr. l’omonimo Ocelum, identificabile forse in Ferro (Covilhã, Portogallo), Ὂκελον (Òkelon), in Tolomeo, II, 5, 7; l’a. irl. ochair ‘angolo, bordo’, og ‘punta’; NNP d’origine celt. quali Ocelus (anche teonimo), Ocellio, Ocella (con sviluppo semantico «‘punta’ > ‘sommità’> ‘capo’»).
A. Falileyev (2007), s. vv. Ocelum, ocelo-; J. Vendryes (1959-), s. vv. ochair, og; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 236; X. Delamarre (2012): 209.

Ollasio
io.
TO
•• Forse da Aulacis, etn. loc./abl. pl., dal gentilizio lat. Aulus, oppure dal NP celt. Ollos; cfr. i toponimi trentini De Olaxio, villa Olasi (1360, 1387), attuale Dolaso, e Olasium (1220), attuale Daolasa.
È documentato un NP di origine celt. Aullus, da aulo- > aullo-, ma non *Ollos, mentre sono attestati Ollus, Ollius, Ol(l)ia, e altri ancora, tutti da ollo- ‘grande’; inoltre compare un Ollon in un’iscrizione da Magonza ed è stato ricostruito da X. Delamarre un “prototipo” *Ollo-dūnon, forse ‘forte di *Ollos’, per Oudun (Yonne) e Olten (Svizzera).
A. Costanzo Garancini (1975): 20; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 240; X. Delamarre (2012): 210-1.

Orba
io.
Liguria, Piemonte
Dial. urba.
ad fluuium miri cognominis Vrbem (Claudian., bell. Pollent. 555); Urba (1137), super fluvium Urbae (1176), inter duas Urbas (1197), Valle Urbe (1224), Vallis Urbis (1252).
•• Secondo G. D. Serra si tratta di idron. prelat., confrontabile con altri nomi dell’area gallo-ligure (A. Rossebastiano). Cfr. i seguenti toponimi antichi d’area celtica: gli idronimi Urba, attuale Orbe (Giura svizzero), Urbia, attuale Orge (Francia) [Urbia in Gregorio di Tours (VI sec.)], Urbicus, attuale Orbigo (Spagna), e il poleon. Urbate (Pannonia Inferiore), presso la confluenza Sava-Verbas (A. Costanzo Garancini, G. Petracco Sicardi).
X. Delamarre riconduce però i fiumi Orge (Essonne e Vosges) e Orb (Hérault) a forme quali *Orbiā, *Orbios < *orbʰ-io- ‘l’erede (di un fiume più grande)’.
Per G. R. Isaac, Urbate deriverebbe da una base idronimica *urb-, *orb-, forse celt.
A. Rossebastiano (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 82; A. Costanzo Garancini (1975): 108; A. Falileyev (2007), s. v. Urbate; X. Delamarre (2008): 242; X. Delamarre (2012): 211.

Òssola
co.
VB
Ὀσκέλα (Oskéla) (var. ὂσκελλα, ὂσκελα; Tolomeo, III, 1, 34), Oxilla (var. ossilia, ossila; Cosmografia ravennate, IV, 30); terra ossilense (dall’892), comitatu oxilense (915), Osola (dal 1226, «come componente antroponimica»).
•• D. Olivieri vi riconosce «una voce prelatina».
Con tutta probabilità Ossola continua il nome a. di Domodossola: Ὀσκέλα in Tolomeo e Oxilla nella Cosmografia ravennate.
Secondo X. Delamarre l’originario *Oscelā, da cui dipendono Oskéla, Òskel(l)a, Oxilla, potrebbe derivare dalla base ie. *os-k- ‘frassino’ piuttosto che dal tema *ukso- ‘bue’ (ie. e celt. *uksōn), al quale qualche anno fa riconduceva, nelle forme oxso-, oxsi-, NNP quali Oxilla ‘Vacchetta’ e, con metatesi oxs- > osk-, Oscella, Oscellus, senza escludere però la possibilità di oxso-, oxsi- «variante di uxso-, uxsi- ‘alto’». Delamarre pensa che *os-k-, ritenuto in genere «ligure» rispetto al celtico insulare *os-n-, non sia altro che una «semplice variazione dialettale in seno al celtico».
A. Rossebastiano (1990); A. Falileyev (2000), s. v. Oskela; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 244; X. Delamarre (2012): 212.

Ossona
io.
AL
Ausona, Auxona, Ossona (cartari tortonesi) ["http://books.google.it/books?id=iuUNAQAAIAAJ&q=Ossona"].
•• Forse di origine celtica, da *auso- < *h2eus- ‘far defluire, drenare, far uscire (acqua)’ (A. Falileyev), con suff. idronimico -on(n)a.
X. Delamarre, per corsi d’acqua quali l’Ausa (754; attuale Hozain), l’Ausava (attuale Oos, in Renania), l’Ausona (Limousin), propone un etimo da *aus- ‘oro’ (tema *ausu-) od eventualmente (per Ausona) da *aus- ‘orecchio’.
A. Falileyev (2007), s. v. Ausa; X. Delamarre (2012): 67-8.

Oulx
po.
TO
In occitano: Ors.
Ulces (880), Ultes (IX sec.), de Ulcis (1050), in loco et fundo Ulce (1167), loco ubi dicitur Ulcium (1083).
•• Dall’abl. pl. *Ulcis < NP gall. Ulkos (è attestato anche Ulcagnus) (G. D. Serra), forse conducibile all’ie. *u̯l̥kʷos ‘lupo’; oppure da connettere ai NNP *Uolcos, Uolcus, Uolcius < uolcos ‘falco’ («ulc- grado zero di uolc-?»), o anche da Ulicus (< *u̯el- / *u̯lei- ‘scegliere’).
A. Rossebastiano (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 132, 326; X. Delamarre (2012): 275.

Nessun commento:

Posta un commento