Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







mercoledì 1 settembre 2010

Nomi di luogo italiani d'origine celtica: Milano


Milano
po.
Mediolanum (Tacito, Hist., I, 70; Plinio, N. H., III, 124; Tabula Peutingeriana, IV, 2), Μεδιόλανον (Mediólanon) (Polibio, II, 34, 10), Mediolanium (Livio, V, 34, 9; XXXIV, 46, 1), Μεδιολάνιον (Mediolánion) (Strabone, V, 1, 6; Tolomeo, III, 1, 29), Meśiolano (abl.; iscrizione della fine II-I sec. a.C.), a Mediolano (Itinerarium Antonini, 98, 3.6; 123, 9).
•• Continua il lat. Mediolanum, dal gall. *Mediolanon, oppure la forma *Mesiolanom indicata da A. Morandi sulla base del Meśiolano – ritenuto un ablativo – che si legge in un’iscrizione rinvenuta a Milano negli anni ’80 del secolo scorso. La variante Mediolanium (da un gall. *Mediolanion) non ha avuto continuazione: secondo G. B. Pellegrini «le forme in -aniu- non erano evidentemente popolari poiché da esse ci saremmo aspettati -agno» (quindi un poleon. *Milagno).
Mediolanum viene per lo più ritenuto un composto di medio- ‘medio, centrale’, ‘(in) mezzo’, + -lanum < *-lānon [o lān(i)o- ‘piana’ (A. Falileyev)], voce confrontabile col lat. plānum ‘piano, pianura’, da cui il significato complessivo di ‘centro della piana’ o ‘piana di mezzo’ (‘nel mezzo della piana?’, in J. Pokorny).
Tale analisi potrebbe esser convincente per una città come Milano, ma non lo è per gli altri circa sessanta abitati antichi di nome Mediolanon attestati nell’Europa continentale, che «sono spesso in luoghi decentrati, appartati e talvolta anche su alture» (come rileva J. Lacroix, diversi si trovano «in prossimità di un limite territoriale»).
Risulterebbero quindi più appropriate le interpretazioni, avanzate innanzi tutto da Ch.-J. Guyonvarc’h e X. Delamarre, di Mediolanon come ‘centro perfetto’, ‘centro di perfezione’ (o ‘di compitezza’, ‘di perfezionamento’), o ‘pieno-centro’, ‘centro sacro’: il secondo elemento -lānon sarebbe infatti comparabile con l’a. irl. lán e il cimr. llawn ‘pieno’, aggettivi riconducibili a un tema celt. *lāno- < ie. *pl̥h1-no-. Si tratterebbe di «un termine di geografia sacra» — designante, ipoteticamente, un «luogo sacro situato “nel mezzo dell’asse cosmico” tra il mondo superiore e il mondo inferiore» (X. Delamarre) —, come probabilmente il Medio-nemeton ‘santuario centrale’, documentato nel toponimo britannico Medio Nemeton della Cosmografia ravennate (V, 31, 435).
Ma secondo J. Lacroix bisogna piuttosto attribuire a -lanon (confrontabile con il lat. planus ‘piano’) il valore di ‘luogo piano’ e a medio- quello di ‘centrale’, nell’accezione però di «centrale rispetto ad altri territori adiacenti», non di “al centro di un territorio”. In origine dunque, Mediolanon designava probabilmente uno spazio di terreno piano, libero, utilizzabile per riunioni di guerrieri ed assemblee politiche, economiche e religiose; non un ‘santuario’ vero e proprio, bensì un «luogo di incontro» carico di sacralità.
In Meśiolano, che pare corrisponda a *Mediolano (dal celt. *medio- < ie. *medhi̯o-), si riconosce un fenomeno di assibilazione del nesso -di̯-. Se leponzio, sarebbe una forma di abl. sing. dei temi in -o-, cioè di un caso che non si sa se esistesse nel gallico (distinto dallo strumentale).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 100; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 109-10; A. Falileyev (2007); J. Pokorny (2005): 806; P.-Y. Lambert (1994): 38, 49-52; Ch.-J. Guyonvarc’h, F. Le Roux (1986): 227, 405; M. Dillon (2001): 416; X. Delamarre (2008): 221, 196, 232-3; X. Delamarre (2012): 195; J. Lacroix (2003): 157-8; J. Lacroix (2007): 194-9; P. Piana Agostinetti, A. Morandi (2004): 615-7, 697; "http://it.wikipedia.org/wiki/Fondazione_di_Milano".

Insubria
co.
Ἴνσομβρες (Ínsombres) (Polibio, II, 17, 4), Insubri, Insubres (Cicerone, Pro Balbo, 14, 32, ecc.; Tito Livio, V, 34, 9 e XXX, 18, 1), Insubres (Plinio, N. H., III, 124), Insubrum exsules [...] ab Insubribus (Plinio, N. H., III, 125), Ἴνσουβροι (Ínsoubroi) (Strabone, V, 16).
• Territorio degli antichi Insubri, popolo celtico della Transpadana. L’etn. lat. Insubri, Insŭbres (sing. Insŭber, -bris), indubbiamente d’origine celt., risulta di non facile spiegazione etimologica.
A. Holder, seguendo Much, lo interpreta come un composto significante ‘i molto violenti, selvaggi’, formato da in- [‘in sé’?] e un elemento *suebro- confrontabile con il cimr. chwefr ‘violenza, rabbia’ [cimr. chwefrin, chwefris ‘selvaggio’ (termini disusati)] e l’a. alto tedesco swepfar [‘furbo’]; cfr. anche l’etn. a. Suebri (Narbonensis), in Plinio, N. H., III, 35 (se diverso dall’etn. Suetri di III, 137).
Aurelio Bernardi, attribuisce ad insuber il valore di «fiero, indomito, combattivo» [in E. Campanile (1981): 17].
G. R. Isaac pensa (sia pur dubitativamente) possa esser costituito da una base bero-, br(o)- ‘portatore / giudicatore’ «preceduta da preposizione/-i».
K. H. Schmidt considera in- «una variante areale di eni-» e «ammette una provenienza non celtica di -subres».
P. de Bernardo Stempel compara Insubres con Antabri e Cantabri, senza però giungere a una soluzione.
A. Falileyev (che riporta le ultime tre analisi), grazie al confronto con il NP Subroni, «forse per *Subro» [dat. di *Subro, teonimo o antroponimo: Subroni Sumeli Uoretouirius (iscrizione di Beaumont)], ipotizza per Insubres una formazione come *in-su-bro o *eni-su-bro.
Invece P.-Y. Lambert suggerisce che «il primo elemento insu- potrebbe corrispondere all’a. irl. és, eis ‘tracce’».
In-su-bres va forse interpretato come ‘(che hanno) un buon [-su-] *br(o)- in loro [in-]’.
A. Holder (1961-1962); R. Schützeichel (2006); W. Braune, E. A. Ebbinghaus (1979): 243; A. Falileyev (2007), s. vv. Insubres, Suetrii; D. Ellis Evans (1967): 113-4; X. Delamarre (2008) : 92, 162, 199 (s. v. lergo-).

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