Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







martedì 19 ottobre 2010

Toponimi della Lombardia di possibile origine celtica (C - I)

Cagno
po.
CO
Dial. cagn.
Actum in loco Cagni, de Cagni (1138), comune de Cagnio (1335).
•• Per D. Olivieri toponimo asuffissato dal NP lat. Canius (W. Schulze).
Canius potrebbe essere di origine gall., da cāno- ‘canna’. Quindi si può ipotizzare un “prototipo” *Cānion ‘proprietà di *Cānios’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 102; X. Delamarre (2012): 101.

Cameliomagus
po.
PV
È stato localizzato tra Cassino Po (Broni, PV) e Redavalle (PV) [vd. "http://www.comune.redavalle.pv.it/"].
Comillomago (Itinerarium Antonini, 288, 4), Cameli(o)magus (Tabula Peutingeriana, IV, 1).
•• A. Falileyev lo ritiene un composto ibrido latino-gallico, con magos ‘mercato’ come secondo elemento; vd. anche Rigomagus (Piemonte).
Nella prima parte si possono riconoscere il nome lat. Camillus (forse anche delle forme come *Comellus, *Comillus) o eventualmente un personale Camelus, Camelius, dallo zoonimo camelus ‘cammello’, usato verosimilmente in funzione di soprannome.
Da non escludere un NP Camelus o Camelius, da un tema *camelo-, variante (forse in quanto assonante col lat. camelusCamelus sarebbe un «Deckname» del lat. camelus) del gall. camulo- ‘campione, servente’.
Per X. Delamarre si tratterebbe di un *Comilo-magos ‘mercato di *Comilos’ oppure di un *Co-mīlo-magos ‘mercato del piccolo bestiame’ (cfr. l’a. irl. míl, il cimr. br. mil ‘animale, animale di piccola taglia’ < *mīlo-).
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 186, 190; G. Petracco Sicardi (1981): 79; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 101, 226; X. Delamarre (2012): 119.

Camònica, Val
co.
BS, BG
Valle Camonense (IX sec.), In Valcamoniga, de Valcamonica (879-906).
Camonica deriva dall’etn. a. Camunni (C. Marcato), che X. Delamarre pone tra i NNP di origine celt. [forse riconducibile alla base cama-, cami-, camu- < ie. *k̂emə- ‘affaticarsi’ (o a camox ‘camoscio’)?].
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 100-1.

Carugate
po.
MI
de vico Calugade (1045), Callugate (1048), de Calugade (1066), de Calugathe (1074), de Carugate (1183), el locho da Carugà (1346).
•• Secondo D. Olivieri, può riflettere una voce medievale carrucata < gall. e lat. carruca ‘sorta di carro’ [‘carro a due ruote’], «nel senso di speciale misura agraria», mentre le forme dell’XI sec. risulterebbero ricostruite. G. Rohlfs pensa invece a un NP accostabile all’etn. a. Calucones (Italia settentrionale) + il suff. -ate, ed esclude pertanto una eventuale derivazione da un personale come Caruca – che però non risulta attestato.
Si confrontino però i NNP d’origine celt. Carucatus e Carugatus, da *caru[t]-catu- ‘combattimento d’eroe’ < caru(t)- + catu- ‘battaglia’; cfr. i NNP Carotus, Carutus, Carutius e l’a. irl. caur (tema caurad-) ‘eroe, guerriero’ < *karut-. In X. Delamarre (2008) è riportato anche un NP gen. Carrugati, da carros ‘carro’. Da non escludersi del tutto un originario *Carrucate ‘proprietà di *Carrucos’.
L’etn. Calucones va analizzato come un composto calu- + -cones < coni-, cone- ‘cane’, ‘lupo’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 106-7, 110; J. Vendryes (1959-), s. v. caur; X. Delamarre (2012): 107.

Casaletto Vàprio
po.
CR
Dial. vavre.
Vàprio «pare designasse una non breve estensione di territorio alla sinistra del Serio».
Vabris (744), in Vafri (990), Vauri (1022), de Vaure (1159), Vavre (1192).
•• Vaprio per D. Olivieri va confrontato con Vàprio d’Adda (dial. vàer [vàver]), Vavul (alpe della Val Vigezzo; Malesco, VB), Vavulo grande (1660; «luogo sul fiume Melezzo»), tutte forme che possono derivare da un lat. *vadulum, diminutivo di vadum ‘guado’, con -v- intervocalica da -d- e, in Vaprio, «ricostruzione errata di p sul modello del dialettale cavra / capra». D. Olivieri rilevava inoltre l’omofonia – e quindi una possibile connessione – di Vavre e Vàer con toponimi francesi quali Vavre, Vabre, derivati da una voce, forse celt., *vabra o *vabera ‘rivo infossato’. Si tratta in effetti della voce gall. vo-bero- (> va-bero-) ‘sorgente o ruscello nascosto da un bosco’ — “prototipo” *voberā ‘sorgente di sotto’, da *u(p)o-bhĕrwā —, per la quale vd. Vobarno.
C. Marcato (1990); J. Lacroix (2003): 98; X. Delamarre (2008): 324; X. Delamarre (2012): 275.

Casteggio
po.
PV
Dial. castégiu.
Clastidium (Cicerone, Tusc., IV, 22, 49; Livio, XXI, 48, 9 e XXXII, 29, 7), Κλαστίδιον (Klastídion) (Polibio, II, 34, 5 e III, 69, 1; Strabone, V, 1, 11; Plutarco, Marcellus, 6); Clastigium (1250, 1452).
•• Deriva dal lat. Clastidium, attraverso la seguente evoluzione indicata da C. Marcato: Clastegium > Chiasteggio («e Giasteggio, Schiateggio e varianti in documenti medievali ed ancora nel XVII sec.») > Ciasteggio.
Per A. Falileyev Clastidium, «se celtico», risalirebbe a «*clad-, i.e. *clad-to-(V)dyo-».
G. Petracco Sicardi ipotizza per Clastidium un etimo simile, da un tema *klast(i)- < *kladt(i)- < ie. *keld- (cfr. le voci lat. clades ‘sconfitta’ e -cellō ‘battere’).
Va forse piuttosto accostato al gall. cladia, clado- ‘fossato, trincea’ (da raffrontare con l’a. irl. clad e il cimr. clawdd ‘fossato’), dall’ie. *kl̥h2-d- < *kelh2- ‘colpire, battere’. Si tratta sempre della stessa radice ie. *kel-, *kelə-, *klā- ‘battere’, e, con ampliamento in -d-, *keləd-, *klād-, *keld-, analizzata nell’IEW.
Ma X. Delamarre ritiene che alla base possa esserci un NP *Clastidios < *clad-ti-dio- (forse = ‘spadista’; cfr. la voce gall. cladio- ‘gladio, spada’, stessa radice di cladia, clado-), da cui *Clastidion ‘proprietà di *Clastidios’ (o anche ‘di Clastis’).
C. Marcato (1990); A. Falileyev (2007), s. v. Clastidium; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 45-6; J. Pokorny (2005): 545-7; X. Delamarre (2008): 117; X. Delamarre (2012): 115.

Castèl Mella
po.
BS
de Castellonovo [...] inter stratam et Mellam (1183), Castronovo ultra Mellam (1385).
• → io. Mella.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 125.

Castelseprio
po.
VA
Dial. sìbrion e séver.
Sibrium (Cosmografia ravennate, IV, 30, 252); de Sebrio (769), in curte Castri Sebrii (992), de Castro Seprio (1102), de Seuria, Seurio (1167), de Castro Seprio, de Castroseprio, de Castro Siprio (1173), Castel Sevro (1346).
•• È composto di castello + Seprio, che secondo G. B. Pellegrini è una forma iperlatinizzata [o dotta] di Sevrio (dial. séver), così come risulta essere il Sibrium della Cosmografia ravennate. Sevrio dipende da una probabile evoluzione *Sego-bri(g)um > *Sege- > *Se(g)ebrium > *Sebrio, con toponimo originario costituito dal gall. sego- «‘forte’, ‘vigoroso’, ‘potente’ ed anche ‘vittoria’» [‘forza, vittoria’] + *-bri(g)um [‘monte, roccaforte’]. Vd. Susa (TO) e Cadore (BL).
X. Delamarre ricostruisce una sequenza: *Sego-brigum > *Seγebriγo > *Sēbrio > *Serio > Sèver — come ultimi due elementi dovrebbero comparire piuttosto Sevrio e Séver.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 104-5; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 114-6; X. Delamarre (2008): 86-7, 268-9; X. Delamarre (2012): 233.

Casto
po.
BS
Dial. cast.
• Possibile raccorciamento da un lat. castănus ‘castagno’ (come Frasso da fraxinus e Carpi da carpinus); oppure riflesso di un NP lat. *Castus, cfr. Castius (D. Olivieri), ipotesi che «non pare proprio necessaria» a C. Marcato. Cfr. invece i NNP d’origine celt. Castus e Castius, da casti-, casto-, cassi- ‘chioma, treccia’ o ‘stagno’ > ‘bronzo’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 109.

Cene
po.
BG
de Cene (968), de loco Cene (1035, 1042), in loco et fundo Ceno Subteriore (1035).
• Secondo D. Olivieri, deriverebbe dal NP lat. Accenna, «forse nella forma del genitivo locativo».
Non si può però escludere un NP d’origine celt. come Cenus, Caenus, Cenna, Caenia, dal gall. ceno-, ceni- (caen- = cēn-) ‘lungo, lontano’, forse alla base anche di Cenate Sopra e Cenate Sotto (BG).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 114.

Chiese
io.
TN, Lombardia
Clesus (Cosmografia ravennate, IV, 36), Cleusis (Tabula Peutingeriana, IV, 3), Cleosa (838), Clesius (IX sec.), Cleusus (1000), Clesius (1022), Clisi, Clesis, Clesum, Clusius (1085), Clisim (1277).
• Secondo A. Costanzo Garancini «idron. di base prelat., forse celtica» [compare in A. Holder (1961-1962), s. v. Clesus].
Le forme Cleusis, Cleosa, Cleusus richiamano l’antroponimo d’origine celtica Cleusius (*Klewos-io-), da un *klewos (o *klewos-) ‘gloria, fama’, riconducibile alla radice ie. *k̂leu̯-. Si può supporre che l’idronimo avesse originariamente il dittongo -eu-, passato in seguito ad -e- (però in questo caso non senza oscillazioni con una -i- dovuta probabilmente a un’ulteriore chiusura), come è avvenuto in Leuco > Lecco.
C. Marcato (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 82; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 118-9.

Chiuduno
po.
BG
de Clauduno (795), Claoduno (924), in loco et fundo Claudune (1040), Gentillium et populi de Clauduno (1353).
•• Per D. Olivieri si tratterebbe di un composto con «la voce di origine gallica dunum ‘fortezza’» [celt. dūno- ‘fortezza, monte’] e, come prima componente, un NP Claudius o Clavius; cfr., per l’analogia, un toponimo quale Claudiomagus ‘mercato di Claudio’, attuale Clion (Indre).
G. Rohlfs pensava a un originario *Cludunum, confrontabile con l’elemento celt. cluto ‘famoso’ [gall. cluto-].
Secondo X. Delamarre invece, in Chiuduno si può riconoscere un *Clauo-dūnon ‘forte di *Clavos’, con primo elemento un NP dal «tema celtico *clowo- > *clavo- ‘gloria’». Cfr. Klotten (Renania), Cloduna, Clodonna nel IX sec., Clotono nell’XI.
C. Marcato (1990); G. Rohlfs (1990): 50; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 154-5; X. Delamarre (2012): 116.

Civenna
po.
CO
Dial. scivéna.
Civennan (1102), Civenna (1110, 1135, 1184), Civena (1199), Clivenna (latino ecclesiastico).
•• Secondo D. Olivieri, valutato il Cl- di Clivenna una «ricostruzione arbitraria», il toponimo potrebbe riflettere un nome etrusco *Cepena oppure derivare da un *clavenna, cui si riconduce Chiavenna (poleonimo e idronimo), forse da una voce preromana *clava ‘cono di deiezione’, proposta da G. Devoto.
Per G. Rohlfs, invece, Civenna richiama l’oron. Cevenne (femminile pl., francese Cévennes), citato da diversi autori antichi: Κέμμενων (Kémmenōn), Κέμμενον ὄρος (Kémmenon óros) (Strabone, IV, 6, 11; II, 5, 28), mons Ceuenna (Giulio Cesare, De bello Gallico, VII, 8), Cebennas (Lucano, I, 435), Cebenna (Plinio, N. H., III, 31); il cui “prototipo” sarebbe, secondo X. Delamarre, un «cebennā (cemmenā, -on?) ‘il dorso’».
Si tratta di forme collegabili ai NNP di origine celt. Cemenelus, Cemeno, Cemenus (da un tema cemeno-) e al toponimo a. Cemenelus (*Cemenelon), attuale Cimiez, italiano Cimella (già nel 999), presso Nizza: oppido Vediantiorum civitatis Cemenelo (Plinio, N. H., III, 47). Si può ipotizzare siano formate su una radice celt. (comune forse anche al ligure) *cem-, *ceb- ‘dorso’ (alla base del cimr. cefn ‘dorso’) + il suff. -enna presente nel toponimo a. Arduenna ‘Ardenne’ (vd. Ardéna); oppure risalgano a un *Ci-benno-, costituito da «ci- topico e benno- ‘punta’».
In alternativa, si può anche pensare a una connessione con un NP come *Civinnos, che Delamarre presuppone alla base di Ciney (Belgio), de Ceunaco nel 1006, e Chevincourt (Oise), Civinocurtis nell’831.
C. Marcato (1990), s. vv. Civenna, Chiavenna; G. Rohlfs (1990): 49; A. Holder (1961-1962); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 44-5; A. Falileyev (2007), s. vv. Cebenna, Cemmenus; E. Nègre (1990): 54; A. Dauzat (1982), s. v. Cévennes; J. Lacroix (2003): 109; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 111-2, 115.

Colle Brianza
po.
LC
• → co. Brianza.
G. B. Pellegrini (1990b): 122.

Colonno
po.
CO
Anche Cologno.
Colonno (1000), de Collono (1335).
• Per D. Olivieri da un NP Colonus.
Colonus è nome di possibile origine celt., da una base colo-, individuabile anche in Colona e Colodius.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007).

Comabbio
po.
VA
Dial. cumàbi.
locus Comabio (1030), de loco Comabio (1105, 1113, 1187).
•• Per D. Olivieri rifletterebbe un NP lat. Comavius (W. Schulze), «in forma asuffissata».
Tale nome, con i personali Com-auus, Comavos, Comava registrati da X. Delamarre, è probabilmente di origine celtica; risultano tutti costituiti dal prefisso com- ‘con’ e la voce *auos ‘nipote, discendente’; cfr. anche l’a. irl. aue, gen. aui, da *au̯io- ‘nipote, discendente’. La forma originaria del toponimo dovrebbe esser stata *Comauion ‘proprietà di *Comavios’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 60; X. Delamarre (2012): 118; J. Vendryes (1959-), s. v. aue.

Comazzo
po.
LO
locus qui dic. Comacio (975), de loco Comazo, de loco Comacio (1025), de loco Comatio (1038), Conmatio (?), de Comaçio (1171), de Commazo (1190).
• Pare riflettere il gentilizio romano Comatius (W. Schulze), ma non si può escludere dipenda da una forma *commacies, derivata dal lat. macies ‘macilenza, aridità’ «con riferimento a condizioni del terreno» (D. Olivieri).
Comatius (con Comatus, Comatia, Comato, Comatilla) è NP di origine gall., forse da co-, com- ‘con’ + mato-, mati-, matio- ‘buono, favorevole’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 220.

Comenduno
po.
Albino, BG
loci Comenduni (1148).
•• Secondo D. Olivieri, è formato da Comeno < Comenius, oppure Comini < Cominius + dūnum (→ Duno, VA).
X. Delamarre ricostruisce un *Comīnio-dūnon ‘forte di *Comīnios’. Cfr. Comignago (NO) e i toponimi Comines (Nord e Fiandre), Commines nel 1086 < *Comīniā, e Comigne (Aude), Cuminianum nel 951 < *Comīniānon.
È attestato anche un NP Comenua (Co-mēnua, cfr. il cimr. mwyn ‘dolce, amabile’), in iscrizione da Lectoure (Aquitania).
G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 10, 127; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 226-7; J. Vendryes (1959-), s. v. cuman; M.-T. Morlet (1985); X. Delamarre (2012): 119.

Comèrio
po.
VA
Dial. cumér.
de loco Comero (1101), de Comerii (1200), Gomero (1346).
•• Per D. Olivieri Comerio deriva forse dal NP lat. Comarius (W. Schulze) «senza suffissazione».
Comarius è personale d’origine celt., analizzabile, secondo X. Delamarre, come *Co-mār-io- (< co- ‘con’ + -mā-rio- < *māro- ‘grande’; cfr. il NP Comarus ‘Grande’), piuttosto che come *Com-ario- (< com- ‘con’ + ario- ‘uomo libero, signore’?; cfr. i NNP Arius, An-arius, l’a. irl. aire, airech ‘uomo libero, nobile, capo, principe’).
Comèrio potrebbe dunque continuare un a. *Comārion ‘proprietà di *Comārios’. Cfr. Commeré (Mayenne), attestato in Comariago, da un probabile *Comāriācon ‘proprietà di *Comārios’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 55, 121, 217-8; X. Delamarre (2012): 118.

Como
po.
Noui [...] Comi moenia (Catullo, XXX, 3), Comum (Plinio, N. H., III, 124 e 132), Ad lacum Comacenum (Itinerarium Antonini, 278). Etn. Comensis.
• Dal lat. Cōmum, di origine incerta. «Per taluni – segnala C. Marcato – sarebbe in rapporto con il gallico camb- ‘piegato’ [cambo- ‘ricurvo, storto’, ‘curva, meandro’] (vi rientra una forma cumba ‘curvatura’ [‘cavità’, ‘valle’])». Tale ipotesi etimologica però richiederebbe qualche ulteriore precisazione, specie riguardo alla possibile evoluzione fonetica.
Una forma Cōmum pare richiamare NNP d’origine celt. quali Como, Commos, Commus (< *com- ‘con’?); diversamente, considerato che il centro è sorto «in una piccola conca» [“http://it.wikipedia.org/wiki/Como”], si può pensare quel poleonimo in relazione con la radice ie. *keu- ‘curvare’ (o *ḱeu̯- ‘gonfiare’).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2008): 99-100, 131; J. Pokorny (2005).

Corgeno
po.
Vergiate, VA
de Corzenno (XII sec.).
•• Connesso all’etn. Corogennates di un’iscrizione milanese: iuvenae Corogennates, vicanis Corogennatibus.
X. Delamarre ritiene Coro-gennates un nome composto dalle voci gall. *coro- ‘chiuso’ (dalla radice verbale *cor- ‘chiudere’) o *corro-, *coro- (*cors-) ‘nano’ + -gen(n)o- ‘discendenza, famiglia’ (con il significato ‘che sono stirpe di a. (?)’ secondo M. G. Tibiletti Bruno) + il suff. di «appartenenza» -ati-. Cfr. il cimr. cor ‘recinto’, l’a. irl. cora ‘palizzata’; l’a. irl. corr ‘appuntito, sporgente, ineguale’, ‘nano’, il cimr., l’a. corn. cor, l’a. br. corr ‘nano’ (brittonico *corros); e, in special modo, i NNP d’origine celt. Coro-genus, Con-genno-litanos ‘dal vasto lignaggio’, Salico-genna ‘nata dal salice’.
Si può dunque ricostruire, con X. Delamarre, un toponimo originario *Corogennon ‘proprietà di *Corogenos’ o ‘di *Cor(r)ogenos (= figlio del nano)’.
A. Holder (1961-1962), I: 1133; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 194; M. T. Grassi (1991): 114; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 126, 176-7; X. Delamarre (2012): 125.

Còsio Valtellino
po.
SO
«Cosio si riferisce anche a un monte e un fiumicello».
vico Cose (980, 996), de loco Cosi (1155), in loco Coso (1187), Coso (abl.; 1193), de Cossio (1189), comune locorum de Cosso et de Rovoledo et de Planio (1335).
•• Cosio va accostato al NP lat. Cosius o Cusius (W. Schulze); S. Pieri invece lo poneva in relazione – assieme al nome del torrente Cosia (presso Erba, CO) – con i NNP di origine etrusca *Cusa o *Cosa.
Per una possibile origine celt. dell’antroponimo, cfr. alcuni NNP registrati da X. Delamarre: Cosos, Cosius, Cosillus (tema *coso-), e Cossus, Cossius, Cossia, Cossillus, Cossinius (< cossi-, cossu-), e il poleon. Còsio di Arròscia (IM), probabilmente da un Cusius riconducibile a una base gall. cusi(o)-.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 126.

Cozzo
po.
PV
Corrisponde all’antica Cuttiae, stazione stradale romana situata tra Pavia, Vercelli, Torino [vd. “http://www.comune.lomello.pv.it/territorio/storia-1/romani”].
Dial. cos.
Cottiae (Itinerarium Antonini, 340, 3), mutatio ad Cottias (Itin. Hierosolymitanum, 557), Cutias (Tabula Peutingeriana, IV, 1), Cuttias e Cuttiae (iscrizioni); de Cozo (1189), Cocium (1250, 1452). Dovrebbe identificarsi con Cocuzo Cepidasco (891), Cuço Gepidasco (965), dall’etn. dei Gepidi (G. D. Serra).
•• Pare richiamare la voce cozzo, «con riferimento ad una lieve altura, anche se il centro si trova in luogo eminentemente piano»; potrebbe anche riflettere un NP lat. Cottius (D. Olivieri).
Più probabile invece un’origine celtica, da un *Cottiā ‘possedimenti di *Cottos’: cfr. i NNP Cottius, Cottus, Cotta, Cotto (dal gall. coto-, cotto-, coti- ‘vecchio’); Cutius, Cutia (da un tema cuto-), forse da associare a cutios ‘nome del sesto mese dell’anno’ nel calendario di Coligny.
C. Marcato (1990); A. Falileyev (2007), s. vv. Cuttiae, cotto-; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 127, 133; X. Delamarre (2012): 127.

Crema
po.
CR
de Crema (1074), prope castro Crema, fluvio qui dicitur Crema (1097), de loco Cremma (1116), de Grema (1176).
•• Da accostare ai toponimi Cremona e Cremella, da una base preromana.
Si tratta forse del tema celt. crem(u)- ‘aglio’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2008): 128-9; X. Delamarre (2012): 128.

Cremella
po.
LC
Curte Cremellae (920), de Cremella (1171, 1191), el locho da Crimella (1346).
• Da cfr. con i toponimi Cremona e Crema.
X. Delamarre (2008): 128-9.

Cremeno
po.
LC
Citato anche come Cremenago. Dial. cremée.
Cremennum (lat. ecclesiastico).
•• Dalla base preromana da cui discendono Crema e Cremona (D. Olivieri).
Cfr. i NNP gall. Cremius, Cremonius, Cremonia, dal celt. crem(u)- ‘aglio’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 128-9; X. Delamarre (2012): 128.

Crèmia
po.
CO
Dial. crèmie.
de Cremia (1199), Cremia (1335).
•• Dalla stessa base preromana da cui derivano anche Crema e Cremona (D. Olivieri).
Cfr. il NP d’origine celt. Cremius, dal celt. crem(u)- ‘aglio’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 128-9; X. Delamarre (2012): 128.

Cremona
po.
Cremōna (Mantua vae miserae nimium vicina Cremonae, in Virgilio, Egl., IX, 28); de Cremona (761), de civitate Cremona (1066), foris civitate Cremona (1079), comunum ipsius Cremone civitatis (1098), Cremone (1148).
• Dal lat. Cremōna, «di origine incerta». S’è congetturato possa ricondursi al prelat. *carra ‘sasso’ «nella variante *carm-», divenuta *crem- per «l’alternanza preindeuropea a / e», con il suff. -ōna «frequente in toponimi prelatini» (C. Battisti).
P. de Bernardo Stempel (presumibilmente rifacendosi alle ipotesi avanzate da J. Pokorny e L. Fleuriot) pensa invece a una formazione significante ‘città delle cipolle’, dal celt. *kremu- ‘aglio selvatico’ + un suff. -ōn-; cfr. l’a. irl. crim, crem ‘aglio selvatico’.
X. Delamarre vede in Cremonā (con una -o- senza segno di quantità vocalica), più che una ‘città dell’aglio’, una ‘città di *Cremonos’: «la costruzione Cremo-no- farebbe piuttosto riferimento a ± un ‘mastro agliaio’ (venditore, produttore, ecc.), che a una caratteristica locale, ‘città in cui cresce l’aglio’».
C. Marcato (1990); J. Pokorny (2005), s. v. (kerem-), krem-; L. Fleuriot (1985): 121; F. Benozzo (2002): 261; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2008): 128-9; X. Delamarre (2012): 128.

Cusino
po.
CO
Dial. cüʃìn.
Cusinum (lat. ecclesiastico).
•• Per D. Olivieri dal NP Cusinus, confrontabile forse con Cusius (W. Schulze).
Per un’origine celt. cfr. i NNP Cusinus, Cusinius, da cūsi(o)-, cūsa. Cusino potrebbe pertanto continuare un *Cūsinon ‘proprietà di *Cusinos’. Vd. anche il toponimo Cusago (MI).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 132.

Cùsio
po.
BG
Dial. cüs.
• Secondo C. Marcato, si può ipotizzare che Cusio rifletta il NP lat. Cusius (W. Schulze), che però X. Delamarre ritiene di origine celt.; vd. Cusago (MI) e Cusino.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007).

Davèrio
po.
VA
in loco et fundo Daverio (1113), Actum loco Daverio (1025), de Daverio (1158, 1180), in loco Daverio (1186), Daverio, locus Divirio (XIII sec.).
•• Secondo D. Olivieri, sarebbe composto dalla preposizione ad + il NP Averio.
Potrebbe riflettere invece l’antroponimo Daverius, che, con Davos, Daus, Davus, Davius, Davicus, Davilius, è NP di origine celt., dalla base dāuo- ‘infiammato, bruciante’ (radice *dāu-). Si può dunque proporre per il toponimo in esame una forma originaria *Dāverion.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 136; X. Delamarre (2012): 134.

Delèbio
po.
SO
Dial. delébi.
Alebium (724), vico qui nominatur Alebio (837), Alebio (870, 897, 1187), Elebio (1016), locus Allebii, terram loci Allebii, in loco de Arebio (1187), de Adelebio (1193), Adelebii et Rovoli (vicinia di; 1203), de Alebio et de Rovole (1204).
Delebio può risalire a un a. NP Allevius (R. Sertoli Salis), oppure al fitonimo ebulum ‘Sambucus ebulus’, con agglutinazione della preposizione del (in Delebio) e al (in Alebio), cfr. il toscano Labbio [Lebbio, Castelfalfi (Montaione, FI)] (S. Pieri, D. Olivieri).
Cfr. invece l’idron. Alebus (Betica), citato da Avieno, il poleon. Alebaece Reiorum Apollinarium (Plinio, N. H., III, 36; anche alaebaece, alebecae, alebece), attuale Riez (Francia), e i NNP di origine celt. Aleba, Alebo, Alebbius, Alebinus, Alebonus, da una base alebo-. Le forme attestate nell’VIII-IX sec. paion proprio rinviare a un a. *Alebion ‘proprietà di *Alebios’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); A. Falileyev (2007), s. v. Alebaece Reiorum Apollinarium.

Derganino
po.
MI
• → Dèrgano.

Dèrgano
po.
Milano
Dial. dèrĝen.
de Dergano (1180), el locho da Dergano (1346).
• Per D. Olivieri potrebbe derivare da una voce gallo-lat. *dervŭlus, dal gall. deruos ‘quercia’ [→ Dèrvio].
Si può anche accostare a un tema gall. *dergo- ‘rosso’, ravvisabile forse nel NP Andergus, da confrontarsi con l’a. irl. derg ‘rosso’, però «senza correlati in brittonico».
G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 125; X. Delamarre (2008): 140-1, 139.

Dèrvio
po.
LC
Dial derf.
Derve (814), Deuria (841), de Dervi (905), plebe Dervio, in Dervi (sec. XII-XIII), consiliariis et hominibus Dervii (1389).
•• D. Olivieri lo associa al gall. *deru̯a ‘quercia’ (deriverebbe dal tema dervo- secondo G. B. Pellegrini).
S’è anche ipotizzato possa dipendere da un prelat. *derva ‘argilla, terra argillosa’ (FEW III, 50).
X. Delamarre ricostruisce un *Deruiā ‘(la/le) proprietà di *Dervos’, oppure ‘il querceto’. Cfr. i NNP attestati «Dervius, Derva, Derus, Derro (*Deruo-)», dal tema deruo- ‘quercia’.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 125; X. Delamarre (2008): 140-1; X. Delamarre (2012): 135.

Dorno
po.
PV
Forse corrisponde alla mutatio Duriis dell’Itin. Hierosolymitanum, collocata tra Laumellum (Lomello) e Ticinum (Pavia).
mutatio Duriis (nom. Duriae), da leggersi Durnii(s) (Itin. Hierosolymitanum, 557); de Durni, de Durne (1174, 1183), de Durno (1182, 1183), Potestaria Durne (1383).
•• Da un gall. *Durnon ‘proprietà di Durnos (= Il Pugno)’, piuttosto che da un *Durnos col valore descrittivo di (‘pugno’ >) ‘sperone’ o simile. Cfr. l’a. irl. dorn, l'a. br. durn ‘pugno’e toponimi quali *Durnon > Le Dourn (Tarn) e Durno-magus ‘mercato di Durnos’ > Dormagen (Germania).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 109; G. B. Pellegrini (1990b): 120; J. Lacroix (2003): 120-1; X. Delamarre (2008): 155; X. Delamarre (2012): 145.

Dubino
po.
SO
Dublinum (835), Dubini (1102), de Dubino (1148), curtem de Dubino (1185, 1193), de Debino (1193?).
•• Secondo C. Salvioni e D. Olivieri, può essere un composto di ad e *objino < *oblino < *opulinum, dal fitonimo opulum ‘oppio’. R. Sertoli Salis invece, sulla base della forma attestata nell’835, ipotizza possa avere la stessa origine del poleon. Dublino, dall’irl. dubh-linn ‘stagno nero’.
L’irl. Dublino va ricondotto ad un a. composto celt. *dubu-lindon, da dubus, dubis ‘nero’ e *lindon ‘liquido’ > ‘bevanda’ e ‘stagno’ (X. Delamarre). Forse si può ritenere la forma Dublinum derivata da un NP gall. come Dubila o simile; cfr. anche l’idron. *Dubulā > Deule, Déoule (Francia). Ma si può anche pensare che, se originario, Dubinum > Dubino corrisponda a un «toponimo personale» *Dubinon, da *Dubīnus, *Dubinos (< base dubo-, dubi-); cfr. i NNP gall. Dubius, Dubia.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 152, 202; X. Delamarre (2012): 142.

Duno
po.
VA
•• Per C. Marcato dall’«antica voce dunum, dūnon ‘piccola collina, altura’ di origine gallica» (FEW III, 180-1; D. Olivieri).
Si tratta del gall. latz. dūnum ‘fortezza’, ‘collina’, dal gall. (e celtico comune) *dūnon ‘cittadella, forte’ > ‘monte, collina’ (cfr. l’a. irl. dún ‘fortezza’) — quindi, secondo X. Delamarre, un toponimo originario *Dūnon ‘il monte, il forte’.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2008): 154-5.

Duno
po.
Arconate, MI (?)
Corrisponde probabilmente a Induno (Robecchetto con Induno, MI).
in loco Duno (?).
•• G. B. Pellegrini riporta un’attestazione «in loco Duno in pieve di Duirago, com. di Arconate, Milano», che viene ripresa da C. Marcato come «l’attestazione medievale “in loco Duno” presso la pieve di Duirago (Arconate, Va)».
Duirago pare una svista per Dairago, centro che fino al 1958 ha fatto parte del comune di Arconate. È verosimile che in loco Duno si riferisca all’attuale Induno (Robecchetto con Induno, MI), poiché la pieve di Dairago nel 1346 comprendeva diciotto “luoghi” (nel 1751 contava 25 comuni), tra cui – oltre a «el locho de Dayrago» – proprio «el locho da Induno», ma nessun Duno. → Duno (VA).
C. Marcato (1990), s. v. Induno Olona; G. B. Pellegrini (1987): 114; G. B. Pellegrini (1990b): 127; "http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/8010903/"; X. Delamarre (2012): 144.

Gabellus
io.
Emilia, Lombardia
Nome antico del Secchia [da Secula (III sec. d.C.), Sicla (781), Secla (787), dalla radice ie. *sec- ‘tagliare’].
Gabellum (Plinio, N. H., III, 118).
•• Idronimo antico, per C. Marcato «da assegnare ai liguri e riconducibile alla base preromana *gaba / *gava ‘torrentello di montagna’» (con il tipico suff. ligure -ello-, secondo R. Chevallier).
Di diverso parere invece F. Violi e B. A. Terracini: per il primo Secula «potrebbe essere un calco di Gabellus», voce di origine celt. significante ‘forca, arco’; per il secondo, Gabellus «sarebbe la traduzione celtica del ligure Secula».
Anche A. Falileyev ritiene Gabellus d’origine celt., da un gabalo- (forse in una variante *gabelo-), da ritenersi una forma latinizzata del gall. *gablo- ‘forca’. Vd. Gavello (RO; Mirandola, MO; Bondeno, FE).
Diversamente, X. Delamarre riconosce in *Gabellos un possibile idronimo-teonimo celt. *Gab-elo-s, costituito dalla base gab- ‘prendere’ e da un suff. d’agente -(e)lo-.
C. Marcato (1990), s. vv. Sècchia, Gavello; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 184; R. Chevallier (1988): 176-7; G. B. Pellegrini (1987): 161; A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2008): 172; X. Delamarre (2012): 153.

Galliano
po.
Cantù, CO
Matronis Braecorium Gallianatium (CIL, V, 5671 – Pais 847).
•• Galliano probabilmente riflette un antico *Gallianum, nome di vicus deducibile da quello dei suoi vicani, i Braecores Gallianates, che compare nell’iscrizione di un’ara dedicata alle loro Matronae.
A. Falileyev ritiene Gallianates nome «latino, basato su galli», voce che potrebbe corrispondere all’etn. Galli, scritto infatti dallo studioso sia con l’iniziale minuscola sia con la maiuscola, forse dipendente da gallo- ‘potere, potente’ (< *galno-, dall’ie. *gelH- ‘acquisire potere su’).
Galliano potrebbe anche derivare da Gallius, NP d’origine celt. (dalla base galo-, gallo-) riportato da X. Delamarre, o gentilizio romano (dal NP lat. Gallus). Cfr. fund(um) Gallianum nella Tabula Alimentaria di Veleia (2, 59), che X. Delamarre interpreta come un *Galliānon ‘proprietà di *Gallios’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 194; A. Falileyev (2007), s. vv. Gallianates, gallo-; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 154.

Gandóvera
io.
CO
Anche Gandovere.
•• Vittorio Bertoldi ha ricostruito un *Gando-berā ‘portatore di ciottoli’, costituito di ganda ‘pietra’ (ritenuto preie.) + -bera < ie. *bhĕr- ‘portare’.
Secondo X. Delamarre Gandóvera va invece interpretato come ‘porta-vasellame’, dal celt. *gando- ‘recipiente’; cfr. l’idron. a. Porcobera, attuale Polcèvera (GE).
G. B. Pellegrini (1990b): 100; A. Costanzo Garancini (1975): 81; X. Delamarre (2012): 155.

Gaverina Terme
po.
BG
in loco et fundo Caverina (1138).
•• Forse dal prelat. *gava / *gaba ‘torrente’ (o simili), oppure dal NP lat. Gaberius (D. Olivieri).
X. Delamarre menziona tra gli antroponimi d’origine gallica il personale Gaberia documentato da un’iscrizione di Narbona. Gaberius potrebbe derivare dalla base gab- ‘prendere’ di Gabia, Gabianus, o, con epentesi di -e-, da Gabrius, *Gabrios < gabro- ‘capra, capriolo’ (da cui anche i NNP Gabra, Gabro, Gabrus, Gabella).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 172-3; X. Delamarre (2012): 153.

Gorzone
po.
Darfo Boario Terme, BS
• Per G. B. Pellegrini deriverebbe dal gall. *gortia < gortus ‘canale’.
Secondo X. Delamarre, si riconduce invece a una forma *gortione, dal gall. *gorti̯ā ‘siepe’ < ‘recinto’. Cfr. l’idron. Gorto, Canale di (UD).
G. B. Pellegrini (1987): 178; J. Lacroix (2003): 142-3; X. Delamarre (2008): 182.

Gravedona
po.
CO
Gravadona (931), Grabadona (1194, 1335).
• Si può ricondurre a gravatona, accrescitivo di *gravata, dal prelat. grava ‘area ghiaiosa’, ‘cono detritico’ (o simili) (D. Olivieri).
Alla base vi è un lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’ (lat. medievale grava), dal gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ < *grou̯ā; secondo E. Campanile però *grava sarebbe una voce preie. e per O. Bloch e W. von Wartburg non sarebbe celtica.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 183; P.-Y. Lambert (1994): 195; Delamarre (2008): 183.

Gravellona Lomellina
po.
PV
Gravalona (969), curtem de Gravalona (1014), de Gravalona (1129), Gravalona (1250).
• Dal prelat. grava ‘greto alluvionale’, ‘area ghiaiosa’, attraverso *gravella o *gravale (D. Olivieri).
Gravedona.
C. Marcato (1990).

Grevo
po.
Cedegolo, BS
Dial. gréf.
Viene identificato con il Grebia di un’epigrafe camuna.
Vicani Grebiae (iscrizione da Cividate Camuno, CIL V, 4962).
•• «Difficilmente celtico», secondo A. Falileyev. Per X. Delamarre continuerebbe un “prototipo” *Grebiā, «probabilmente celtico».
A. Falileyev (2007); X. Delamarre (2012): 161.

Induno
po.
Robecchetto con Induno, MI
el locho da Induno (1346).
• Probabilmente dal gall. latz. dūnum. Vd. Duno (VA) e Duno (Arconate, MI?).
G. B. Pellegrini (1987): 114; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 127.

Induno Olona
po.
VA
de loco Induno (1003, 1062, 1066).
• Probabilmente dal gall. latz. dūnum. Vd. Induno (Robecchetto con Induno, MI).
Per la specificazione → Olona.
G. B. Pellegrini (1987): 114; C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 127.

Insubria
co.

Inveruno
po.
MI
loco Euruno (922), da Euruno (1064), Everuno (1097), de Euuruno, de Euruno (1144), de Ivruno (1154), el locho da Inveruno (1346).
•• Per G. B. Pellegrini, così come Veruno (NO), risale a un composto gallo-lat. Eburo-dūnum ‘fortezza del tasso (pianta)’, dal gall. eburos ‘tasso’; analogamente, X. Delamarre propone un Eburo-dūnon ‘forte dei tassi’, o ‘del Tasso’ o anche ‘di Eburos’. Cfr. Duno (VA) e i toponimi Yverdon (Svizzera) ed Embrun (Htes-Alpes), da Eburo-dūnum.
C. Marcato riporta invece un etimo *eburunum, da *eburos ‘tasso’ + un suff. -unum [forse da un gall. *-uno-, suff. diminutivo per J. Degavre] e con -n- epentetica («come in Invreia, per Ivrea»).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 115; G. B. Pellegrini (1990b): 127; J. Degavre (1998): 456; J. Lacroix (2003): 78, 103; J. Lacroix (2007): 28-32; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 159; X. Delamarre (2012): 148.

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