Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







venerdì 5 novembre 2010

Toponimi del Friuli Venezia Giulia di possibile origine celtica (A - E)


Ambiesta
io.
Cavazzo Carnico, UD
Friul. Ambiéste.
• C. C. Desinan lo collega, assieme ad Ambis (Forni Avoltri, UD), al tardo-gallico ambe ‘rivo’ citato nel Glossario di Vienna . Potrebbe però anche dipendere dal gall. ambi- ‘intorno, sui due lati’ (o ambio- ‘recinto’).
G. A. Pirona (1988): 1464; C. C. Desinan (2001): 43; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 41-2.

Artegna
po.
UD
in Artenia castro (Paolo Diacono, IV, 37); Arthenea (1000 c.a), Retenia (1015).
•• Dal latino Artenia, attestato da Paolo Diacono. Secondo C. C. Desinan deriverebbe da un NP celt. costituito dalla base art- ‘orso’ + un suff. -en- (un originario «appellativo onorifico» dal significato di ‘uomo forte come un orso’, ‘eroe’, divenuto antroponimo), cui s’è aggiunta una terminazione -ea.
A. Falileyev ritiene Artenia «probabilmente non celtico», e raffrontabile con un omonimo Artenia d’Asia Minore, ma suggerisce pure il confronto con «i nomi celtici in arto-» [tra gli altri, Artus, Artemia, Artima, Artinus, Αρτεινος (Arteinos) (galato), Artona, Artonacus/Artenacus, dal celt. *artos ‘orso’ < ie. *h2r̥tk̂os].
Artegna potrebbe infatti dipendere da un «toponimo personale» *Artiniā ‘possedimenti di *Artinios’ o ‘di Artinos’.
C. Marcato riporta altre due proposte etimologiche: il personale lat. Artenius / Artemius, e – «però non è giustificato dalla posizione geografica della località» – il lat. ar(c)tus ‘stretto’. Da escludersi poi la possibilità, richiamata dalla stessa studiosa, di accostamento ai toponimi Arta Terme (UD), Artena (Roma) e Artèn (Feltre, BL), in quanto il primo dipende probabilmente dal lat. ar(c)tus[1], il secondo è di probabile origine etrusca, il terzo apparterrebbe, secondo G. B. Pellegrini, ad un «filone retico o etruscoide».
C. Marcato (1990), s. vv. Artegna, Arta Terme; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 43; A. Falileyev (2007); J. Lacroix (2007): 115; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 55-6; X. Delamarre (2012): 62; G. B. Pellegrini (1987): 54.

Àttimis
po.
UD
ad locum qui dicitur Attens (o Attems?) (1106), Wodolricus de Aten (1134), Odoricus de Attemis (1258).
• Secondo G. B. Pellegrini e G. Frau, Attimis è un toponimo presumibilmente di «origine preromana», formato forse dalla «particella gallica» at-, ati- ‘al di là, oltre, sopra’ e una base *tim-, *tem- ‘acqua’ o simili; secondo C. C. Desinan, significherebbe ‘oltre le pozze’: l’abitato è sorto sul torrente Malina, che in passato tendeva a impaludarsi.
La radice *tim-, *tem- risulta alla base anche dell’idron. Timavo, che però F. Crevatin fa derivare dall’ie. *tem(ə)- ‘oscuro’.
Riguardo invece all’origine del poleon. Attimis, si deve partire dal prefisso gall. ate-, at-, «esprimente la ripetizione [‘ri-’] o l’intensità [‘molto’]», o ad- ‘verso’ e, con gli aggettivi, ‘molto’ (valore intensivo). Aggiungendo poi radicali o temi plausibili, si arriva a ricostruire forme iniziali quali *at-tem-es-, *ad-tem-es- ‘molto scuro’, *ad-tēno-/*ad-tēnes- (< celt. *tēno- ‘calore, fervore’ e ‘fuoco’; cfr. il NP At-tienus < *ad-tēno-), o anche *ad-tēmmo- (< *tēmmo- < *tēsmo- <*te(p)esmo- ‘caldo’, dalla radice ie. *tep- ‘calore’).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 48; F. Crevatin (1991): 69-70; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 31, 57, 293-4.

Avesica
po.
TS
Stazione stradale romana presso Trieste; va localizzata, secondo L. Bosio, nell’odierna Zolla (Monrupino, TS) – precedentemente era stata identificata con Prosecco e Basovizza.
Avesica (Itinerarium Antonini, 273, 2).
• Dal lat. Avesĭca, per F. Crevatin «probabilmente di origine celtica»; cfr. i toponimi *Avesiācus (de Avesiaco nel 1100) > Avezé (Sarthe) e Avesa (643) > Avoise (Sarthe), e forse anche Àvesa (Verona) e l’idron. Avìsio, TN.
L. Bosio (1991): 220-1; F. Crevatin (1991): 63; G. B. Pellegrini (1987): 223-4; A. Holder (1961-1962); A. Dauzat (1978).

Barazzetto
po.
Coseano, UD
Toponimo comune.
Friul. Barazzêt.
• Secondo G. Frau è un «collettivo in -etu da baràz “rovo... in genere ogni pianta spinosa” (N. Pirona, p. 37), dal gall. *barros» [«In generale chiamasi Baràz ogni pianta selvatica spinosa», G. A. Pirona (1988): 37].
La voce gall. barros ‘testa’, stando a X. Delamarre, nei toponimi doveva avere il valore di ‘altura’ o ‘cima, sommità’, come nelle lingue celtiche insulari: a. irl. barr ‘sommità, cima, punta (della lingua), estremità (delle dita)’; cimr., corn. bar ‘sommità’; cfr. i toponimi Bar (Ardennes), Bar-le-Duc (Meuse), Bar-sur-Aube (Aube), Bar-sur-Seine (Aube) e altri ancora.
Sembra logico quindi vada rintracciata solo nei nomi di luoghi ove compaiono (o comparivano nel passato) alture. Pertanto pare più verosimile che Barazzetto di Coseano derivi il suo nome da una voce come il prelat. *bar ‘cespuglio’, ‘sterpeto’, ‘rovo, spino’, e *barros ‘sterpeto’, che D. Olivieri ha suggerito per diversi toponimi (vd. Barolo, CN); non escludendo tuttavia la possibilità che il gall. *barros fosse passato a significare anche ‘ciuffo, estremità cespugliosa’, come si potrebbe supporre sulla base del Romanisches Etymologisches Wörterbuch (REW 964) e, tra gli altri, di G. B. Pellegrini [(1987): 184].
G. A. Pirona (1988): 1465; G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 68; P.-Y. Lambert (1994): 188; J. Vendryes (1959-), s. v. barr; M. Cortelazzo, C. Marcato (2005): s. v. bār; J. Lacroix (2005): 118.

Bedasio
io.
Brugnera, PN
•• Secondo C. C. Desinan da bedo ‘fosso’ [gall. bedo- ‘fossa, canale, gora, ruscello’], con suff. -asio («ben attestato»), che però è di tipo prediale.
Sono tuttavia documentati i NNP d’origine celt. Bedasius, Bedasia, Bedarus, probabilmente non connessi con bedo- (forse derivati dall’ie. *bheidh- ‘persuadere’). Può darsi che Bedasio rifletta un *Bedasion ‘proprietà di *Bedasios’.
C. C. Desinan (2001): 43; J. Lacroix (2005): 23; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 70; X. Delamarre (2012): 73.

Beligna
Aquileia, UD
«Vasta pianura a sud di Aquileia» e «porta delle mura medievali» [Pellegrini (1990b): 124].
de Belinia (1155 e 1186), iuxta portam Beligna (XIII sec.).
•• Dal nome del dio gallico Belenos, Belenus, Belinus, o dal NP Belinus, derivati dal tema gall. belo-, bello- ‘forte, potente’ — per X. Delamarre si tratterebbe di un a. *Beliniā ‘possedimenti di Belinos’.
A parere di J. B. Trumper, M. T. Vigolo, dal «nome divino» *Belēnio-, connesso con il nome della ‘donnola’ o quello del ‘lupo’, derivati dall’ie. *bʰel-; cfr. il cimr. bele, belau [bele, bela, belau ‘martora’, medio cimr. beleu]. Secondo Delamarre però, il nome del ‘lupo’, celt. *bledios (cimr. blaidd), non avrebbe alcuna etimologia ie. sicura.
G. B. Pellegrini (1987): 112; G. B. Pellegrini (1990b): 124-5; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; J. Lacroix (2005): 138-43; X. Delamarre (2007); Delamarre (2008): 71-2; X. Delamarre (2012): 74.

Belloio
po.
Tricesimo, UD
Mansio romana presso Tricesimo.
viam Belloio (viam Bellono, viam Beleio, viam Beloio) (Itinerarium Antonini, 276, 2).
• Secondo C. C. Desinan Belloio è composto di belo ‘chiaro, limpido, luminoso’ + -ialos ‘radura’ [-ialon ‘luogo dissodato, radura’, poi ‘luogo, villaggio’, nel gallico tardo; vd. Vendoglio]. Per X. Delamarre il gall. belo-, bello- significa invece ‘forte, potente’.
La mansio viam Belloio è interpretata da L. Bosio come «stazione stradale sulla viam Belloio»; probabilmente ne è rimasto un ricordo nel nome di una «modesta altura» posta sopra Tricesimo: Borgobello, Borgobel in friulano, ove -bel non significa ‘bello’ (vi corrisponde infatti biel in friulano), ma può derivare dal radicale bel- del teon. Belenus, individuabile appunto anche in Belloio. Cfr. altresì i NNP d'origine gall. Bellos, Bellus, Bel(l)ona.
C. C. Desinan (2001): 43; L. Bosio (1991): 159-63; A. Holder (1961-1962), I: 397; G. A. Pirona (1988): 1466; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 71-2, 185.

Bèrgum
po.
Remanzacco, UD
Casali Bèrgum. Friul. Bèrgum, Bèrgun.
Bergum viene confrontato da C. C. Desinan con Bèrgimos, nome di divinità gallica. È attestato il teon. Bergimus, da berg(o)- ‘monte’ < ie. *bʰerĝʰ- ‘alto, eminente’. Vd. Bergamo.
G. A. Pirona (1988): 1465; C. C. Desinan (2001): 43; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 73.

Borbinta
io.
Arta Terme, UD
•• Secondo C. C. Desinan, va connesso con Borvon; «è stato reinterpretato sulle base della voce latina fervente».
Può forse ricondursi al gall. boruo-, bormo- ‘sorgente calda’, dalla radice ie. *bhĕr-, *bhŏr- ‘gorgogliare, ribollire’; cfr. gli idronimi Bourbince, fluvio Burbuntio nell’890, e Bourbonne, Borbontia nell’855, fluvium Borbuntia nel 906 (Saône-et-Loire), da una possibile forma a. *Boruontiā.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 82-3; X. Delamarre (2012): 84.

Bressa
po.
UD
in Bressa (1275).
• Probabilmente da accostare a Brescia, quindi di origine celtica. Secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, deriverebbe da *brĭg-sa.
G. Frau (1978); J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2008): 87.

Brio
po.?
Alesso, Trasaghis, UD
• Per C. C. Desinan forse da brio, briva ‘guado’, ‘ponte’ [gall. brīva ‘ponte’, brio nel Glossario di Vienna].
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 89.

Bróili
po.
Friuli
•• Broili risulta «toponimo comune» in Friuli. Si tratta del friulano bróili ‘brolo, verziere, poderetto annesso alla casa’, che, come l’italiano brolo ‘orto, frutteto’, deriva dal gall. *brogilos ‘piccolo bosco recintato’, diminutivo di *brogi- ‘territorio, regione, frontiera, marca’ (< *mrogi-).
G. Frau (1978); G. A. Pirona (1988): 76; G. B. Pellegrini (1987): 120; G. B. Pellegrini (1995): 267; P.-Y. Lambert (1994): 190; X. Delamarre (2008): 91; X. Delamarre (2012): 91.

Budoia
po.
PN
Budoia (1299), in territorio di Bodolja (1337).
• Dal lat. betŭllĕa ‘betulla’ < ie. *gʷet-w- [‘resina’], dal gall. betua, betulla.
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1995): 277; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2008): 74.

Buttrio
po.
UD
Localmente bùri.
Butrium (1000 c.a), villa Budriach (1140), de Budrio (1188).
•• Secondo G. Frau, può esser connesso a un termine preromano significante ‘burrone, voragine’, il quale, a parere di C. Marcato, potrebbe anche venir a coincidere con il «greco-latino» bothros (con lo stesso significato di ‘burrone, voragine’).
X. Delamarre presuppone una forma antica *Butrion ‘il fossato’, oppure ‘proprietà di *Butrios’ (‘di *Butturios’?).
Vd. Bùdrio (BO; Correggio, RE; Longiano, FC; Casola Valsenio, FC; Cotignola, RA) e Butrium (RA).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); X. Delamarre (2012): 94.

Candàglia
oo.
Polcenigo, PN
• Per C. C. Desinan Candaglia deriva da cando ‘bianco’. Probabilmente connesso ai NNP d’origine celt. Candala, Candalio, Candius, Candia, Candialla, tutti dalla radice cand- ‘brillante’ (> cann-), cfr. l’a. br. cann ‘bianco, brillante’.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); A. Holder (1961-1962), s. v. Candalicae.

Càrnia
co.
UD
Κάρνοι (Kárnoi) (Strabone, IV, 6, 9; V, 1, 8), Carnorum (Tito Livio, XLIII, 5, 3), Carni (Plinio, N. H., III, 38); de monte in Carnia (762).
• Dall’etn. lat. Carnius, da cui deriva al coron. il significato di ‘Paese abitato dai Carni’. L’etnico può esser connesso con una radice preromana *kar- [‘roccia, pietra’] «usata, con suffissi varii, ad indicare ‘luoghi rocciosi o sassosi’» (G. Frau), tra cui il Carso.
S’è anche proposta un’origine celtica: per P. Anreiter, da un tema *kar-no-, con base *(s)kar-n-, da *(s)kar- ‘ruvido, duro’ – l’etn. Carni significherebbe quindi ‘i duri’ –; secondo A. Falileyev (per il quale però è possibile «che il nome sia attribuibile ad un altro gruppo linguistico»), da un tema carno- ‘picco, tumulo, cairn’ (il cui etimo ie. non è sicuro), cfr. l’a. irl. e il cimr. carn ‘mucchio di pietre’; oppure, stando a X. Delamarre, dal gall. *carnon ‘corno’, da cui il valore de ‘i Cornuti’ o ‘quelli dal corno’: forse, secondo un’ipotesi di J. Lacroix, i capi guerrieri dei Carni portavano sul casco delle corna come «ornamento distintivo».
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); A. Falileyev (2007), s. vv. Carni, Carnuntum; X. Delamarre (2008): 105-6; J. Lacroix (2003): 65.

Chialminis
po.
Nimis, UD
Friul. Cialminis.
de villa Calmines (1170), de Calminis (1282).
• Per G. Frau è un probabile «diminutivo in -inu della voce gallica (?) *calmis ‘campo non coltivato’ o ‘cima pietrosa di monte’» (‘luogo non coltivato’, secondo C. C. Desinan). Calmis, attestato nel latino medievale (varianti calmen, calma, calmus, calmas) col valore di ‘altura pianeggiante denudata, landa’, è ritenuto in genere prelatino (cfr. il ligure carmo) se non preceltico; d’altra parte, risulta privo di riscontri nel celtico.
Chialminis però potrebbe trarre origine da un *Calminius – ipotesi di M.-T. Morlet per il francese Chaumigny (Nièvre) – o Calminus, NP di origine celtica, da un tema *calm-ino-, derivato (assieme a Calma, Calmenus, Calmius, Calmeius) da una base gall. calm(i)- confrontabile con l’a. irl. calma ‘forte, valoroso’ e il cimr. celfydd ‘abile’ (brittonico *kalmíyo-).
G. A. Pirona (1988): 1467; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 44; J. F. Niermayer (1993); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 191; G. Petracco Sicardi (1990), s. v. Carmo; M. Alinei (1984): 143-52; M.-T. Morlet (1985): 48; X. Delamarre (2007).

Chialminis
po.
Pagnacco, UD
• → Chialminis (Nimis, UD).
C. C. Desinan (2001): 44.

Chiarmacis
po.
Teôr, UD
Friul. Ciarmacis.
in villa de Charmacis (1276).
• Secondo G. Frau, deriverebbe da calmis ‘campo non coltivato’ o ‘cima pietrosa di monte’, «con suffisso -aciu e -l- passato a -r-». Vd. tuttavia quanto indicato per Chialminis (Nimis, UD).
G. A. Pirona (1988): 1468; C. C. Desinan (2001): 44; G. Frau (1978).

Cjandóis
po.?
Arta Terme, UD
• Secondo C. C. Desinan, Cjandois deriva da cando [base cand(i)-] ‘bianco’ + -ialos ‘radura’ [-ialon ‘luogo dissodato, radura’, poi ‘luogo, villaggio’, nel gallico tardo].
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 185.

Colmalìsio
Moruzzo, UD
Friul. Cuèl Malîs.
• Per C. C. Desinan Colmalisio si configura come una formazione tautologica, con -malisio dalla base mal- (che «non è esclusiva del gallico»), parallela a mel- (mello ‘altura’; vd. Miélis).
È documentato un NP d’origine celt. Malisius (assieme a Malicco, Mallus, Mallius, Malla, Malusia e altri), da malu-, malo-, mallo- (‘alto’?) — A. Falileyev ipotizza un celt. malo- ‘che si eleva, prominente’ (< ie. *melh3- ‘venir fuori’), da cfr. con il medio irl. mell ‘blocco, massa, mucchio’.
G. A. Pirona (1988): 1473; C. C. Desinan (2001): 46; X. Delamarre (2007); A. Falileyev (2007), s. v. malo-.

Còlvera
io.
Maniago, PN
«Torrente e villaggio distrutto». Friul. Còlvare.
molendinum in flumine quod dicitur Colvera (1103).
• «Di significato oscuro», secondo G. Frau. Per C. C. Desinan da còmboro ‘confluenza’ [gall. *comberos], con «lambdacismo» (il torrente ha due rami confluenti).
La voce *com-beros significa ‘diga di fiume’ e ‘confluenza’, con -bero- (-beru-) < ie. *bhĕr- ‘gorgogliare, ribollire’. → io. Comberanea (GE).
G. A. Pirona (1988): 1471; G. Frau (1978); C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 122.

Cormòns
po.
GO
Cormones (Paolo Diacono, IV, 37), Carmonis ruralia (791), subtus Cromonis (963), Carmonum (1000 c.a), de Cormons (1084).
• Secondo G. Frau deriva forse da un etn. Cormones «collegato con la voce gallica carmo, -one ‘donnola’ o simile, preso come animate totemico».
X. Delamarre ipotizza un tema gall. *carmon- ‘donnola, ermellino’ (da cui il retoromanzo karmún ‘donnola’), che però non ha riscontri nel celtico insulare. Dipenderebbe dall’ie. ker-, k̂er-, *k̂or-men- ‘donnola’, basi che, secondo J. B. Trumper, M. T. Vigolo, indicano al tempo stesso il colore ‘grigio’ e alcuni mustelidi (‘mustelide’ = ‘il grigio’, per tabuizzazione).
Cfr. i NNP Carmo, Carmanos e il toponimo Carmona (Betica).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); G. B. Pellegrini (1990b): 302; G. B. Pellegrini (1992): 398; J. Pokorny (2005): 573; J. B. Trumper, M. T. Vigolo (1998): 224; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 105;

Cuièstris
oo.
Segnacco, Tarcento, UD
Colle.
• Per C. C. Desinan Cuiestris potrebbe derivare da Cogèstilo, NP di un regolo dei Carni documentato in una moneta (con rotacismo l > r, per evitare l’«ostico nesso consonantico» -stl-). Sono attestati anche i NNP Cocestlus (moneta boica) e Congeistlus (Norico), dal gall. congestlos ‘pegno reciproco, ostaggio’ < con- + gestlos ‘ostaggio’.
C. C. Desinan (2001): 49; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 124.

Dòbia
po.
Valvasone, PN
•• Dobia potrebbe esser connesso con il gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’ (vd. Dòbis, Buia, UD), più che non riflettere lo sloveno dobja ‘querceto’, da cui, secondo G. Frau, deriva Dòbbia di Staranzano, TS. Si può ipotizzare dunque, con X. Delamarre, un a. Dubiā ‘possedimenti di *Dubios’.
G. A. Pirona (1988): 1474; G. Frau (1978): 57; X. Delamarre (2008): 152; X. Delamarre (2012): 142.

Dòbis
oo.
Tolmezzo, UD
Monte della Carnia.
• → Dòbis.
G. A. Pirona (1988): 1474.

Dòbis
po.
Buia, UD
Dobis va accostato probabilmente al gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’, da cui derivano gli idronimi a. Dubis (oggi Doubs) e *Dubīna (> attuali Dheune, Douyne, La Dhuine) e, fra gli antroponimi, Dubius, Dubia, Dobunnus (vd. anche Duìna).
G. A. Pirona (1988): 1474; C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 152.

Drogna
po.
Forni di Sotto, UD
•• Per C. C. Desinan da rapportare al gall. dru, dervo [dru-, deruo-] ‘quercia’.
Può forse riflettere invece un neutro plurale *Droniā, *Druniā ‘possedimenti di Dronius o *Drunios’; cfr. i NNP Dronius (*Drunius), Glan(o)-dronus, Glan(o)-druna, e gli idronimi antichi Druna > Drôme, Dronne, Droune (Francia), Traun (Baviera), Traun (Austria), tutti dal tema gall. druno- > drono- ‘vigoroso, rapido’. Da non escludere del tutto, inoltre, una connessione con l’a. irl. dron ‘fermo, solido, vigoroso’, dalla radice *dreu̯(H)- ‘solido, fermo’.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 140-1, 149-50; X. Delamarre (2012): 142.

Drugna
po.
Erto, PN
•• C. C. Desinan lo collega al gall. dru, dervo [dru-, deruo-] ‘quercia’.
Richiama piuttosto una forma *Druniā, accostabile ai NNP *Drunios, *Drunius, Dronius, per i quali vd. Drogna.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 140-1; X. Delamarre (2012): 142.

Dubies
po.
Forni di Sopra, UD
• Forse in relazione con il gall. dubus, dubis, dob- ‘nero’; vd. Dòbis.
C. C. Desinan (2001): 44; X. Delamarre (2008): 152.

Duìna
po.
UD
Presso il M. Canìn, UD
•• Duina pare richiamare l’idron. a. *Dubīna, da cui discendono, tra gli altri, gli idronimi francesi Dheune (Duina nell’873, Côte-d’Or) e La Dhuine (Isère), formati sulla base gall. dubi- ‘nero (cfr. Dòbis e i NNP Dubius, Dubia). Da non escludersi però possa rappresentare un lat. *tubīna, variante femminile di quel *tubīnu, diminutivo di tuba ‘condotto naturale o artificiale delle acque (terrestri e sotterranee)’, cui risale, secondo F. Crevatin, il poleon. Duìno (TS).
C. Marcato (1990), s. v. Duìno - Aurisina; G. Frau (1978), s. v. Duìno; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 152; X. Delamarre (2012): 142.

Enemonzo
po.
UD
Dial. enemònč, denemònč.
Enemum (1000 c.a), de Anemoncio (1255), Nimons de Carnea (1293).
• Secondo G. Frau, da un NP di origine germ. Aunemundus oppure da un lat. *in montes (ipotesi meno probabile viste le attestazioni medievali). Per C. Marcato si tratterebbe invece di un ibrido gallo-lat., composto della preposizione gall. enĭ [eni ‘in’] e del lat. collettivo montium (< mons) [cfr. il lat. Septimontium] e significante ‘tra i monti’, da cfr. con il nome della «non lontana località nominata Esemòn», ‘oltre i monti’, da es(e) + montium (→ Esemòn di Sopra).
C. Marcato (1990); G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 162, 168.

Esemòn di Sopra
po.
Raveo, UD
de Desamon (1295), illo de Desemon (1314), villa de Asmon (1422).
• Per G. Frau da un NP di origine germ. Ansmund, Ansimund. C. Marcato però ipotizza un composto ibrido es(e) + montium con il valore di ‘oltre i monti’, dalla preposizione gall. es(e) + il lat. collettivo montium (→ Enemonzo).
Es- in effetti è una forma ridotta di ex-, exs-, significante però ‘senza, fuori di’.
C. Marcato (1990), s. v. Enemonzo; G. Frau (1978); X. Delamarre (2008): 168.

Esemòn di Sotto
po.
Enemonzo, UD
• → Esemòn di Sopra.


[1] C. C. Desinan [(2001): 43] registra i seguenti toponimi friulani come derivati «verosimilmente» dal celt. «art ‘pietra’»: Artugna (torrente e località; Aviano e Polcenigo, PN), Artena (Cavazzo, UD), Artona (Fresis, Enemonzo, UD), Artàis (monte; Tramonti di Sopra, PN). A dire il vero, non è corretto parlare di una voce celtica art (o base *art-) significante ‘pietra’, poiché è solo nell’antico irlandese che tale termine compare, ed è probabile sia «un antico nome della pietra che i Celti hanno preso in prestito da una popolazione precedente» [cfr. J. Vendryes (1959-): s. v. art (2)]. Inoltre, nell’artuaš dell’iscrizione gallica della stele di Todi, che viene accostato – anche da J. Vendryes [op. cit., s. v. art (2)] – all’a. irl. art, s’è riconosciuto invece l’acc. femminile pl. (ARTUAŠ, da leggersi /arduas/, da una forma *arduans col presumibile significato di ‘le parti alte’) dell’aggettivo gall. arduo- ‘alto’ [X. Delamarre (2008): 52; P.-Y. Lambert (1994): 76]. Per quei quattro toponimi dunque devono esser proposti etimi differenti: 1) dall’aggettivo lat. ar(c)tus ‘stretto’, 2) da antroponimi in Art(o)- < celt. arto- ‘orso’ (specie per Artona, forse = ‘possedimenti di *Artonos’), 3) da NP o gentilizi latini (almeno in parte d’origine celt.) come Artemius, Artenius, Artinius.

2 commenti:

  1. Vorrei integrare l'origine di "Carnia" con alcune osservazioni. A nord della Carnia c'è il Land austriaco della Carinzia (Kärnten, in Tedesco e Koroška, in Sloveno), mentre ad est c'è la regione storica slovena della Carniola (Kranjska in Sloveno e Krain in Sloveno). E' sorprendente che in quest'area, dove trovano contatto i tre pricipali gruppi linguistici europei (Latino, Germanico e Slavo), si trovi la radice comune car-/kr-, a conferma che il termine addirittura possa essere pre-indoeuropeo. Alcune ipotesi parlano del significato di "roccia" di tale radice. Un'idea che personalmente condivido e che ritroviamo anche nel toponimo Carrara, celebre da tempi antichissimi per l'estrazione dei marmi dalle Alpi Apuane.

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  2. Grazie.
    Cfr. anche "Incaroio" in "http://lucio-iuos.blogspot.com/2010/11/toponimi-del-friuli-venezia-giulia-di_04.html" e le ipotesi etimologiche per "Kärnten" in HEIZ DIETER POHL, BIRGIT SCHWANER (2007): Das Buch der österreichischen Namen, Wien, Pichler Verlag, pp. 156-7: dal celt. *karant- ‘roccia, pietra’ o *karantana ‘luogo degli amici’.

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