Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







martedì 5 ottobre 2010

Toponimi attuali della Liguria d’origine preromana


Albenga
po.
SV
Pronuncia locale: arbénga.
Ἀλβίγγαυνόν ἐστι [...] Λίγυες Ἴγγαυνοι (Albíngaunón esti [...] Lígues Íngaunoi) (Strabone, IV, 6, 1), Album Ingaunum (Plinio, N. H., III, 48), Albingaunum (Pomponio Mela, II, 4, 72; Tacito, Hist., II, 15), Albingauno (Itinerarium Antonini, 503, 1; Tabula Peutingeriana, III, 4); in Albingano (IX sec.).
•• Secondo G. Petracco Sicardi Albenga deriva dal lat. Albíngaunum < Album Íngaunum, composto dal ligure *album (<*-om) ‘città capoluogo’ e da Ingaunum, gen. pl. ligure in -um (< *-om) dell’etn. Ingauni. Questo risulta costituito dalla radice *ing- (priva di riscontri in ambito indeuropeo) + il suff. -auno- (che «ricorre in vari etnici dell’area gallo-ligure»).
P. De Bernardo Stempel ha suggerito per Ingauni un etimo celtico: potrebbe riflettere un *Pingamnī ‘quelli tatuati o Picti’. Secondo X. Delamarre, -uno- deriva per lenizione della -m- da una forma originale -mno- o -mh1no-, probabile «suffisso d’agente», presente anche nell’etn. Anauni.
Quanto ad Album, viene ricondotto da A. Falileyev al celtico «albo/ā- ‘bianco’» < ie. *h2elbʰ-. Ma per X. Delamarre in celtico il tema *albo- significa ‘Mondo (più in alto), Cielo’, cfr. il gall. albos, albios, albanos ‘mondo più in alto, cielo’ < ‘bianco’, l’a. celt. Albion, l’a. irl. Albu, Alba ‘Britannia’, l’a. cimr. elbid ‘mondo’.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 33, 54; A. Falileyev (2007), s. vv. Album Ingaunum, Ingauni, albo/ā-; X. Delamarre (2008): 37-8 (alaunos, albos); X. Delamarre (2012): 45.

Àntola, Monte
oo.
GE, AL
• Per G. Petracco Sicardi Antola potrebbe essere «una formazione di aggettivo femminile o neutro plurale *Antula, in origine attributo di silva o loca», costituito dalla «base latina o prelatina *anto-» (cfr. il lat. ante ‘davanti’) + il suff. -ulo, «frequente nell’uso toponimico altomedievale». Può essere accostato ad Anzio e altri toponimi affini, «indicanti promontori».
G. B. Pellegrini suppone però un diminutivo lat. antŭla, da anta ‘stipite’, da cui dipenderebbero Rio Antolina (VB), Àntole (BL) e altri toponimi veneti e settentrionali.
Per una eventuale derivazione dalla base celt. anto- ‘estremità, limite’, vd. Anzo.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 34; G. B. Pellegrini (1990b): 91, 167; X. Delamarre (2008): 49-50.

Anzo
po.
Framura, SP
μέχρι Ἀντίου (méchri Antíou) (Periplo dello Pseudo-Scílace, 4)
•• Dall’antico *Antion, attestato in una sola opera, omonimo del lat. Antium (greco Ántion) > Anzio (Roma), toponimo «di etimologia incerta». Antion, secondo G. Petracco Sicardi, potrebbe essere voce di origine greca (ἄντιος ‘posto di fronte’) o latina, «usata per indicare una posizione eminente, ad esempio un promontorio»; si può inoltre confrontare con i toponimi Ànzola (Bedonia, PR), Anzòla dell’Emilia (BO), Anzòla d’Òssola (VB), Àntola (GE, AL).
A. Falileyev lo riconduce, in via ipotetica, al celt. anto- ‘limite, confine’ – per X. Delamarre anto-, antu-, anti- ‘estremità, limite’ (< ie. *h2ent-), da cui dipenderebbero i NNP d’origine gall. Anteios, Antenus, Antia, Antuleia (a meno che non derivino da una voce *anto- ‘cammino’ < ie. *ponth- / *pn̥th-).
In Anzo si può dunque riconoscere un «toponimo personale» *Antion ‘proprietà di *Antios’.
C. Marcato (1990), s. v. Ànzio; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 34; A. Falileyev (2007), s. vv. Antion, Antunnacum; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 49-50; X. Delamarre (2012): 53.

Armo
po.
IM
Obertus Simundus de Aramo (1275), Almo (XVI sec.).
•• Di origine preromana (cfr. i NNP celt. Aramo e Aramon, in A. Holder) o derivato dal NP germanico Armo (E. Förstemann), riconosciuto da D. Olivieri nei poleon. Armo (Valvestino, BS) e Armio (Veddasca, VA); o ancora, essendo toponimo ligure, potrebbe trattarsi di una varietà maschile di arma ‘grotta’ (cfr. Arma di Taggia, IM).
Per un’origine celt. cfr. i NNP Aramo [teon., attuale poleon. Aramon (Gard), Aramonum nel 1022], Aramus < aramo- ‘calmo, dolce’, e Arimus < ari- ‘davanti, presso’ + -mos.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 51, 52; A. Falileyev (2007), s. v. Aramo; X. Delamarre (2012): 54.

Avegno
po.
GE
ecclesiam de Avegno (1219).
•• Toponimo fondiario asuffissato dal gentilizio lat. Avinius (W. Schulze); ne è derivato, con il suff. -ello, l’etn. locale avéniéi.
Oppure da Avenius < Avenus (M.-T. Morlet), forse variante di Avinius, che può anche essere un NP gallo-lat., da aui- ‘desiderio’. Tutto sommato, Avegno può dipendere da un “prototipo” *Auenion ‘proprietà di *Avenios’.
G. Petracco Sicardi (1990); M.-T. Morlet (1985); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 61; X. Delamarre (2012): 66.

Bévera
io.
Ventimiglia, IM
•• G. Petracco Sicardi lo associa al lat. bibere ‘bere’, vd. Beverino.
Bevera discende invece, probabilmente, dallo zoonimo gall. bebros, bebrus (e *bibro-, secondo P.-Y. Lambert) ‘castoro’, forse attraverso il lat. tardo beber, acc. bebrum > italiano arcaico bévero. Cfr. le voci bièvre (francese antico e dialettale), vibre, fibre (Francia meridionale) ‘castoro’, l’idron. Bièvre < *bebrā (Aisne, Ardennes, ecc.), il poleon. Bièvres (Essonne). Per X. Delamarre infatti, gli idronimi Bevera, Vévera (NO), Bièvre e simili appartengono a un tipo *Bebrā ‘fiume dei castori’.
Le voci italiane arcaiche bìvaro, bìvero possono dipendere dalla variante gall. *bibro- oppure, forse, dall’ antico alto tedesco bibar > tedesco Biber (vd. agli indirizzi web "http://www.etimo.it/?cmd=id&id=2176&md=e5ed565cc419dbadd1146bb3b0319ffb" e "http://books.google.it/books?id=uz8_AAAAcAAJ&pg=PA313&dq=").
G. Petracco Sicardi (1990): s. v. Beverino; G. Rohlfs (1990): 46, 50; J. Lacroix (2005): 164-5; X. Delamarre (2008): 69-70; X. Delamarre (2012): 73; P.-Y. Lambert (1994): 188-9; G. B. Pellegrini (1992): 113, 358, 364; F. Kluge (1989): 82-3.

Bévera
po.
Ventimiglia, IM
in valle Bevera et in loco ubi dicitur Bevera (1096).
• Ricondotto da G. Petracco Sicardi al lat. bibere ‘bere’, «con riferimento a località ove si abbeveravano le greggi o ricche di acqua sorgiva». Cfr. però l’idron. Bévera.
G. Petracco Sicardi (1990): s. v. Beverino.

Beverino
po.
SP
Dial. beveìn.
Bevelino (1296), Bovelino (1298), Beverino (1303).
• Secondo G. Petracco Sicardi, riflette un *bibulinum, aggettivo sostantivato formato con il suff. -ino da *bibula, riconducibile al lat. bibere ‘bere’, «con riferimento a località ove si abbeveravano le greggi o ricche di acqua sorgiva»; cfr. i toponimi Bibola (Aulla, MS), Beverone (Rocchetta di Vara, SP), Bévera, io. e po. (Ventimiglia, IM).
Si vedano però, oltre all’idron. Bévera, i NNP di origine celt. Bibo-rix, Bibulena, Bibulenus (bibu- + lēno- ‘bosco, bocage’), Bibulia e Bibulus (assonante con il lat. bibulus ‘bevitore’), dalla base bibo-, bibu-.
M.-T. Morlet riporta un NP lat. Biberius (da bibere piuttosto che biber [lat. beber > bebrīnus ‘di castoro’] ‘castoro’), da cui derivano Bibericius e Biberinius.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 435; M.-T. Morlet (1985); A. Ernout, A. Meillet (1985): s. v. fiber.

Bisagno
io.
GE
Dial. beṡáňu.
•• È stato identificato nell’idron. antico Fertor [che, in G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981), si ipotizza possa anche corrispondere al torrente di Sori o a quello di Recco].
fluvius Fertor (Plinio, N. H., III, 48); Vesano (riferito al fiume, X sec.), Besanni (riferito alla valle, 966)
Da una radice *ves- presente «in altri toponimi dell’area alpina celto-ligure»: Vesubia (francese Vésubie, affl. del Varo), Vesulus (Monviso), Vesontio > Besançon (Francia), e «in idronimi dell’area gallica». Le diverse forme attestate sono ritenute probabili «varianti fonetiche e morfologiche della stessa base preromana, con o senza betacismo (v > b) e con suffisso di derivazione -ano o -anio».
Stando a A. Dauzat, Ch. Rostaing e G. Deslandes, ci potrebbero essere due coppie di radicali *ves-, *vis-, una oronimica, l’altra idronimica; cfr. l’oron. Monviso (CN). Secondo J. Lacroix Vesontio potrebbe dipendere da un tema gall. *ves- ‘curvare’ (e quindi ‘curva, meandro’) < ie. *wes- ‘girare’, mentre per X. Delamarre sarebbe una formazione da un tema *wes-on-ti- ‘primaverile’.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 50; A. Dauzat (1978): 77; A. Dauzat (1982): 95-6; X. Delamarre (2008): 317; J. Lacroix (2003): 92; X. Delamarre (2012): 268.

Boasi
po.
Lumarzo, GE
•• Per G. D. Serra da un originario *Bodacis di origine gall., forse da un NP *Bodiō.
Si tratterebbe di un prediale *Bodacum (con suff. prediale -āco-), all’abl. loc. pl. (-ācis), riconducibile a un tema antroponimico gallico: Bodio-, da badio- ‘giallo, biondo’, o anche Bōdi-, Bōdo-, da boudi-, boudo- ‘vittoria, vantaggio, profitto’. Da non escludersi, in alternativa, un “prototipo” *Bouācon ‘proprietà di *Bovos’, da confrontare con NNP quali Bovus, Bovius e Bouecius, tutti dal gall. *bou-, *bouo- ‘vacca, bue’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 63, 83, 79-80; X. Delamarre (2012): 84.

Bolano
po
SP
Bolanum, Bollanum (dal 968).
• Più che di «un aggettivo sostantivato in -ano» derivato dal nome della vicina località di Bola (Tresana, MS), si tratta di un prediale in -ānum dal cognome Bulla, o di un prediale asuffissato dall’etn., e gentilizio, Bolanus, da Bola, antica città del Lazio (W. Schulze); cfr. i toponimi Bolano (Fisciano, SA) e Bolago (Sedico, BL).
Per una possibile origine celt., cfr. i NNP a. Bolanus, Bolana, Bolanius (*Bō-lān-io-), Bovi-lanus, Buo-lanus, da *bou-, *bouo- ‘vacca, bue’ + lano- ‘pieno’ (celt. lāno- < ie. *pl̥h1-no-); e Bollos, Bollus, Bollaco, da bol(l)o-, bolu-.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 79-80, 196.

Bòrmida
io.
Liguria, Piemonte
Burmia (920, 1137), Bormita e Burbeda (1030).
Bormida è un «idronimo di origine preromana», riconducibile alla base ie. *gʷhormo- ‘caldo’ (cfr. il lat. formus ‘caldo’); oppure al gall. bormo- ‘sorgente calda’, dalla radice ie. *bhĕr-, *bhŏr- ‘gorgogliare, ribollire’ (cfr. il lat. fervēre ‘gorgogliare’, il cimr. berwi ‘bollire’). In questo caso però – rileva F. Villar – si avrebbe l’unica testimonianza a noi pervenuta di suffissazione in -mo- della radice bhĕr-, per cui, in ultima analisi, l’elemento bormo- potrebbe derivare dall’ie. *gʷhormo-, ma non essere d’origine celt., bensì «pregallico».
A *bormo-, inoltre, è stato attribuito anche il valore di ‘fango’ (G. Alessio, M. G. Tibiletti Bruno).
L’idronimo va raffrontato con i teonimi gall. Bormō, Bormanus, Bormana, Bormanicus (‘dei delle sorgenti calde’) e il toponimo a. Luco Bormani (Itinerarium Antonini, 295; attuale Diano Marina). Vd. anche Bòrmio, SO.
L’esito ie. gʷh- > b- è comune al ligure e al leponzio “toponomastici”. Il trattamento di gʷh- in gallico non è del tutto sicuro per la carenza di attestazioni: in almeno due voci s’è comunque individuata una probabile evoluzione gʷh- > w- «in posizione prevocalica».
A. Rossebastiano (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 106-7; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 170, 185; G. Devoto (1980): 66; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 40-1; G. B. Pellegrini (1987): 94; G. B. Pellegrini (1990b): 100-1; J. Lacroix (2003): 94; J. Lacroix (2007): 143-9; X. Delamarre (2008): 82-3, 305, 308-9; F. Villar (2007): 426-7; A. Falileyev (2007), s. v. bormo-; N. Jufer, Th. Luginbühl (2001): 30; G. Petracco Sicardi (1981): 93; P.-Y. Lambert (1994): 43.

Bòrmida
po.
SV
Localmente búrmia.
• Dall’idron. Bòrmida.
G. Petracco Sicardi (1990).

Brevenna
io.
GE
•• Secondo G. Petracco Sicardi pare «formato con un suffisso -enna di origine preromana», da una base *brev- (REW 1289a), «di possibile origine gallica», cui vanno ricondotti anche il lombardo breva, designante un ‘vento freddo dall’est’, e l’italiano brivido (simile l’etimo proposto da A. Costanzo Garancini).
Sull’origine di breva e brivido però vi è disaccordo, anche tra gli «etimologisti più recenti», i quali perlopiù preferiscono pensare a «una formazione onomatopeica molto antica (già gallica)» (M. Cortelazzo, P. Zolli).
Per una possibile origine celtica, cfr. invece innanzi tutto l’idron. Brevenne (Rhône) < Brebona (895), probabile metatesi da un *bebronā interpretabile come ‘fiume dei castori’, in quanto derivato dal gall. bebros, bebrus ‘castoro’.
G. Petracco Sicardi (1990): s. v. Valbrevenna; A. Costanzo Garancini (1975): 110; M. Cortelazzo, P. Zolli (1979-1988); A. Dauzat (1982): 31; J. Lacroix (2005): 164-5; X. Delamarre (2008): 69-70; X. Delamarre (2012): 73.

Brighéi
po.
Pigna, IM
• Secondo G. Petracco Sicardi Brighei va ricondotto al gall. *brūco- ‘erica’ [forme gallo-romane *brūca / *brūcus < gall. uroica].
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2008): 91, 328.

Brighetta
po.
Pigna, IM
•• Per G. Petracco Sicardi dal gall. briga ‘collina, monte’ > ‘fortezza’ [gall. briga ‘collina, monte, altura’ > ‘fortino, torre’, da un ie. *bʰr̥ĝʰā < *bʰerĝʰ- ‘alto’]. Vd. Briga Alta, CN.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2012): 88.

Burmu
io.
Pigna, IM
Sorgente.
• Riflette una voce ligure (e del “leponzio toponomastico”, secondo G. Devoto) *bormo-, dall’ie. *gʷhormo- ‘caldo’; oppure rappresenta un gall. boruo-, bormo- ‘sorgente calda’, dalla radice ie. *bhĕr-, *bhŏr- ‘gorgogliare, ribollire’. Vd. l’io. Bòrmida.
G. Ferro (1979): 108; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 170, 185; G. B. Pellegrini (1987): 94; X. Delamarre (2008): 82-3.

Camogli
po.
GE
Dial. kamúǧi.
villa Camuli (forse; XI sec.), Camogi (1145), Camulio (XII sec.).
•• Prediale asuffissato, dal gentilizio Camullius (W. Schulze), «fissatosi nella forma dell’ablativo plurale» (*Camulliis).
X. Delamarre registra Camullius, Camulius, Camul(l)ia, Camulus (anche epiclesi di Marte: Mars Camulus) tra i NNP d’origine celt. con base camulo-, significante ‘che fatica, che s’impegna’ > ‘campione, servente’ (< ie. *k̂emh2- ‘stancarsi’). Cfr. l’a. irl. cumall ‘campione’. Camogli potrebbe continuare un *Camuliā ‘possedimenti di *Camulios’.
G. Petracco Sicardi (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 101; X. Delamarre (2012): 100.

Còsio di Arròscia
po.
IM
Dial. kuže.
Lanfrancus Martinus de Cusiis (1254), in Cusio (1274).
Cosio si configura come un prediale romano asuffissato dal gentilizio Cusius (W. Schulze), «fissatosi nella forma del plurale», come attestano la forma dial. e quella medievale del 1254, e «ricondotto al singolare nella toponomastica ufficiale».
Cusius è registrato da X. Delamarre fra i NNP di origine celt., da una base gall. cusi(o)-, cusa, da cui dipendono anche Cusinius, Cusonius, Cusa, Cusanus.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007).

Davagna
po.
GE
de Davannia (XII sec.).
• Da una base preromana davo- + il suff. -aneo o -anio.
Dāuo-, da cui derivano NNP come Davus, Davius, Davicus, è una base gall. significante ‘infiammato, bruciante’.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 136.

Dèiva Marina
po. e io.
SP
Borgo e torrente.
portus de Deva (1191).
•• Deiva è un toponimo di «origine preromana», confrontabile con l’ie. *dewo- ‘dio’, alla base anche di antroponimi gallici, oppure derivato da «un’altra base ignota, appartenente alla lingua preindoeuropea dei liguri».
Cfr. innanzi tutto gli idron. a. Deva, (< *Dēuā ‘la dea’), *Devia (< *Dēuiā ‘la dea’), Deuona (< *Dēuonā ‘la dea’), nelle Gallie e in Britannia, e i NNP di origine celt. Daev], Daeva, Deivarus, Deivo, Deva, Devus, dal gall. dēuo- (daev-, deiv-) < *deiu̯o- ‘dio’ (X. Delamarre).
G. Petracco Sicardi (1990); J. Lacroix (2007): 43; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 142; X. Delamarre (2012): 136.

Genova
po.
Dial. zena.
Γενούας, Γένουαν (Genoúas, Génouan) (Strabone, IV, 6, 1; V, 1, 3), Genua (Livio, XXI, 32, 5), oppidum Genua (Plinio, N. H., III, 48), Genua (Itinerarium Antonini, 294, 4; Tabula Peutingeriana, III, 5; Cosmografia ravennate, IV, 33, 270); Genava (Fredegario, Chron., IV, 71; VII sec.); etn. Genuates, Genuenses, inter Genuateis et Veiturios (iscrizione).
•• Secondo G. Petracco Sicardi, è la continuazione del lat. Genua (risalente al III-II sec. a.C.), «dal nome preromano dell’oppidum ligure, sostanzialmente corrispondente al nome di Ginevra (Genava) [Svizzera]». Tali due poleonimi possono dipendere dalle basi di origine ie. *geneu- ‘ginocchio’ o *genu- ‘mandibola, bocca’, «forse con riferimento all’aspetto del luogo, configurato come la curvatura interna del ginocchio o come la bocca del fiume».
È più probabile che nel nome prelat. di Genova si alluda alla bocca di un fiume, vale a dire la foce del Bisagno o del Polcèvera (e in Genava allo sbocco del Rodano nel lago Lemano), più che non a una insenatura, a un tratto rientrante della costa adatto all’approdo.
Infatti per X. Delamarre e A. Falileyev, i due toponimi, ritenuti d’origine celtica, risalirebbero a una voce gall. *genaua ‘foce’, «ovverosia un derivato in di *genu- ‘bocca’»: *genou̯ā ‘la foce’, attraverso un’evoluzione *geno(u̯)ā > *genoā > Genua per Genova, e *genou̯ā > genauā > Genava per Ginevra (Delamarre); o (similmente) al celt. genuā- ‘bocca’, dall’ie. *ĝenu-eh2-, dal femminile *ĝenu- ‘mascelle, mento’ (Falileyev).
Cfr. i toponimi Are-genua ‘davanti la foce’ (attuale Vieux, Calvados) e Are-genua (idron., attuale Arguenon, Côtes-du-Nord), l’a. irl. gin, gen. genos (*genu, *genous), e il cimr. genau ‘bocca’.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 52; G. B. Pellegrini (1990b): 100; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 176; A. Falileyev (2007), s. vv. Genua, genuā-; X. Delamarre (2012): 157.

Grava, Rio di
io.
Genova
• Dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’ (lat. medievale grava) < gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ < *grou̯ā, forse dall’ie. *ghreu- ‘schiacciare, frantumare’ (secondo E. Campanile però *grava sarebbe una voce preie. e per O. Bloch e W. von Wartburg non sarebbe celtica).
G. B. Pellegrini (1990b): 183; P.-Y. Lambert (1994): 195; Delamarre (2008): 183.

Graveglia
io.
GE
•• Dal lat. [popolare] grava ‘area ghiaiosa’. → Grava, Rio di. Diversamente, vd. Graveglia (Carasco e Ne, GE).
G. B. Pellegrini (1990b): 183.

Graveglia
po.
Carasco e Ne, GE; Riccò del Golfo di Spezia, SP
•• Dal lat. popolare grava ‘area ghiaiosa’, oppure da un originario *Grauiliā ‘possedimenti di *Gravilios’. → Grave (Polcenigo, PN) e io. Graveglia.

Mocònesi
po.
GE
Dial. mekóneši.
Moconisi, Modonisi (1059), Moconexi, Muconexi (XII-XIII sec.).
Moconesi può essere un prediale romano tardo in -ónicis (abl. pl.), dal NP ligure Moccō, Moccōne, attestato nella Tavola di Polcevera (G. Petracco Sicardi).
Si tratta del personale Moco, nome di uno dei due legati liguri, che si legge in calce alla Sententia: Leg(ati) Moco Meticanio Meticoni f(ilius), Plaucus Peliani Pelioni f(ilius) ["http://web.upmf-grenoble.fr/Haiti/Cours/Ak/Negotia/Minuciorum_Arangio.htm"].
X. Delamarre lo colloca tra i nomi celtici, ma potrebbe esser comune anche al "ligure". *Moc(c)onicis può inoltre riflettere anche un Mocconius (G. D. Serra), con lo stesso Moco risalente al gall. mocco- ‘porco, cinghiale’.
G. Petracco Sicardi (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 227.

Mónesi
po.
Mendatica, IM
•• Monesi può risalire a un *Monicis, da connettere ai NNP gall. Monnus, Munielia (G. D. Serra).
Monnus, con Monna, deriverebbe da una base «mon(n)- che sembra essere gallica»; cfr. l’a. irl. muin ‘patrocinio, garanzia, protezione’ e ‘affetto’ (ma vi sono, in a. irl. altre due voci muin, significanti però ‘collo’ e ‘inganno’). Munielia dipenderebbe da un tema muni-, mune-.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 272; X. Delamarre (2012): 200; J. Vendryes (1959-).

Mónesi
po.
Triora, IM
• → Mónesi (Mendatica, IM).

po.
GE
Nei (1143).
• Secondo G. Petracco Sicardi potrebbe derivare da una forma quale *in Neviis, in cui compare l’abl. pl. di un prediale asufissato tratto dal gentilizio romano Nevius, o anche «dalla base ligure, forse antroponimica», presente nell’idron. Neviasca (Tavola di Polcevera, 9).
Cfr. i NNP di origine celt. Neuus, Neuius, Neuia, da neuio- (ie. *neu̯i̯os), forma più antica di nouio- (gall. nouiios) ‘nuovo’.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 65; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 235-6.

Nervi
io.
Genova
Torrente.
• → Nervi.

Nervi
po.
Genova
Guibertus de Nervio (1192) ["http://scrineum.unipv.it/atlante/schede/genova-1192-12-17/"].
• Da connettere all’etn. Nervii e all’io. Nervia.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207.

Nervia
io.
IM
in valle Nerviense, fluvio Nervie (XI sec.).
• Risale all’etn. prerom. Nervii, nome degli abitanti liguri della valle; era originariamente un agg. concordato con vallis, aqua o loca (G. Petracco Sicardi). Va connesso all’etn. gall. Nervii (Gallia Belgica), ai NNP di origine celt. Neruinus, Neruinius, Neruius, Neruilia, al teon. Neruinae, all’etn. Nerusii (Alpi Marittime), e forse all’idron. Nervión (Spagna; Νερούα, in Tolomeo, II, 6, 7) e ai NNP Nerus, Nerius, Nero, Neratus, Nericcius, Neritus, da ricondurre probabilmente all’ie. *ner- ‘maschio, eroe, forza virile’ [cfr. il cimr. ner ‘capo, signore’, l’a. irl. ner ‘cinghiale’, e lo stesso etn. Nervii, interpretato da A. Falileyev come ‘Gli uomini forti/eroici’ < neruo- + -io-] o all’ie. *ner- ‘penetrare, immergersi; nascondiglio, caverna’ [da cui idronimi quali Narus (a. prussiano), Nárōn (a. greco) ‘Narenta’, Abhainn Narunn (gaelico) ‘Nairn’, Neretva (russo), e forse anche Nervión (Spagna)].
G. Petracco Sicardi (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 207; J. Lacroix (2003): 174; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 234; A. Falileyev (2007), s. vv. Neroua fl., Nerusii, Nervii, nero-; J. Pokorny (2005): 765-6.

Orba
io.
Liguria, Piemonte

Orero
po.
GE
Dial. .
Olei, Oleo, Olerio (XII sec.).
• Toponimo di origine preromana, forse derivato dall’etn. a. Odiates (→ *Odion, *Odia), riconducibile presumibilmente a un poleonimo formato su una base *od-i̯o-, priva di sufficienti riscontri sia in celtico (Odo e l’etn. Oducienses in A. Holder, Odoxus e Odua in X. Delamarre) sia in area etrusco-italica. Le forme duecentesche «attestano l’oscillazione grafica tra l e r, propria dei documenti liguri altomedievali».
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 65-66; X. Delamarre (2007).

Pernecco
io.
Serra Riccò, GE
Torrente nel quale venne rinvenuta la Tavola di Polcevera.
• → oo. Pernecco, Pizzo di.

Pernecco, Pizzo di
oo.
Serra Riccò, GE
Pernecco corrisponde all’oron. a. Prenicus, «oggi m. Pizzo in Val Polcevera».
Dial. pisu de pernẹku.
in montem Prenicum (Tavola di Polcevera, 20).
•• G. Petracco Sicardi ritiene Prenicum «derivato col suffisso *-ikko- (con ĭ, suff. più usato in territorio gallico che non in territorio ligure) da una base *perno-, prob. il nome ligure della quercia», forse «variante di *perkʷu- ‘quercia’». P. Kretschmer e V. Pisani (e così pure G. B. Pellegrini ) vi vedevano invece «un riflesso della base IE *kʷrenno- di airl. crann, cimr. prenn ‘albero’».
Secondo X. Delamarre si ricondurrebbe a un tema gall. *prenno-, *prinno- ‘albero’, dal celt. *kʷresno-, da confrontarsi con il prenne ‘arborem grandem’ del Glossario di Vienna, il prinni del calendario di Coligny, il cimr., corn., br. prenn e l’a. irl. crann ‘albero, legno’, il «toponimo personale» *Prinniācon ‘proprietà di *Prinnios’ > Prigny, Prignac, Preigney (Francia). Prenicum rifletterebbe un oronimo originario *Prennicos ‘monte boscoso’.
M. G. Tibiletti Bruno (1978): 170, 186; G. Petracco Sicardi (1981): 75, 91; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 68-9; G. B. Pellegrini (1990b): 103; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 251; X. Delamarre (2012): 217.

Piana Crixia
po.
SV
Plana (dal XII sec.); Crixia (Itinerarium Antonini, 295, 1).
•• È composto di Piana, dal lat. *(loca) plana ‘zona pianeggiante’, e Crixia («aggiunta dotta e recente»), toponimo tardo-romano che si può identificare «con i resti archeologici ritrovati nel territorio di Piana Crixia, in località Pareta». Crixia è stato messo in relazione con i NNP di origine gall. Crix(s)us, Crix(s)ius, ma secondo G. Petracco Sicardi, tale rapporto «presenta gravi difficoltà semantiche».
G. R. Isaac menziona il toponimo Crixia sotto la voce celtica crixo-, che corrisponderebbe al lat. crispus [‘riccio, crespo’]. A parere di A. Falileyev però, significati come ‘torto, increspato’ andrebbero bene per un idronimo, ma non per il nome di una località come Crixia, che non si trovava presso un fiume. Pertanto tale toponimo potrebbe casomai riflettere un NP Crixus [o Crixsus] – e quindi essere inteso come ‘insediamento di Crixus’ –, riconducibile, con Crixius, Crixsius, al gall. crixso- ‘riccio, crespo’ (< *cripso-, dalla radice *kreip- ‘girare, ondulare’). Similmente, X. Delamarre propone un *Criχsiā ‘possedimenti di *Criχsios’.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 47; A. Falileyev (2007), s. v. Crixia; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 129; X. Delamarre (2012): 128.

Polcèvera
io.
GE
Localmente: punséivia.
in flovium Procoberam, flovio Procoberam, Edus et Procobera, in flovium Porcoberam (Tavola di Polcevera, 9, 10, 14, 22, 23); flumen Porcifera (Plinio, N. H., III, 48); Pulcifera, Purcifera (Medioevo).
•• «Idronimo ligure preromano». Per Vittorio Bertoldi si trattava di un composto di porco- (dall’ie. *porko- ‘trota, salmone’, con consevazione di p- nel “ligure”) + -bera (dall’ie. *bhĕr- ‘portare’); cfr. l’a. irl. orc ‘salmone’ e l'idron. Gandóvera (CO) < *Gando-berā, ‘portatore di ciottoli’ o ‘porta-vasellame’. Giacomo Devoto e Giuliano Bonfante invece, stando a G. Petracco Sicardi, gli attribuivano un significato di ‘il fiume che trasporta le zolle’, ravvisando in porco- un «tema corrispondente a lat. porca ‘solco’ e ‘rialzo del terreno tra due solchi’» — questa voce, anche in italiano, significa ‘striscia di terra tra due solchi’.
La forma ufficiale (cfr. le attestazioni medievali) continua quella riportata da Plinio, che pare «in rapporto di semicalco [...] o almeno di adattamento fonomorfologico» con la prima. Nella pronuncia locale punséi̯vi̯a si riscontrano «l’epentesi di n» e «gli esiti fonetici regolari della parlata genovese (assibilazione di ce, dittongazione di e chiusa tonica, caduta di r intervocalica)».
X. Delamarre, sulla base del Procobera(m) menzionato tre volte nella Tavola, e della constatazione che «è dubbio che il fiume ligure abbia contenuto salmoni, anche nell’Antichità», sceglie come “prototipo” la forma Proco-berā, ma non suggerisce alcun accostamento per la voce *proco-.
G. Petracco Sicardi (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 81; G. Petracco Sicardi (1981): 75; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 81; G. B. Pellegrini (1990b): 100; X. Delamarre (2012): 155, 217.

Ranzo
po.
IM
Dial. ransu.
Rancio (dal XIII sec.); Rantium ad Plebem.
•• Prediale senza suffisso, dal gentilizio romano Rantius.
Per X. Delamarre Rantius, Rantia, Ranto, Rantillus sono personali d’origine gallica. Ipotizzabile dunque, un *Rantion ‘proprietà di *Rantios’.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007).

Recco
po.
GE
Dial. reccu.
Ricina (Tabula Peutingeriana, III, 5; Cosmografia ravennate, IV, 32 e V, 2); Ricina; Reca, Recho, Reco, Recco (XI-XII sec.).
• Secondo G. Petracco Sicardi, risale al lat. Ricina, «di probabile origine preromana», attraverso «una fase intermedia (o del latino parlato) *rikkulu-», e cambiamenti quali lo scambio n > l (risalente al «latino volgare tardo») e l’esito ĭ tonica > e. Si avrebbe riscontro della forma intermedia *rikkulu- nello stesso etn. dial. rekelìn, riconducibile a un *rikkul-īno-.
Per A. Falileyev invece, Ricina, «se celtico», potrebbe dipendere dal celt. *rico- [gall. *ricā] ‘solco’ (cfr. l’a. br. rec, il medio cimr. rych, il lat. porca ‘solco’).
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 69; A. Falileyev (2007), s. vv. Ricina, rico-; X. Delamarre (2008): 256.

Ròia
io.
Ventimiglia, IM
Dial. röi̯a.
Rotuba (Rutubamque cauum, in Lucan., Phars., II, 422; Flumen Rutuba, in Plinio, N. H., III, 48); flumen Rodoge, fluvio Rodoie, Redoie, Rodoze (XI sec.), Rodoria, Rioria (XIII-XIV sec.).
•• Secondo G. Petracco Sicardi, la forma locale röi̯a, cui corrisponde l'italiano Roia, deriva probabilmente da un *Rotuva, «attraverso la caduta di -v-, l’epentesi di i consonantica» e «la riduzione di o a ö per metafonia di j». Le forme storiche del XIII-XIV sec. sono delle ricostruzioni «con un supposto suffisso -oria». Rotuba si può forse avvicinare a Rótanos, nome greco del Rodano, «che è stato accostato a voci celtiche e latine (irlandese ret, latino rota) che indicano l’idea di ‘correre’; cfr. anche bretone red ‘corso d’acqua’».
L’idron. Rodano, a. Rho-danus, deriverebbe da ro- ‘molto, troppo’ (con gli aggettivi) e ‘grande’ (con i sostantivi) + -dānos ‘fiume’ (ie. *dānu-, per A. Falileyev dalla radice *deh2- ‘scorrere’). Rotuba può far pensare al tema gall. < roto- ‘ruota, corsa’.
Un Q(uintus) Rutilius Rutuba è nominato in un’iscrizione da Este.
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 70; X. Delamarre (2008): 260, 135; X. Delamarre (2012): 133, 222; A. Falileyev (2007), s. vv. Rhodanus, dānu-.

Sestri Levante
po.
GE
Sorge sulla costa, pertanto un’identificazione con l’antica Tigullia [suggerita in A. Falileyev (2006)], località che Plinio colloca più all’interno di Segesta, non risulta più di tanto sostenibile; vd. Tigul(l)ia.
Segesta Tiguliorum (Plinio, N. H., III, 48), Segesta (Itin. mar., 502-3); plebe Sigestri, de Sigestri, Segestri, Sigestro (XI-XII sec.).
• Discende dal nome della «pieve altomedievale» di Segestri (con epentesi di r, forse risalente al «latino parlato o tardo»), da un «ablativo plurale con significato collettivo» *Segestis, derivato dal Segesta Tiguliorum (Segesta dei Tigulli) menzionato da Plinio.
Secondo G. Petracco Sicardi, il toponimo antico pare un femminile con suff. aggettivale -to-, formato sul tema ie. *seges- ‘vittoria’, dalla radice ie. *seĝh- ‘esser saldo. Forse si può ricondurre al celt. sego-, segi-, segus- ‘forza; vittoria’, dall’ie. *seĝh- ‘sottomettere, vincere’, con una suffissazione -es-to-.
Negli autori antichi sono nominate altre Segesta, che si trovavano rispettivamente in Carnia (Segesta), Sicilia, Pannonia; inoltre due Segestica: una nell’Ispania Ulteriore, l’altra corrispondente all’attuale Sisak (Siscia, in Croazia).
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 71-2; M. G. Tibiletti Bruno (1978): 184; A. Falileyev (2007): s. vv. Segesta, Segestica, Tigullia; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 268-9.

Sori
io.
GE
• Vd. Sori.
G. Petracco Sicardi (1990).

Sori
po.
GE
«Sorge allo sbocco del torrente omonimo».
Sauri («fonti medievali genovesi»).
•• Per G. D. Serra deriverebbe da *Suris, abl. pl. di un NP gall. Surus [un prediale asufissato].
G. Petracco Sicardi invece, partendo dalla forma Sauri, pensa che possa trattarsi di «un prediale, fissatosi nella forma dell’ablativo plurale», da un gentilizio Saurius, documentato solo in Ispania; oppure un nome «di origine non latina, pre- o postromana».
Fra i NNP d’origine celt. X. Delamarre pone Sauro, Saurus — «da un più antico Sagurus», con esito Sagu- > Sau- — e Surius, ma nessun SurusSaurius, che sono riportati invece da A. Holder, e Saurius solo da un paio di iscrizioni reperte in Germania. Per Delamarre in effetti Sori potrebbe continuare un a. *Saguriā ‘possedimenti’ di *Saguros.
Surus potrebbe essere variante di Syrus, dal lat. Syrus ‘abitante della Siria’.
G. Petracco Sicardi (1990); M. G. Tibiletti Bruno (1978): 206; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2012): 226; A. Holder (1961-1962); M.-T. Morlet (1985): 189.

Taggia
po.
IM
fluvius Tauia, a Tauia (Itin. mar., 504-5), κάστρον Ταβία (kástron Tabía) (Giorgio Ciprio), curtis que Tabia nuncupatur (IX sec.), locus et fundas Tabia (963).
•• Riflette il Tavia delle attestazioni antiche, nome lat. dell’attuale torrente Argentina, «che sfociava presso l’abitato». Secondo G. Petracco Sicardi, il toponimo potrebbe essere una «forma alterata» del lat. tabula, con il valore di ‘estensione di terreno’, oppure è da ritenersi «di origine preromana». Argentina risulterebbe alterazione di Oxentina, dalla base preromana *ocento-.
Per X. Delamarre Tauia — *Tauiā ‘la calma’ — può invece ricondursi al celtico tauo- < tauso- ‘silenzioso, tranquillo’ (da una base ie. *taus-), da cui derivano gli a. idronimi Taua, Tauus, oggi Tave, Thève (Francia), Tay (Scozia), antroponimi quali Tavus, Tavius, Tava (e forse anche Tabicus, Tabos, Tabus, con possibile esito -v- > -b-), l’a. irl. , tóe ‘silenzioso’, il cimr. taw ‘silenzio’.
A. Falileyev pensa piuttosto a una derivazione da un radicale tā- ‘fondere’, dalla radice ie. *teh2- ‘sciogliere, fondere’ (cfr. l’a. br. todint gl. soluuntur, cimr. tawdd ‘fuso’).
G. Petracco Sicardi (1990), s. vv. Taggia, Argentina; G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 74; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 292; X. Delamarre (2012): 249; A. Falileyev (2007), s. vv. Tavia fl., tā-.

Trebbia
io.
GE, PC, PV
Τρεβίας (Trebías) (Strabone, V, 1, 11), Trebia (Tito Livio, XXI, 65, 7), Trebiam Placentinum (Plinio, N. H., III, 118), Trebias (Cosmografia ravennate); inter Nurium et Treviam (1221).
• Dal lat. Trebia, secondo G. Petracco Sicardi derivato in -i̯o «dalla base *trebo- ‘casa’ ‘abitazione’, ben attestata» sia nelle lingue celtiche sia in quelle italiche (in osco-umbro). Trebia «poteva significare ‘il fiume che scorre per luoghi abitati’, ma il nesso semantico non è perspicuo». Si può confrontare con altre voci conducibili alla base celt. treb- ‘abitazione’: l’a. irl. treb ‘abitazione’, il cimr. tref ‘città, abitazione’, l’a. br. treb ‘luogo abitato’, l’etn. Atrebates (*Ad-trebates), il toponimo Contrebia, i NNP d’origine celt. Treba, Trebia, Trebius.
Secondo G. Rohlfs, invece, va accostato a «una variante della base *drava- presupposta dall’idronimo Drava», che per H. Krahe sarebbe un riflesso della «radice [sic] idronimica indeuropea *drou̯os ‘corso d’acqua’» (C. Marcato).
Potrebbe però anche trattarsi di un composto gall. *tre-bia, costituito di *tre, *tri ‘attraverso, per’ (a. irl. tri, tre, a. br. tre), + -bia ‘che taglia’ (da una forma nominale *bii̯o- < *bhī-i̯o- ‘che taglia’, dalla radice *bheih- ‘tagliare’); cfr. il gall. -biion ‘taglia-’ e l’idron. Vobbia. Si confrontino anche l’etn. Trēueri, da trē-uer-o- (e Trivero, BI), e il composto ono-biia ‘(che) toglie (la) sete’, detto di bevanda o coppa (su vaso da Banassac).
C. Marcato (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 76; X. Delamarre (2008): 300, 299, 75, 241.

Tribogna
po.
GE
Trebogna, Tribogna (XII sec.).
• Può trattarsi di un prediale romano asuffissato *Trebonia, dal gentilizio Trebonius; oppure di nome da identificarsi con il toponimo Tarbonia della Tabula Alimentaria di Veleia (6, 71).
Trebonius, Trebonia sono NP d’origine celt., da *trebo-no- ‘capo di villaggio’ < treb- ‘abitazione’.
G. Petracco Sicardi (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 300.

Urbe
po.
SV
in loco et fundo Urbe (999).
Corrisponde all’idron. Orba; «è di origine preromana».
G. Petracco Sicardi (1990); G. Petracco Sicardi, R. Caprini (1981): 82.

Valbrevenna
po.
GE
• → io. Brevenna.
G. Petracco Sicardi (1990).

Vara
io.
SP
Dial. vèa.
•• G. Devoto lo riconduceva a una base “mediterranea” *vara ‘acqua’. Per G. Petracco Sicardi si tratterebbe di una formazione prelatina. La studiosa infatti ipotizza una base preromana *uaria, deducendola dalla forma plebs de Varia con cui, nell’XI sec., è citato nel «Registro arcivescovile di Genova» il paese di Varese Ligure (alta Val di Vara, SP): Varese continuerebbe «l’aggettivo etnico in -ense (*Variensis)», derivato dal Varia attestato nel Medioevo, nome che «coincide con quello del torrente Vara».
Secondo G. B. Pellegrini risale invece alla radice ie. *u̯er-, *u̯or-, *ur- ‘acqua, pioggia, fiume’ [anche *uar- < *u̯r̥-, e alcuni radicali con vocale lunga] (può essere ascritto all’“europeo antico”), mentre G. Rohlfs propone come etimo un gall. *vara ‘acqua’.
Potrebbe dipendere in effetti da una voce gall. *uaria (e *uera) ‘corso d’acqua’ ricostruita da X. Delamarre. Questo studioso però, nel uariā secondo elemento di alcuni toponimi composti, attualmente vede una voce significante ‘recinto’; cfr. il poleonimo gallo-romano Argento-uaria, attuale Horburg/Horbourg (Alsazia), interpretato dapprima come ‘passaggio dell’Ill’ (da *Argento-, nome a. del fiume Ill), ora come *Arganto-uariā ‘recinto dell’*Argantā’ ‘o di *Argantos’. Al contrario, Delamarre individua dei “prototipi” idronimici in forme quali: Vère (*Uerā, dall’ie. *u̯er- ‘acqua’ oppure celt. *u(p)erā ‘alta’; Tarn-et-Garonne), Varmo (*Uaramos; UD), Varis (*Uarā(s); Itinerarium Antonini, 482, 7), Wern (*Uarinā; Baviera), Werse (*Uarisā; Münster), Var (a. Vārus < *Uāros, ie. precelt. o forse «da un protoceltico *u̯ōros, radice ie. *u̯eHr-, sanscrito vār, vāri ‘acqua’»).
Non si può ad ogni modo escludere che una forma *uaria, *uara appartenesse anche al ligure antico (G. Petracco Sicardi pone all’origine di più idronimi una base ligure *u̯ara; cfr. anche l’idron. a. Varusa – in Tabula Peutingeriana, III, 5 – corrispondente forse all’attuale Versa, PV).
G. Petracco Sicardi (1990), s. v. Varese Lìgure; G. Devoto (1980): 28, 33; G. Rohlfs (1990): 51; G. B. Pellegrini (1990b): 369; X. Delamarre (2008): 300, 306; X. Delamarre (2012): 59, 258-9, 264.

Vobbia
io.
GE
•• Secondo G. Petracco Sicardi, deriva da un preromano *Vidubula.
*Vidubula richiama la stazione stradale romana di Vidubia (Tabula Peutingeriana, II, 5), toponimo che probabilmente coincide con Viduvia, nome antico della Vouge, fiume della Borgogna (Côte-d’or). Questo dovrebbe essere un derivato del gall. uidu- ‘albero, legno’ col valore di ‘fiume nascosto da un bosco’, o piuttosto una forma gallo-lat. *vidu-bia [significante ‘fiume ad ansa falcata’ (G. Alessio)], dal gall. *uidu-bion ‘roncola’ (letteralmente ‘che taglia il legno’) costituito da uidu- e -bion ‘che taglia-’. Cfr. il francese vouge ‘roncola a manico lungo’. → Vòbbia.
G. Petracco Sicardi (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 111; J. Lacroix (2003): 99-100; X. Delamarre (2008): 319, 318; X. Delamarre (2012): 269; P.-Y. Lambert (1994): 200.

Vòbbia
po.
GE
Si trova sulla destra dell’omonimo torrente.
Veoblia (1252).
• Dall’idron. preromano *Vidubula, da cui ha tratto il nome il paese. → io. Vobbia.
G. Petracco Sicardi (1990).

3 commenti:

  1. Interessantissimo. Chiedo solamente se fosse possibile in biografia indicare, oltre all'autore, anche l'opera dalla quale sono tratte le varie derivazioni. Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Anonimo, non è possibile, perché equivarrebbe a riscrivere tutto impiegando non so quanti mesi (o anni). Inoltre, chi è veramente interessato può cercare le opere da me utilizzate e verificare quanto hanno ipotizzato i diversi studiosi. Invece, quelli che si appropriano impunemente dei lavori altrui senza citarne gli autori, non si ritrovano ad avere proprio tutto tutto bell'e pronto.

      Elimina
  2. Buonasera qualcuno sa da dove deriva Lacremà? grazie

    RispondiElimina