Gallico *iuos "Taxus baccata"


«Il tasso (ivin in bretone) è l'albero dell'immortalità perché sempreverde e di una longevità straordinaria. I cimiteri bretoni senza tassi non sono veri cimiteri. Ha anche la fama di essere il più antico degli alberi. La mazza del dio druido Daghda era di tasso così come la sua ruota. Si scrivevano incantesimi in ogham su legno di tasso. Quest'albero ha anche un simbolismo militare: si facevano scudi e aste di lancia con il suo legno.»

Tratto da: Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Coop Breizh, Spézet 1998, p. 17.



Il “tasso sanguinante” di Nevern 

<br><br>Il “tasso sanguinante” di Nevern <br><br>


Il “tasso sanguinante” (stillante linfa rossa) del cimitero della chiesa di Saint Brynach a Nevern, Pembrokeshire (Galles).







lunedì 20 settembre 2010

Toponimi della Valle d’Aosta di origine celtica sicura o ipotetica



Toponimi della Valtournenche sono raccolti nel post "Toponimi della Valtournenche di possibile origine celtica".


Arebrigium
po.
Stazione stradale romana d’incerta identificazione, attestata nella Tabula Peutingeriana e nell’Itinerarium Antonini «a 25 miglia da Augusta Praetoria (Aosta) sulla via del Piccolo San Bernardo». A. Falileyev la localizza presso Pré-St-Didier (AO) e X. Delamarre nel sito di Morgex; stando alla Tab. Med. [Tabula Imperii Romani, Foglio L 32 Milano (Mediolanum), Roma 1966] pare corrispondere ad Arvier (AO).
Arebrigium (Ta­bula Peutingeriana, III, 4; Itinerarium Antonini, 345, 4), Arebribium (Cosmografia ravennate, IV, 30).
•• Formato dal prefisso gall. are- ‘presso’, ‘davanti’ = ‘di fronte all’est’, e la base brig- ‘altura, colle’. Corrisponde ad Are-dunum nel significato di ‘Forte dell’Est’, e si confronta perciò con il toponimo Desso-briga ‘Forte del Sud’ (identificabile con la località spagnola di Las Cuestas, Osorno), composto con l’aggettivo *deχso- ‘a destra, a sud, favorevole’.
G. B. Pellegrini (1987): 105; G. B. Pellegrini (1990b): 115; A. Falileyev (2007), s. vv. Arebrigium, Dessobriga; X. Delamarre (2008): 52, 86-7, 142; X. Delamarre (2012): 57.

Avise
po.
AO
in avisol (1199), terra de aujso (1214).
•• Le forme attestate avisol e aujso paiono riflettere un NP lat. Avitius (W. Schulze), mentre il toponimo Avise deriverebbe dalla forma Avitia (P. Aebischer). Avītus secondo L. Revelli deriva da avus ‘nonno’.
Avitus e Avita (assieme ad Avitianus) da X. Delamarre son ritenuti NNP d’origine celt., da un tema *avito-. Si può ipotizzare un «toponimo personale» *Avition ‘proprietà di *Avitios’ oppure un *Avis(i)on ‘proprietà di *Avis(i)os’ (cfr. il NP Avisa).
C. Marcato (1990); A. Rossebastiano, E. Papa (2005): 180; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 61; X. Delamarre (2012): 67.

Brussòn
po.
AO
en Brusson, en pede de Bruson (1499).
•• Da confrontarsi con il piemontese brusséi ‘cespuglio’, brussón ‘mirtillo’, dal prelat. *bruscia ‘cespuglio’ (REW 1340a) + il suff. (forse collettivo) -ón.
Per G. B. Pellegrini bruscia ‘Gestrüpp’ [‘sterpaglia’] sarebbe voce gallica.
Bruscia, accanto ad altre forme quali brucia, brusca, broscia, è usato nel latino medievale col significato di ‘boscaglia, cespuglio’; si suppone risalga, tramite un lat. popolare *bruscia ‘insieme di escrescenze, di polloni’, a un termine gall. *bruscia ‘escrescenza, cespugli’ (per J. Pokorny dall’ie. bhreus- ‘rompere, spezzare, sbriciolare’).
*Bruscia viene connesso da alcuni linguisti col lat. bruscum ‘escrescenza dell’acero’ (menzionato da Plinio in N. H., XVI, 27), e forse termine d’origine celt. (cfr. i personali Bruscus e Bruscius registrati da X. Delamarre, che però, come pure P.-Y. Lambert, non riporta né bruscum né *bruscia). Bruscum, presumibilmente, è all’origine dell’italiano brusco ‘foruncolo’, dell’a. francese bruis, broiz ‘nocchio di acero’, del francese brosse ‘spazzola’ (per quest’ultimo vi è incertezza, cfr. P. Guiraud). Oltre a ciò, è attestato nel latino tardo un fitonimo brūscus ‘pungitopo’ (< lat. classico rūscus), dal quale forse derivano l’italiano brusca ‘spazzola dura’ e brusco ‘aspro’.
Il Brusson valdostano pare avere un omonimo nel francese Brusson (Marne), che secondo A. Dauzat, Ch. Rostaing deriverebbe dal NP gall. Bruccius [*Brū-co-, da cfr. con l’a. irl. -brú, brá ‘sopracciglio’?] + il suff. -onem. Forse si tratta di un originario *Brucciōnon ‘proprietà di *Brucciō, *Brucciū’.
Mario Aldrovandi ritiene derivi invece da un lat. bruxeum col significato di ‘miniera d’oro’ [?].
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1983): 62-3; G. B. Pellegrini (1987): 188; G. B. Pellegrini (1991): 75; G. B. Pellegrini (1992): 58; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008); J. F. Niermayer (1993); J. Pokorny (2005): 171; P.-Y. Lambert (1994); J. Degavre (1998); M. Cortelazzo, P. Zolli (1979-1988); A. Ernout, A. Meillet (1985); A. Rey (1992), s. v. brosse; P. Guiraud (1994); A. Dauzat (1978)): 114;
"www.varasc.it/brusson.htm".

Buthier
io.
AO
Torrente affl. della Dora Baltea.
Bautegius e Bautegia (1024), Bautegium (1176-94), probabili «grafie arbitrarie» secondo P. Aebischer.
• P. Aebischer ipotizza dipenda da «un personale celto-latino» *Bauteius. La forma Buthier pare dovuta a un’evoluzione au > o > u e ad una errata interpretazione della pronuncia dial. Butiè: questa infatti sarebbe stata accostata ai nomi «uscenti in , derivati dal suffisso latino -arius, resi per lo più con -ier nelle fonti scritte».
Da *Bauteius – o piuttosto *bauteius, come scrive G. B. Pellegrini – deriverebbe Bautica, nome a. della Dora Baltea (Duria Bautica, in Cosmografia ravennate, IV, 36, 288), che Aebischer riconduce a un tema celt. *baut-, *bautio- ‘recinto o reticolato di spini’. Ma tale etimo non sembra aver alcun riscontro lessicale nelle lingue celtiche.
Si può invece accostare Bautica ai NNP d’origine celt. Boutus, Boutius e Boutia, ritenendo -au- «grafia latina» usata per trascrivere il dittongo gall. -ou-.
Per J. Pokorny però, Bautica risalirebbe a una forma *Baltica confrontabile con un illirico *balta- ‘palude’, dalla radice ie. *bhel- ‘splendente, bianco’.
C. Marcato (1990); A. Costanzo Garancini (1975): 30; G. B. Pellegrini (1987): 112; G. B. Pellegrini (1990b): 124; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 79; P.-Y. Lambert (1994): 42; J. Pokorny (2005): 119.

Chambave
po.
AO
Chambava, Zambava (1181).
•• Secondo P. Aebischer, risalirebbe al celt. camb- ‘ricurvo’ + il suff. -ava «comune in tanti toponimi francesi» (G. B. Pellegrini), oppure potrebbe riflettere un NP Cambo.
Si riconduce, in effetti, al tema gall. *cambo- ‘curvo’, ‘curva, meandro’, o a un NP derivato: Cambo, Cambus ‘incurvato, storto’.
X. Delamarre ipotizza un “prototipo” pl. *Cambāuā ‘possedimenti di *Cambos’ (*Cambo- + suff. -āuo-). Cfr. anche i toponimi Cambes (Gironde, Lot, Loy-et-Garonne), da *Cambā ‘possedimenti di *Cambos’, Cambo-dunum ‘forte del meandro’ > Kempten (Baviera) e Cambo-ritum ‘guado del meandro’ > Chambord (Loir-et-Cher, Eure).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 113; G. B. Pellegrini (1990b): 125; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 99-100; X. Delamarre (2012): 98.

Cogne
po.
AO
In patois cogn, cugn.
Conia (1151-1192), Cognia (1258).
•• Secondo P. Aebischer, da un NP romano in -onius: Connius, Cotonius o Coponius. Per D. Olivieri può trattarsi anche di Acconius, ma potrebbe avere la stessa origine di Cuneo, dal lat. cuneus ‘punta di terra tra due fiumi’ [e ‘terreno di forma a cuneo’, ‘angolo’, ‘un cantuccio di terra’ (G. B. Pellegrini)], con variazione di genere, come per Gogna («una strada di Vicenza») [cfr. Cima Gogna (Auronzo di Cadore, BL)], pure da cuneus; cfr. i toponimi Cogno (Cartignano, CN) e Cogni (Bene Vagienna, CN) (C. Marcato).
Per una possibile origine celt., cfr. i NNP Conia, Connia, Cunia, Conius, Connius [*k(w)on-io- < *, *kwon-], da coni-, cuno-, cuni- ‘cane’, ‘lupo’. È probabile una forma originaria *Connia ‘possedimenti di *Connios’.
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 179-80; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 131-2; X. Delamarre (2012): 121-2.

Comboè
io.
AO
Dal valdostano comba ‘valle scoscesa’ < gall. cumba ‘cavità, valle’.
A. Costanzo Garancini (1975): 31; X. Delamarre (2008): 131.

Donnas
po.
AO
Localmente dunàh.
de Donatis (1159), de Donazo (1192).
• Per G. D. Serra da *Donatis, abl. loc. pl. dal NP Donnus [prediale in -atis per -atibus?] o Donatus.
Donnus è d’origine celt., dal gall. < don(n)o- ‘nobile’; cfr. anche i NNP Donaticna e Donatilla.
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 147.

Dora Baltea
io.
AO, TO
Duria Bautica (Cosmografia ravennate, IV, 36, 288).
•• «Da una base preindeuropea *dura / *duria molto diffusa nell’idronimia europea» + il determinante Baltea, per il quale vd. l’idron. Buthier.
X. Delamarre ricostruisce i prototipi *Dorā, *Doriā per gli idronimi francesi Dore (Puy-de-Dôme), Doire (Cantal) e Doria (Savoia).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1987): 98-9, 112; G. B. Pellegrini (1990b): 108-9; X. Delamarre (2012): 140.

Eudracinum
po.
St-Rhémy, AO
Mansio attestata nella Tabula Peutingeriana (III, 4). Da alcuni viene identificata con Etroubles.
•• «Oscuro; può contenere -āko-» (A. Falileyev). Di etimo celt. secondo R. Chevallier.
Forse composto con un secondo elemento -cinum ‘altura’, che si riconosce anche in Vindocino (VI sec.), attuale Vendôme (Loir-et-Cher), e va confrontato con il cimr. [a.] cynu ‘elevare’ [‘levarsi’; attuale cwnnu] (J. Lacroix).
X. Delamarre pensa che Eu- sia «secondario», sviluppatosi da un primo elemento *Ivo-; -dracinum potrebbe essere un -tragino- attestato in *Contraginon (‘proprietà di *Contraginos’ < *Con-tragino-s < *trag- ‘correre’) e *Traginācon (‘proprietà di *Traginos’ < *Traginos < celt. *trag-, cfr. vertragus ‘levriero’). Si ricostruisce quindi un toponimo «*Iuotraginon ← NP *Iuotraginos ± ‘Yew-Runner’?». Il tutto risulta però «molto teorico».
A. Falileyev (2007), s. vv. Eudracinum, Labr(oc)inum, Vindocinum; R. Chevallier (1983): 550; J. Lacroix (2007): 19; X. Delamarre (2012): 152, 123, 253.

Gignod
po
AO
Localmente ʃ̌ignò; in patois franco-provenzale ʒignù.
Gignio, Gigno (1095, 1234).
•• Secondo P. Aebischer, dal NP lat. Gennius (W. Schulze) + il suff. di appartenenza -od (< lat. -uscus).
NNP quali Gennius, *Ginnius possono essere di origine gall.: cfr. Ad-gin(n)ius, Ad-ginnos, Ad-gennius, -genius (in più composti), da geno-, genno-, ginno- ‘discendenza, famiglia’. Gignod va confrontato con Genod (dipart. del Giura), de Genosco nel 1187, da un *Gennoscon ‘proprietà di *Gennos’ (con suff. derivativo -sco-).
C. Marcato (1990); X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 176-7; X. Delamarre (2012): 157.

Graia, Alpis
oo.
AO
Colle del Piccolo San Bernardo.
Alpibus aeriis, ubi Graio numine pulsae descendunt rupes et se patiuntur adiri (Petronio, Satirycon, 122 v. 144); per Poeninum Graiumve montem (Seneca, Epistole a Lucilio, 4, 2, 9); geminas Alpium, Graias atque Poeninas (N. H., III, 123); Alpes Graias (Itinerarium Antonini, 346, 10), in Alpe Graia (Tabula Peutingeriana, III, 3); Graia (Cosmografia ravennate, IV, 30).
•• Da connettersi forse al prelat. *grava (da cui l’italiano grava ‘area ghiaiosa’) o riconducubile a una rad. preie. *kar- / *gar- ‘pietra, roccia’ (J. Lacroix).
Per A. Falileyev deriverebbe da una radice sconosciuta, «possibilmente celtica».
Grava risalirebbe a un lat. popolare *grava (lat. medievale grava) < gall. *graua ‘sabbia, ghiaia’ < *grou̯ā, forse dall’ie. *ghreu- ‘schiacciare, frantumare’; cfr. il br. gro, groa ‘cordone di ciottoli (o sabbia)’, il cimr. gro ‘ghiaia’, l’a. irl. griän ‘ghiaia’, irl. grean. Ma per E. Campanile *grava sarebbe una voce preie. e per O. Bloch e W. von Wartburg non sarebbe celtica.
X. Delamarre avanza, al contrario, un “prototipo” *Graiā(s) ‘possedimenti del dio *Graios’; cfr. l’Hercules Graius di un’iscrizione da Aime (Savoia) e l’etn. Graioceli (Cesare, De bello Gallico, I, 10) < *Graio-oceli ‘Quelli del Monte (di) Graios’ (*Graio-ocelon).
J. Lacroix (2007): 9-10; A. Falileyev (2007), s. v. Alpes Graiae; G. B. Pellegrini (1990b): 183; P.-Y. Lambert (1994): 195; Delamarre (2008): 106, 183; X. Delamarre (2012): 160.

Issime
po.
AO
Pronunce locali: isìma, (tedesca) eišëmë.
Ixima («nelle carte antiche») e, forse, aqua de Ussima (1218).
•• «Di origine incerta», presumibilmente prelat. (D. Olivieri). Secondo P. Massia, può esser ricondotto al NP lat. Iccius, da cui il significato complessivo di ‘fondo appartenente ad un parente di Iccius’.
Iccius, secondo X. Delamarre, deriverebbe da una base gall. *ico-, *icco-, *ici- ‘picchio’? (< ie. *peik-, *pīk- ‘nomi di uccelli’), invece per J. Lacroix va associato a una base idronimica *ic- ‘acqua’.
Da non escludersi che Issime, Ixima risalga al NP Issus (nome di un vasaio) o a un superlativo. P. Anreiter, U. Roider menzionano Issime, Ussima nel 1218, come toponimo «svizzero», confrontabile con i poleon. Axams < *Ouksamā ‘la località più alta o molto alta’ (Tirolo) e Osimo (AN), a. Auximum.
X. Delamarre riconduce Issime (Ussima nel 1218) ad una forma *Uχsamā, *Uχsisamā ‘altura’ (da *uχso- ‘alto’).
C. Marcato (1990); G. B. Pellegrini (1990b): 407; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 186-7; J. Lacroix (2003): 45; J. Lacroix (2007): 52-3; P. Anreiter, U. Roider (2007): 117; X. Delamarre (2012): 280.

Pelline
io.
AO
•• Forse corradicale di Pèllice (A. Costanzo Garancini). D. Olivieri lo collega al poleon. Pella (NO) e al connesso idron. Pellino, derivati dal preromano *pella ‘roccia’ oppure dall’etn. Pellus che compare anche nell’idron. Pèllice (TO).
Pellus e Pellius si riconducono alla base gall. pel(l)-; cfr. il gall. peli-gnos ‘nato lontano, straniero’ (tavoletta di Chamalières) e il cimr., corn., br. pell ‘lontano’, da una radice *kʷel(s)-.
A. Costanzo Garancini (1975): 30; C. Marcato (1990), s. v. Valpelline; A. Rossebastiano (1990), s. v. Pella; C. Marcato (1990): 479-80; X. Delamarre (2007); X. Delamarre (2008): 246-7; X. Delamarre (2012): 214.

Valpelline
po.
AO
Nell’omonima valle.
[valpelìn]. Franco-provenzale valpëlö́na.
• Composto di val(le) e l’idron. Pelline.
C. Marcato (1990).

2 commenti:

  1. Buongiorno, complimenti per questa pagina, davvero interessante e ben redatta. La ringrazio anche per aver citato il mio sito; è un ottimo lavoro ed alcune delle fonti mi erano del tutto ignote. Ci vorrebbero più persone interessate a mantener viva questa conoscenza! Perciò la ringrazio sinceramente.

    Marco - Varasc.it

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    1. Grazie. In genere ho citato pubblicazioni da me direttamente consultate (le ho a casa) e indirizzi web utili come il suo. Ci vorrebbero tanti altri lavori e persone disposte a collaborare. Cordiali saluti.

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