Come i giorni, che cominciavano al tramonto, l'anno celtico iniziava al ritorno dell'inverno, la stagione «scura» [la stagione dei racconti e delle feste], alla sera della vigilia del 1º Novembre [novembre in Scozia, Cornovaglia e Bretagna è il mese «oscuro, nero» (miz du, ‘mese nero’, in bretone)], festa di Samhain [pronuncia: sawn’]. Tale capodanno coincideva con la fine dei raccolti e dei lavori all'esterno e con il ritorno del bestiame dai pascoli; era una festa di banchetti e assemblee legali, durante la quale gli uomini potevano comunicare con l'Altro Mondo, il mondo degli dei, degli esseri sovrannaturali. Quella di Samhain era in effetti una notte «fuori dal tempo», in cui il sovrannaturale faceva irruzione nel mondo dei vivi. Diventò la notte degli spiriti, degli esseri fatati, delle streghe; una notte dai molti pericoli [tra l'altro, gli esseri fatati (ingl. fairies) avrebbero potuto rapire le persone trovate all'esterno].
In tutto ciò si possono dunque riconoscere le origini precristiane della ricorrenza di Hallowe'en, il cui nome deriva dall'inglese All Hallows Even, vale a dire ‘Vigilia di Ognissanti’.
La festività cristiana di Ognissanti venne istituita in Inghilterra nell'VIII sec., probabilmente per eclissare la festa celtica; si diffuse poi nell'Impero Carolingio durante il IX sec. Più tardi, dall'XI sec., la Chiesa decise di dedicare ufficialmente un giorno alla Commemorazione dei Defunti, fissandola appunto al 2 Novembre.
Nei Paesi celtici, durante la vigilia di Ognissanti non si doveva uscire di casa per non incontrare le anime dei defunti che ritornavano nei luoghi frequentati da vivi. Prima di andare a letto si preparava il focolare per la visita dei parenti morti, cui si lasciava il fuoco acceso e da mangiare e da bere. [Si ritrovano usanze simili in varie regioni d’Europa. Nelle campagne venete, ad esempio, la sera dei Santi si effettuava la processione dalla chiesa al cimitero. In un angolo della cucina si esponevano le foto dei parenti defunti e si recitavano Requiem e De Profundis. Dopo cena si giocava a tombola e si mangiavano le fave dei morti. Prima di andare a letto, si lasciavano sulla tavola, per i propri cari scomparsi, i resti della cena e un secchio pieno d'acqua. La notte dei Morti non si usciva di casa (per non incontrarli) né si andava a pescare (si temevano i morti annegati).]
Erano diffuse le pratiche divinatorie: «giochi di divinazione» realizzati per mezzo di acqua, fuoco, mele, noci e oggetti inseriti in dolci o purè, da o per chi desiderava scoprire il proprio futuro relativamente all'amore (matrimonio nel corso dell'anno, specialmente per le giovani), alla morte, alla fortuna. Si traevano inoltre previsioni meteorologiche dalla direzione del vento o dall'aspetto della luna.
Nelle Isole Britanniche si accendevano «fuochi di gioia» sulla sommità delle colline.
In Scozia gruppi di giovani [personificazione degli spiriti dei morti] mascherati o con il volto annerito di fuliggine, spesso i maschi travestiti da femmine e viceversa, giravano di casa in casa questuando cibi e bevande, e commettevano scherzi cattivi di vario genere, tollerati solo in quel giorno.
In diversi Paesi d'Europa (Austria, Svizzera, Germania, Francia, Italia ecc.) si usavano – ma si usano ancora in più luoghi – lanterne vegetali (raffiguranti una testa di morto) per scongiurare la notte e le potenze infernali, ma anche per far paura alle ragazze. Si ricavavano scavando barbabietole e rape, che venivano collocate sopra un bastone, e provviste all'interno di una candela accesa. Le zucche cave (jack-o’-lanterns) invece sono apparse più tardi, negli Stati Uniti.
La festa di Hallowe’en venne importata negli USA, soprattutto dagli irlandesi, nel XIX sec. Oltreoceano ha assunto i tratti a tutti noti di «festa americana» consumistica: dalle questue (proprie di tanti giorni di festa del periodo tra i Morti e Carnevale) di bambini mascherati, cui si regalano noci, mele, dolciumi («trick or treat», ‘scherzo o offerta’), si è passati alla moda di mascherate e sfilate macabro-carnevalesche, di oggetti e divertimenti anche per giovani e adulti, tipici di tante «feste», vecchie e nuove, talvolta pure invenzioni commerciali, prive (perlopiù) di un autentico significato religioso-calendariale.
Bibliografia
Alfredo Cattabiani, Calendario, Milano, 1988, Rusconi, pp. 311-22.
Nadine Cretin, Fêtes et traditions occidentales, Paris, 1999, P.U .F., pp. 79-82.
Christian-J. Guyonvarc’h, Françoise Le Roux, Les fêtes celtiques, Rennes, 1995, Ouest-France, pp. 35-82.
Divi Kervella, Emblèmes et symboles des Bretons et des Celtes, Spézet, 1998, Coop. Breizh, pp. 51-2.
John T. Koch (ed.), Celtic Culture: A Historical Encyclopedia, Santa Barbara-Denver-Oxford, 2006, ABC CLIO, vol. V, pp. 1556-8 [s. v. Samain (Antone Minard)].
Antonio Niero, Tradizioni religiose veneziane e venete, Venezia, 1990, Edizioni Studium Cattolico Veneziano, pp. 114-7.
Claude Sterckx, Mythologie du monde celte, Paris, 2009, Marabout, pp. 142-5.
Mi piace il tuo blog, perché di un tema così "popolare" dà invece informazioni fondate su studi e ricerche. Mi piace anche la scelta delle foto, il tasso è davvero un albero speciale.
RispondiEliminaTrovo interessante anche la realizzazione grafica a colori, mi piacerebbe utilizzarla.
Saluti